T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 04-02-2011, n. 1066 Vincoli Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. Campania, Sez. di Napoli, il ricorrente ha impugnato il provvedimento con il quale la Soprintendenza per i Beni Architettonici di Napoli ha annullato il parere ex art. 32 della L. 47/85 rilasciato dal Comune di Castellamare di Stabia in merito al procedimento di condono ex L. 724/94 relativo ad un fabbricato per civile abitazione realizzato nel medesimo Comune in Via Pimonte n. 1, ricadente in zona sottoposta a vincolo paesistico.

A sostegno della propria impugnazione ha dedotto i seguenti motivi di gravame:

1. Violazione e falsa applicazione del T.U. n. 380/01, violazione del D.Lgs. 42/04 e dell’art. 3 della L. 241/90 – Eccesso di potere per erroneità dei presupposti, travisamento, violazione del giusto procedimento.

Sostiene il ricorrente che la Soprintendenza non avrebbe contestato la conformità, sotto il profilo paesistico ambientale, del fabbricato ma si sarebbe limitata a censurare la sola tipologia costruttiva ritenendola in contrasto con l’art. 26 del P.U.T. e ciò non avrebbe potuto comportare l’annullamento dell’autorizzazione paesistica.

Inoltre l’annullamento sarebbe stato disposto per ragioni di merito e come tale sarebbe illegittimo dovendo svolgere l’Amministrazione soltanto un riesame estrinseco di legittimità.

Il provvedimento sarebbe quindi viziato anche per carenza di motivazione non essendo sufficiente il richiamo all’art. 26 del P.U.T.

2. Violazione e falsa applicazione del T.U. n. 380/01; violazione del D.Lgs. 42/04 e dell’art. 3 della L. 241/90 – Eccesso di potere per erroneità dei presupposti, travisamento, violazione del giusto procedimento.

Ribadisce il ricorrente il vizio di difetto di motivazione, in quanto l’Amministrazione si sarebbe limitata a sostenere che il manufatto arrecherebbe danni all’ambiente senza indicare compiutamene le ragioni di contrasto con il vincolo e le possibili misure necessarie a mitigare l’impatto.

3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della L. 241/90 in relazione al D.M. 165 del 19/6/02 – Eccesso di potere – Violazione del giusto procedimento.

Lamenta il ricorrente la violazione degli artt. 7 e 8 della L. 241/90.

Impugna altresì il D.M. 19/6/02 n. 165 nella parte in cui ha modificato il D.M. 495/94 escludendo l’obbligo della comunicazione dell’avvio del procedimento.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio ed ha proposto regolamento di competenza ritenendo competente il T.A.R. Lazio; il ricorrente ha riconosciuto la competenza del T.A.R. Lazio e con ordinanza collegiale n. 114/05, il T.A.R. Campania ha trasmetto il fascicolo processuale a questo Tribunale dinanzi al quale il ricorrente, in data 15 febbraio 2005, ha provveduto a costituirsi.

L’Amministrazione intimata si è costituita anch’essa dinanzi a questo Tribunale ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

Con memoria depositata il 29 ottobre 2010 il ricorrente ha meglio precisato le sue tesi difensive ed ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

All’udienza pubblica del 1° dicembre 2010, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Come meglio dedotto in narrativa, il ricorrente ha impugnato il provvedimento della Soprintendenza per i Beni Architettonici di Napoli e Provincia con il quale è stato annullato il nulla osta paesaggistico rilasciato dal Comune di Castellammare di Stabia in merito al procedimento di condono ex art. 39 della L. 724/94 di un fabbricato di civile abitazione sito in Via Pimonte n. 7.

La zona nella quale ricade il fabbricato è sottoposta a vincolo paesistico ai sensi del D.M. del 28/7/65 di dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’intero territorio del Comune di Castellammare di Stabia.

