T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 04-02-2011, n. 1061

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il presente gravame il ricorrente, cittadino extracomunitario, impugna la dichiarazione di inammissibilità della sua istanza di riconoscimento della cittadinanza italiana motivata con riferimento alla carenza del requisito della residenza decennale.

Il ricorso è affidato alla denuncia di quattro motivi di gravame relativi: – alla nullità del provvedimento impugnato per difetto assoluto di notifica; – all’eccesso di potere per erronea ed incompleta valutazione dei presupposti; – alla violazione del d.p.r. n. 362 del 18 aprile 1994; ed al difetto di motivazione.

L’Avvocatura Generale dello Stato, costituitasi in giudizio per il Ministero dell’Interno, ha versato gli atti del procedimento ed una memoria con cui ha concluso per il rigetto del gravame.

Con ordinanza n. 547/2010 è stata respinta l’istanza di sospensione cautelare del provvedimento.

Con memoria per la discussione il ricorrente ha contestato la motivazione dell’ordinanza cautelare, sottolineando le argomentazioni a sostegno della propria pretesa, anche in relazione ad un parere espresso dall’Associazione Nazione degli Ufficiali di Stato Civile ed Anagrafe(ANUSCA).

Chiamata all’udienza pubblica di discussione la causa è stata ritenuta in decisione dal Collegio.
Motivi della decisione

In linea preliminare si deve osservare, quanto alla giurisdizione, che in linea di principio:

– sussiste la giurisdizione del giudice ordinario sulle controversie relative alle cause preclusive dell’acquisto della cittadinanza italiana di cui alle lettere a) e b) dell’art. 6 comma 1, l. n. 91 del 1992, in quanto queste sono legate al mero accertamento dell’esistenza di condanne penali, e quindi implicano il carattere vincolato del diniego della cittadinanza, fatti salvi i casi inerenti alla sicurezza della Repubblica (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 26 gennaio 2010, n. 945):

– sussiste invece la giurisdizione del Giudice Amministrativo nel caso in cui si faccia questione circa l’applicazione dell’art. 9 comma 1 lett. f), l. n. 91 del 1992: la predetta disposizione circoscrive cause, ampiamente discrezionali, preclusive all’acquisto dello status di cittadino italiano che,come tali, risultano idonee a degradare il diritto soggettivo ad interesse legittimo (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 02 marzo 2009, n. 1173).

Nel caso in esame il rispetto della condizione preliminare di ammissibilità relativa alla sussistenza della residenza decennale costituisce un presupposto dell’istanza del procedimento, il cuio accertamento nell’ambito del’istruttoria va ricondotto all’art. 6 lett. a della L. n.241/1990 e smi.

In tale ambito, in quanto subprocedimento concernente l’approvazione dell’art. 9 comma 1 lett. f), della L. n. 91 del 1992, tale accertamento affluisce all’alveo del procedimento principale di riconoscimento della cittadinanza e il cui sindacato resta di competenza di questo Giudice Amministrativo.

Di qui la piena cognizione di questo Tribunale.

Nel merito il ricorso è, purtuttavia, infondato.

– 1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la nullità per difetto assoluto di notifica del provvedimento: in luogo di procedere alla notifica ai sensi del 137 seguenti c.p.c. il decreto sarebbe stato notificato solo presso lo studio del procuratore del ricorrente presso il quale l’interessato non avrebbe mai eletto domicilio.

L’assunto va respinto.

In un ottica funzionale infatti, la mancata e/o non corretta notifica non determina l’illegittimità del provvedimento, bensì incide esclusivamente sulla decorrenza dei termini per impugnare.

Pertanto nel caso di esperita introduzione del ricorso da parte dell’interessato, la notifica a pani proprie non costituisce un requisito formale inderogabile, la cui omissione possa essere idonea a determinare la nullità del provvedimento di archiviazione dell’istanza di cittadinanza per difetto di uno dei requisiti preliminari di ammissibilità.

Tale mancanza si risolve esclusivamente in mera irregolarità che risulta finalisticamente sanata dal tempestivo esercizio dell’atto di tutela dei suoi diritti.

Il motivo va dunque respinto.

– 2. Con il secondo motivo si lamenta l’erroneità della dichiarazione di inammissibilità della domanda di concessione della cittadinanza in relazione al ritenuto difetto della continuità del requisito della residenza legale per un decennio sul territorio della Repubblica.

Erroneamente la Prefettura di Treviso avrebbe letto la documentazione anagrafica dalla quale invece sarebbe emerso inconfutabilmente che il ricorrente era stato residente presso il Comune di Recoaro Terme dal 28 febbraio 1995 al 27 settembre 2001 "proveniente dal Ghana" ed avrebbe trasferito poi la propria residenza del comune di Conegliano a far data 24 dicembre 1999 dichiarando sempre di essere "proveniente dal Ghana". Non vi sarebbe dunque stata alcuna soluzione di continuità tra le variazioni di residenza del ricorrente ma anzi, per circa due anni, vi sarebbe stata una sovrapposizione di iscrizioni anagrafiche tra il citato comune di Recoaro Terme (Vicenza) e il comune di Conegliano (Treviso) e poi quello di Resana (TV).

