Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 16-03-2011, n. 6150 Licenziamento disciplinare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 Con sentenza del 3 maggio 2007, la Corte d’Appello di Milano respingeva il gravame svolto da T.C. contro la sentenza di primo grado che aveva dichiarato legittimo il licenziamento intimato dalla Sirton Medicare spa, con lettera in data 26 luglio 2005 dopo la contestazione disciplinare con sospensione cautelare del 18 luglio 2005. 2. La Corte territoriale puntualizzava che:

T. aveva lavorato alle dipendenze prima di Crinos spa e poi della Sirton Medicare spa, consociate del gruppo Finsirton spa, dal 3 gennaio 2000 al 28 luglio 2005, con inquadramento di dirigente e mansioni di direttore marketing e, sino al 2004, anche di direttore vendite;

andava disattesa l’eccepita nullità del provvedimento preventivo di ammissione delle prove, effettuato dal giudice di prime cure con il decreto di fissazione dell’udienza, la cui connaturale funzione meramente ordinatoria poteva rilevare solo in caso di lesione dei diritti di difesa delle parti; quanto all’irritualità dell’istruttoria, espletata con la compresenza di tutti i testimoni, non derivava da ciò la nullità dell’istruttoria, nè l’asserita perdita di genuinità delle testimonianze appariva emendabile con la rinnovazione dell’istruttoria testimoniale;

nel merito, i diversi addebiti, in punto di insubordinazione, non contestati da T. e confermati dai testi, integravano la giusta causa di licenziamento traducendosi in comportamenti di aperta ribellione nei confronti del proprio direttore generale, fra i quali:

la reclamizzazione, nonostante diffida, di un prodotto pur non farmaceutico, prima della richiesta autorizzazione, contestando la necessità dell’autorizzazione ministeriale, in aperto contrasto con il superiore gerarchico; il rifiuto di fornire formule nella disponibilità di terzi, ma ben reperibili e provvedendo a consegnarle con grave ritardo, contravvenendo al dovere di collaborazione; aver lasciato ad altri l’allestimento di un congresso farmaceutico, adempimento rientrante nelle funzioni di T.;

aver consentito, con leggerezza, l’uso di immagini tratte da un testo altrui con violazione della privacy dei pazienti prestatisi a documentarlo e con sottovalutazione del danno economico cagionato alla società per porvi rimedio; la mancata redazione di relazioni scritte sulle trasferte e la mancata predisposizione di un dossier informatico;

andava, invece, escluso rilievo al tenore di un messaggio elettronico rinvenuto successivamente al licenziamento, messaggio che, appartenendo alla sfera privata, sia le parti sia il giudice avrebbero dovute astenersi dal riportare integralmente, anche in sentenza, nelle sue espressioni più volgari.

3. A sostegno del decisum la Corte territoriale riteneva anche il dipendente in condizione apicale nella scala gerarchica dell’impresa soggetto alle direttive di chi lo sovrastava, onde la violazione del dovere di collaborazione non poteva non incrinare, gravemente, il rapporto fiduciario, tanto più delicato e pregnante per un dipendente dotato di particolari responsabilità. 4. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, T. ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c.. L’intimata ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione

5. Preliminarmente, il Collegio dichiara l’inammissibilità del controricorso privo di procura a margine. Invero, nel giudizio di cassazione, la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, poichè l’art. 83 c.p.c., comma 3, nell’elencare gli atti, a margine o in calce ai quali può essere apposta la procura speciale, indica, con riferimento al giudizio di legittimità, soltanto quelli sopra individuati. Ne consegue che se la procura non è rilasciata in occasione di tali atti, è necessario il suo conferimento nella forma prevista dal secondo comma dell’art. 83 di., cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, con riferimento esplicito agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata (ex multis, Cass. 18528/2009, Cass. 8708/2009).