Nel disporre l’annullamento, la Soprintendenza ha dapprima richiamato il tenore del vincolo paesistico gravante sull’area ed ha provveduto alla descrizione del fabbricato oggetto di condono (manufatto di altezza complessiva di m. 13,80, composto da piano terra e tre piani, per 11 appartamenti e 9 box a pian terreno, realizzato dopo la demolizione del precedente fabbricato); ha poi rilevato:

– che il nuovo edificio ha una tipologia costruttiva del tutto diversa da quella preesistente, in contrasto con l’art. 26 del vigente P.U.T.;

– che il manufatto è estraneo al contesto per materiali, configurandosi come detrattore paesaggistico;

– che l’autorizzazione attua una inammissibile deroga al vincolo, per cui ha annullato il decreto n. 4921 del 6/2/04 del Comune di Castellammare di Stabia.

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente ha dedotto innanzitutto che la Soprintendenza non avrebbe contestato la conformità del fabbricato sotto il profilo paesaggisticoambientale, ma si sarebbe limitata a censurare la tipologia costruttiva, richiamando l’art. 26 del P.U.T.

L’art. 26 del P.U.T. non obbligherebbe affatto alla fedele ricostruzione del manufatto preesistente, ma prescriverebbe soltanto che le nuove costruzioni dovrebbero tener conto, in senso culturale, della logica costruttiva antica.

Pertanto la differenza con il vecchio fabbricato demolito perché pericolante non potrebbe comportare l’annullamento dell’atto.

Inoltre, il provvedimento sarebbe immotivato, in quanto non indicherebbe quali sarebbero le difformità relative ai materiali impiegati rispetto a quanto previsto dall’art. 26 del P.U.T., e comunque, trattandosi di semplici materiali agevolmente modificabili mediante interventi di adeguamento, l’annullamento del nulla osta sarebbe comunque illegittimo.

Infine, la valutazione sulla incompatibilità dell’intervento nel contesto paesaggistico sarebbe una valutazione di merito non ammissibile, dovendo la Soprintendenza svolgere soltanto un riesame estrinseco di legittimità.

Le doglianze sono fondate.

L’annullamento del nulla osta è fondato sul contrasto con la disposizione recata dall’art. 26 del Piano Urbanistico Territoriale dell’Area SorrentinoAmalfitana (L.R. Campania 27 giugno 1987 n. 35) e quindi per ragioni che riguardano le modalità di realizzazione del fabbricato, non essendo in contestazione la possibilità di realizzare in zona manufatti ad uso abitativo.

Come ha correttamente dedotto il ricorrente, l’art. 26 (che riguarda le tipologie, i materiali e le tecniche costruttive per l’edificazione), non impone affatto la riproduzione dei fabbricati preesistenti, ma dispone soltanto che in sede di nuova edificazione vengano realizzati edifici che ben si inseriscano nel contesto ambientale circostante.

La norma, infatti, introduce prescrizioni sulle modalità costruttive prescrivendo l’utilizzazione di materiali tradizionali della zona bandendo quelli di origine industriale standardizzata quali gli intonaci plastici, le pitture sintetiche, i rivestimenti in piastrelle o cotto, gli infissi di metallo e plastica, in modo da ottenere così il miglior inserimento del nuovo fabbricato nel contesto preesistente.

Ne consegue che la mera diversità costruttiva del nuovo fabbricato rispetto a quello demolito non può costituire – in assenza di ulteriori elementi – ragione sufficiente per decretare l’annullamento del nulla osta paesaggistico.

La Soprintendenza, però, ha anche rilevato che la tipologia costruttiva del fabbricato sarebbe in contrasto con le previsioni recate dall’art. 26 del P.U.T., ma – come ha correttamente rilevato il ricorrente – non ha provveduto ad indicare in modo specifico per quale aspetto e per quali ragioni il manufatto sarebbe in contrasto con le previsioni ambientali paesaggistiche, tanto da dover disporre l’annullamento del nulla osta paesaggistico, che a sua volta comporta il diniego di sanatoria.

In altre parole, il generico richiamo nel provvedimento alla contrarietà con le previsioni dell’art. 26 del P.U.T., non consente di comprendere se il giudizio di incompatibilità con le previsioni della norma riguardi gli aspetti strutturali del fabbricato (non passibili di adeguamento), ovvero soltanto le rifiniture (e quindi gli infissi, le pitture, gli intonaci e così via), elementi questi, che essendo facilmente modificabili, avrebbero potuto essere oggetto di prescrizioni, e non avrebbero dovuto comportare l’adozione del provvedimento impugnato.

