Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 19-11-2010) 09-02-2011, n. 4792 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Sostituto Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Ancona proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza del 14.1.2010 del Giudice di Pace di Ancona, limitatamente al capo della stessa che dichiarava non doversi procedere per divieto di secondo giudizio ai sensi dell’art. 649 c.p.p. nei confronti di F.F., in ordine al reato ascrittogli al capo b) p. e p. dall’art. 81 c.p., comma 1, art. 594 c.p., comma 1, art. 61 c.p., n. 10 "per avere offeso l’onore e il decoro dell’App. D.P. M. e del V. Brig. T.S., entrambi appartenenti alla Arma dei Carabinieri e nell’esercizio delle loro funzioni, dicendo loro le parole seguenti – andatevene fuori dai coglioni, che cazzo volete da me, io sono a casa mia, non mi rompete i coglioni, non vi do un cazzo, commettendo così il fatto contro pubblici ufficiali" in (OMISSIS).

Lamenta la Procura Generale, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale – artt. 337 e 594 c.p.; art. 649 c.p.p.. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

Per lo stesso episodio del 2-1-2008 l’imputato è stato già giudicato e dichiarato colpevole del delitto di resistenza a un pubblico ufficiale ex art. 337 c.p. perchè opponeva resistenza nei confronti dei Carabinieri del locale N.O.R. intervenuti presso la sua abitazione a seguito di un litigio con i propri familiari, mediante spintoni al fine di farli uscire di casa e rifiutandosi altresì di farsi identificare, tanto da provocare una colluttazione nel corso della quale il V. Brig. T.S. riportava lesioni personali, in tal modo opponendosi a dei pubblici ufficiali durante l’esercizio delle proprie funzioni e del delitto di lesione personale aggravata, perchè, al fine di commettere il reato che precede, con spintoni provocava la caduta a terra del V. Brig. T.S.. Per tali reati è stato condannato alla pena sospesa di mesi cinque di reclusione, giusto sentenza del Tribunale di Ancona del 10.7.2008, irrevocabile in data 18.12.2008.

Si osserva norma dell’art. 649 c.p.p., l’imputato prosciolto o condannato con sentenza divenuta irrevocabile non può di nuovo essere sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o le circostanze. Tuttavia, la preclusione del "ne bis in idem" sussiste solo se si verte in ordine a un medesimo reato, mentre non vi è preclusione nella ipotesi di concorso formale di reati, anche quando si sia formato il giudicato in relazione a uno degli eventi giuridici cagionati con una unica azione, purchè il giudizio sul secondo evento non si ponga in una situazione di incompatibilità logica con il primo – Cass. Sez. 1, sentenza nr. 27717 del 18.5.2004 -, ben potendo la stessa fattispecie essere riesaminata sotto il profilo di una diversa violazione di legge, salvo che nel primo giudizio dichiarata l’insussistenza del fatto o la mancata commissione di esso da parte dell’imputato – Cass. Sez. 3, sentenza n. 25141 del 15.4.2009.

Si osserva che la prima sentenza ha giudicato la penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato di resistenza a un pubblico ufficiale – integrato nel caso di specie dalla condotta violenta dello spintonamento e della colluttazione con i miliari operanti- posto a tutela della libertà di azione della pubblica amministrazione nella fase di esecuzione decisioni liberamente adottate mentre il reato di ingiuria di cui alla seconda sentenza – integrato nel specie dal proferimento di espressioni verbali lesive dell’onore e del decoro dei militari – tutela il complesso delle condizioni da cui dipende il valore sociale della persona, l’insieme delle doti morali, intellettuali e fisiche e delle altre qualità che concorrono a determinare il valore dell’individuo nell’ambiente in cui vive. Di conseguenza l’intervenuto giudizio sul reato di resistenza a un pubblico ufficiale non poteva in alcun modo inibire il giudizio sul reato di ingiuria.

Deve pertanto disporsi l’annullamento della impugnata sentenza limitatamente capo della stessa che dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine delitto di ingiuria aggravata ascrittogli perchè l’azione penale non avrebbe potuto essere iniziata per divieto di secondo giudizio ai sensi dell’art. 649 c.p.p..

Deve essere disposto il rinvio al Giudice di pace di Ancona che alla luce dei suesposti principi provvedere liberamente ad una nuova valutazione della fattispecie.
P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di ingiuria con rinvio per nuovo esame al giudice di pace di Ancona.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale

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