T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 04-02-2011, n. 1072 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso in epigrafe, notificato e depositato nei termini, i ricorrenti – in qualità di proprietari pro indiviso di un lotto di terreno sul quale il promettente acquirente, immesso nel possesso dei beni immediatamente, ha realizzato opere di sbancamento e alcuni capannoni industriali – hanno impugnato la disposizione n. 1301, del 21.12.1993, con cui la Circoscrizione XVI del Comune di Roma, ritenendo abusivo l’intervento, ha disposto la sospensione dei lavori e la demolizione delle opere edilizie, con l’intimazione che, in difetto, avrebbe proceduto all’acquisizione di diritto al patrimonio comunale delle opere medesime unitamente all’area di sedime.

I ricorrenti hanno dedotto i seguenti motivi di censura:

1- Eccesso di potere per violazione e falsa applicazione dell’art. 27 dello statuto del Comune di Roma ed incompetenza, atteso che la competenza all’adozione del provvedimento impugnato sarebbe del sindaco e non invece del dirigente.

2- Violazione e falsa applicazione della L. 28 febbraio 1985, n. 47 ed eccesso di potere in quanto l’area di cui trattasi non sarebbe nella disponibilità dei ricorrenti ed in quanto gli stessi sarebbero comunque estranei alla realizzazione degli abusi edilizi di cui trattasi.

Il Comune di Roma si è costituito in giudizio con comparsa di mera forma in data 13.4.1994 e con il patrocinio di un nuovo difensore in data 19.11.2010.

Alla pubblica udienza del 14.1.2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da separato verbale di causa.

Il ricorso è fondato nei sensi e nei limiti che seguono.

Ed infatti, per giurisprudenza consolidata nella materia, l’ordine di demolizione può essere emesso nei confronti sia dell’autore dell’abuso edilizio, sia del proprietario dell’immobile (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 8 aprile 2010, n. 5889); in particolare l’ordine di demolizione del manufatto abusivo è legittimamente adottato nei confronti del proprietario dell’immobile indipendentemente dall’essere egli stato anche autore dell’abuso, salva la facoltà del medesimo di far valere, sul piano civile, la responsabilità, contrattuale o extracontrattuale, del proprio dante causa.

Il provvedimento che ingiunge la demolizione dell’abuso, pertanto, non è illegittimo per il solo fatto che l’ordine venga indirizzato al proprietario (anche se estraneo alla commissione dell’illecito edilizio) del suolo su cui ricade la costruzione, atteso che a quest’ultimo deve riconoscersi comunque l’interesse a contestare anche il carattere abusivo della stessa realizzazione, perché non può escludersi che la rimozione del manufatto possa arrecare anche un danno all’area di sua proprietà.

Tuttavia, nel caso in cui il proprietario dimostri la sua assoluta estraneità all’abuso edilizio commesso da altri, e sia manifesto il suo attivo interessamento, con i mezzi consentitigli dall’ordinamento, per la rimozione dell’opera abusiva, resta in ogni caso salva la sua tutela dagli effetti (acquisizione gratuita del bene o demolizione d’ufficio) dell’inottemperanza all’ordine di demolizione che lo stesso sia impossibilitato ad eseguire, effetti che in nessun caso possono ricadere su di lui (T.A.R. Umbria, Perugia, sez. I, 25 novembre 2008, n. 787 e T.A.R. Sardegna Cagliari, 06 agosto 2003, n. 987).

Per le considerazioni che precedono, pertanto, il ricorso deve essere respinto nella parte in cui viene dedotta l’illegittimità dell’impugnata ordinanza di demolizione, ma deve essere accolto nella parte in cui è stata dedotta la salvezza dagli effetti conseguenti alla sua eventuale inottemperanza.

Si ritiene di condannare l’amministrazione comunale al pagamento in favore dei ricorrenti delle spese del presente giudizio, in considerazione del parziale accoglimento del ricorso, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sez. II ter, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo respinge e, per la parte che residua, lo accoglie nei limiti ed ai sensi di cui in motivazione e per l’effetto annulla il provvedimento n. 1301, del 21 dicembre 1993, nei medesimi sensi e limiti.

Condanna l’amministrazione resistente al pagamento in favore dei ricorrenti, in solido tra di loro, delle spese del giudizio che si liquidano in complessivi euro 1000,00 oltre IVA e CPA..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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