Peraltro, il riferimento contenuto nell’atto "all’estraneità al contesto per materiali", sembrerebbe supportare proprio il giudizio di non conformità del manufatto per le rifiniture usate, ritenute non conformi a quanto indicato nell’art. 26 del P.U.T.

Ne consegue la fondatezza della censura di difetto di motivazione, tenuto conto del costante orientamento della giurisprudenza secondo cui, in sede di annullamento del nulla osta paesistico, l’Amministrazione è tenuta a motivare esternando le specifiche ragioni per le quali ritiene che un’opera non sia idonea ad inserirsi nell’ambiente, provvedendo ad individuare specificatamente gli elementi di contrasto, non potendo limitarsi a richiamare valutazioni generiche di incompatibilità ambientale (cfr., tra le tante, T.A.R. Lazio Sez. II Quater 8/10/08 n. 8829).

Infine, il giudizio sull’incompatibilità del manufatto sul contesto ambientale vincolato e la sua qualificazione come "detrattore paesaggistico" fuoriescono dal sindacato di legittimità, impingendo nel merito.

Come ha correttamente ricordato la difesa del ricorrente, la giurisprudenza amministrativa ha ormai da tempo chiarito che il potere ministeriale di annullamento del nulla osta ambientale è circoscritto ai vizi di sola legittimità; nella sostanza, la natura di detto potere di annullamento soprintendizio non comporta un riesame complessivo, come tale astrattamente in grado di consentire la sovrapposizione o sostituzione di un proprio apprezzamento di merito, alle valutazioni discrezionali compiute in sede di rilascio del nulla osta da parte dell’ente locale. Si tratta, infatti, di un riesame estrinseco, con riferimento all’assenza di vizi di legittimità comprendenti quello di eccesso di potere nelle diverse forme sintomatiche, che non può rinnovarsi in un giudizio tecnico discrezionale sulla compatibilità paesaggisticoambientale dell’intervento, che appartiene in via esclusiva all’Autorità preposta alla tutela del vincolo (cfr. ex multis, Tar Liguria, Sez. I, 13 febbraio 2004, n. 160; idem, 2 aprile 2004, n. 329; Tar Lazio, Roma, Sez. II, 16 maggio 2005, n. 3840; Tar Campania, Napoli, Sez. II, 28 febbraio 2006, n. 2486; Cons. Stato, Sez. VI, 29 ottobre 2004, n. 7046; idem, 24 gennaio 2006, n. 207, a cui va aggiunta anche la pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Cons. Stato dec. 14 dicembre 2001, n. 9).

Come ha rilevato l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la decisione 14/12/01 n. 9, il potere esercitato dall’Amministrazione Statale sull’autorizzazione paesaggistica rilasciata dall’autorità regionale (o dalle autorità subdelegate come nel caso di specie), va definita in termine di "cogestione dei valori paesistici", essendo l’autorità locale deputata alla valutazione della compatibilità paesistica dell’intervento ed il potere di intervento dell’Autorità Statale è limitato al solo controllo di legittimità che può comportare l’annullamento dell’atto per tutti i vizi di legittimità ivi compresi quelli relativi a tutte le figure di eccesso di potere (per sviamento, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta).

L’Amministrazione statale può quindi verificare dall’esterno, la coerenza, la logicità e la completezza istruttoria dell’iter procedimentale seguito dall’Amministrazione emanante, ma non può sostituire i suoi apprezzamenti sulla compatibilità ambientale del manufatto con quelli espressi dall’autorità locale.

Nel caso di specie, invece, il provvedimento di annullamento del nulla osta paesistico rilasciato dal Comune di Castellammare di Stabia risulta adottato in violazione dei suddetti principi, non essendosi limitata la Soprintendenza a censurare il giudizio reso dall’Amministrazione comunale, ma avendo essa stessa compiuto direttamente la valutazione sull’incompatibilità del manufatto con il contesto ambientale vincolato.

Il ricorso deve essere quindi accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

Quanto alle spese di lite, sussistono tuttavia giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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