Non sarebbe spiegabile perché il Comune di Recoaro avrebbe cancellato dai propri registri anagrafici il ricorrente solamente a decorrere 27 settembre 2001 per presunte "irreperibilità", che non si sarebbe mai verificata. Si sarebbe dunque stata una disfunzione amministrativa tra i Comuni di Recoaro e Conegliano che non sarebbe assolutamente ascrivibile al ricorrente che, all’epoca dei fatti, aveva scarsa dimestichezza con la lingua e con la modulistica italiana. Il ricorrente avrebbe semplicemente dichiarato in buona fede di "essere del Ghana" e non "di provenire dal Ghana". E ciò sarebbe dimostrato dal fatto che il ricorrente, il 3 marzo 2000 aveva denunciato all’autorità di polizia lo smarrimento la propria carta d’identità rilasciatagli nel 95 del Comune di Recoaro, ed aveva avuto dal Comune di Conegliano una nuova carta d’identità: in quell’occasione il comune avrebbe dovuto accorgersi che ricorrente era regolarmente residente anche in un altro comune, mentre la cancellazione dalle liste anagrafiche del comune di Recoaro avvenne oltre un anno e mezzo dopo.

L’assunto non può essere condiviso.

Come è noto, l’attività dell’ufficiale d’anagrafe è disciplinata in modo vincolato, dalla legge 1954 n. 1228 e dal Regolamento di Esecuzione di cui al DPR 30 maggio 1989 n. 223 che disciplinano strettamente i presupposti necessari per le iscrizioni, mutazioni e cancellazioni anagrafiche.

Essendo gli adempimenti che possono essere effettuati dagli Ufficiali di Anagrafe strettamente vincolati ed i relativi procedimenti normativamente tipizzati, per cui in quanto scollegata con il piano delle iscrizioni anagrafiche, sul piano procedimentale e processuale, resta del tutto irrilevante la vicenda relativa alla Carta d’Identità.

In tali ambiti deve rilevarsi che evidentemente il ricorrente, all’atto della sottoscrizione del modulo del Modulo ISTAT AP4 per la richiesta di iscrizione nell’anagrafe del Comune di Conegliano, né ha dichiarato la precedente residenza e né ha esibito la carta di identità del Comune di Recoaro.

Se l’avesse fatto non si sarebbe verificata alcuna sovrapposizione delle iscrizioni anagrafiche perché l’Ufficiale d’anagrafe avrebbe trasmesso la prescritta richiesta di cancellazione al Comune di provenienza consentendo quindi la continuità delle iscrizioni.

Anche la cancellazione del ricorrente dalle liste del Comune di Recoaro non era sicuramente dovuta ad un’autonoma iniziativa di ufficio, ma molto probabilmente era un atto conseguente agli adempimenti preliminari relativi all’effettuazione del 14° Censimento generale della popolazione, formalmente riferito alla data del 21 ottobre 2001.

Pertanto — a prescindere che non vi è alcuna prova dell’effettiva presenza medio tempore del ricorrente nel territorio nazionale — l’irreperibilità dichiarata dal Comune di Recoaro Terme era esclusivamente dipesa da un fatto proprio del ricorrente.

Quindi è indubitabile che, le difficoltà del ricorrente sul piano linguistico e dei rapporti con le istituzioni, non valgono a giustificare la mancata dichiarazione circa la sua precedente residenza in Recoaro: se l’avesse fatto non sarebbe sorto problema di discontinuità anagrafica.

Il motivo va dunque respinto.

– 3. Con il terzo motivo si lamenta che, ai sensi del d.p.r. n. 362 del 18.4.1994, la Prefettura di Treviso avrebbe dovuto verificare la completezza della domanda e della documentazione entro 30 giorni e solo in caso di non ottemperanza da parte dell’interessato dichiarare inammissibilità della questione: di fronte all’incompletezza e regolarità formale dell’istanza: in conseguenza il Ministero dell’Interno non avrebbe potuto esaminare il merito della questione.

Di fronte all’inequivocabilità della situazione anagrafica di cui alle considerazioni che precedono la doglianza risulta priva di pregio.

Sul piano sostanziale si osserva infatti che la residenza per un decennio in Italia del cittadino straniero rappresenta una condizione necessaria per la concessione della cittadinanza (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 25 marzo 2009, n. 1788), che può, o meglio deve, essere dimostrata solo con riferimento alle risultanze dei registri dell’anagrafe dei residenti, non essendo consentito che, per i fini di cui al presente contendere, tale elemento (che normativamente prescritto) possa essere surrogato con indizi di carattere presunto o elementi sintomatici indiretti.

Pertanto una volta che era inequivocabilmente emersa la discontinuità delle iscrizioni anagrafiche, e la sovrapposizione delle iscrizioni nei registri della popolazione, non vi era alcun ulteriore onere istruttorio che doveva, e poteva, essere effettuati dalla Prefettura ai fini del prosieguo del procedimento.

– 4. Con il quarto motivo, richiamando la giurisprudenza del Consiglio di Stato, che in materia di cittadinanza sarebbe ispirata al rigore temperato, si assume il difetto di motivazione del provvedimento in quanto, essendo l’inammissibilità espressione di un potere discrezionale, l’amministrazione avrebbe dovuto dare spiegazioni delle ragioni che inducevano lo straniero a richiedere la cittadinanza e sulle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano del dall’appartenenza alla comunità nazionale.

Il motivo è infondato.

Infatti una volta accertata la non continuità delle iscrizioni anagrafiche il decreto di inammissibilità — vale a dire di non sussistenza dei presupposti preliminari di ammissibilità previsti dalla legge per l’effettuazione dell’istruttoria vera e propria- è atto dovuto e vincolato e, come tale, non necessita di motivazione ulteriore rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto.

Pertanto nel caso è del tutto sufficiente alla motivazione dell’atto l’indicazione della carenza del requisito della residenza decennale.

In conclusione il ricorso è infondato in tutti i suoi profili e deve essere respinto.

Le spese tuttavia possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater),

definitivamente pronunciando:

– 1. Respinge il ricorso di cui in epigrafe.

– 2. Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale

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