6. Nè trova applicazione, nella specie, ratione temporis, il nuovo testo dell’art. 83 c.p.c., secondo il quale la procura speciale può essere apposta a margine od in calce anche di atti diversi dal ricorso o dal controricorso, trattandosi di disposizione applicabile esclusivamente ai giudizi instaurati, in primo grado, dopo la data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, art. 45 (il 4 luglio 2009), sicchè per i procedimenti instaurati anteriormente a tale data, ove la procura non sia rilasciata a margine od in calce al ricorso e al controricorso, si deve provvedere al suo conferimento, come già detto, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata (v., da ultimo, Cass. 7241/2010).

7. Nella specie, agli atti del giudizio di cassazione non risultano nè la procura a margine od in calce al controricorso, nè il suo conferimento mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, come previsto dalla citata disposizione del codice di rito, onde l’inammissibilità del controricorso, dichiarabile anche d’ufficio dal Giudice di legittimità (v., ex multis, Cass. 14843/2007).

8. Passando all’esame dei motivi di ricorso, il ricorrente denuncia nullità del procedimento di primo grado per violazione e falsa applicazione delle seguenti disposizioni del codice di rito:

– artt. 420, 245, 121 e 131 c.p.c., per aver il Giudice di prime cure ammesso le prove testimoniali e ridotto le liste testimoniali con il decreto di fissazione della prima udienza, e non già con ordinanza motivata nel contraddittorio delle parti (primo motivo);

artt. 420 e 245 c.p.c. per omessa valutazione della rilevanza dei mezzi di prova (secondo motivo);

artt 415, 121, 131 e 159 c.p.c. per nullità di tutti gli atti conseguenti al decreto di comparizione delle parti, quindi del giudizio di gravame e della relativa sentenza (terzo motivo).

L’illustrazione dei motivi si conclude con la formulazione dei relativi quesiti ex art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis.

9. Dall’esame complessivo dei motivi proposti si evince che il ricorrente non censura affatto la decisione della Corte territoriale per aver ritenuto legittimo il licenziamento e sussistente l’addebito mosso dalla società, una volta esclusa la nullità del provvedimento di ammissione della prova testimoniale e dell’espletamento di essa.

Il ricorrente si limita, invero, a dedurre vizi concernenti l’istruttoria espletata in prime cure, id est vizi dei provvedimenti giudiziali di ammissione della prova testimoniale e di riduzione della lista testimoniale.

10. Ebbene, a parte l’inammissibilità delle prospettate censure sotto il profilo dell’autosufficienza del ricorso, posto che la deduzione di un error in procedendo deve conformarsi all’esigenza di specificità che presuppone l’enunciazione del vizio processuale con l’indicazione dei singoli passaggi (nella specie, l’indicazione delle prove testimoniali e della decisività dei testi non ammessi), ritiene il Collegio assorbente il rilievo dell’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse.

11. L’art. 360 c.p.c., n. 4, nel consentire la denuncia di vizi di attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce soltanto l’eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato error in procedendo. Nella specie, il ricorrente, deducendo la nullità della sentenza di primo grado e del gravame per aver il giudice di prime cure ammesso le prove testimoniali, ridotto le liste testimoniali con il decreto di fissazione della prima udienza (e non già con ordinanza motivata nel contraddittorio delle parti) ed omesso, così operando, ogni valutandone sulla rilevanza dei mezzi di prova, non ha assolto in alcun modo l’onere di dedurre puntualmente lo specifico pregiudizio al diritto di difesa derivatone (ex multis, Cass. 4340/2010, Cass. 6686/2010, Cass. 4435/2008).

12. Trova, quindi, applicazione il consolidato e condiviso principio, enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, poichè l’interesse all’impugnazione, che costituisce manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire – sancito, quanto alla proposizione della domanda ed alla contraddizione alla stessa, dall’art. 100 c.p.c., – va apprezzato in relazione all’utilità concreta derivabile, alla parte, dall’eventuale accoglimento del gravame e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata, è inammissibile, per difetto d’interesse, un’impugnazione con la quale si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte e che sia diretta, quindi, all’emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico (cfr, ex plurimis, Cass. 13373/2008; Cass. 9887/2006; Cass. 15623/2005).

13. Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile; nulla spese attesa la declaratoria di inammissibilità del controricorso.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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