T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 04-02-2011, n. 1058

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il presente ricorso il ricorrente, cittadino afgano, impugna il provvedimento di trasferimento in Austria, quale stato competente al riconoscimento dello status di rifugiato politico sulla sua domanda del 2.7.2008. Ricorda il precedente rigetto dell’Austria sulla sua domanda del 2007.

Da un riscontro effettuato dalla Questura di Crotone nel sistema Eurodac è risultato che il ricorrente aveva presentato più volte analoghe richieste allo Stato Austriaco l’11.10.2003; ed il 3.7.2007 e nel Regno Unito il 19.3.2004; 22.3.2004 e 6.9.2007.

A seguito dell’avvenuto riscontro e del riconoscimento dell’Austria della propria competenza, il Ministero dell’Interno ha deciso, con il provvedimento impugnato, il trasferimento del ricorrente in Slovenia in quanto Stato competente all’esame della domanda.

Il ricorso è affidato alla deduzione di tre rubriche di gravame relative all’art. 3, comma 2; all’art. 10, II co. del Regolamento CE n. 343/2003 dotto diversi profili relativi alla illegittimità dell’atto impugnato per violazione dei criteri di competenza.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato per l’Amministrazione resistente depositando un rapporto dell’amministrazione con cui si contestano partitamente le censure e si conclude per il rigetto.

Con ordinanza n.981/2009 è stata respinta l’istanza di sospensione cautelare del provvedimento.

All’udienza pubblica il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

– 1. Con la prima rubrica il ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento di trasferimento in Austria che violerebbe il disposto di cui alle premesse al Regolamento CE n. 343/2003, per cui si deve garantire l’effettività dell’accesso alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato.

Si deve, per contro, rilevare che il ricorrente non fornisce elementi, e comunque non si hanno motivi per poter dubitare che l’Austria sia un paese che non garantisce il pieno rispetto delle normative europee in materia di protezione internazionale.

In materia di richiesta di diritto d’asilo, il trasferimento verso altro Stato, anche comunitario, è obbligatorio, ai sensi dell’art. 3, c. 1 del regolamento CE 343/2003, in assenza di contrarie raccomandazioni internazionali.

Di qui l’infondatezza del motivo.

– 2. Con la seconda rubrica si lamenta la violazione dell’art. 10, II co. del Regolamento CE n. 343/2003 per cui, se il richiedente che ha richiesto asilo ha soggiornato per almeno 5 mesi in vari stati membri, è competente per l’esame lo stato in cui si è verificato l’ultimo soggiorno.

L’assunto non convince in quanto, nel caso di specie, l’Austria ha riconosciuto la propria competenza per cui non può essere invocato il criterio — che ha carattere integrativo e suppletivo — della permanenza nel territorio per 5 mesi, che si applica solo nel caso in cui lo Stato in cui si era verificato l’ingresso non voglia, o non possa, essere ritenuto competente.

Inoltre qui non vi è alcuna prova agli atti di causa tale da dimostrare che l’odierno ricorrente abbia soggiornato per un periodo superiore a cinque mesi nello Stato. L’assunto, semplicemente dedotto nell’ambito del ricorso, non appare suffragato da alcun elemento probatorio in grado di evidenziarne la veridicità e, sotto tale profilo, non può essere assunto dal Collegio ad elemento in grado di evidenziare la circostanza richiesta.

3. Con la terza rubrica si lamenta la violazione dell’art. 3, II co. del Regolamento CE n. 343/2003 per cui "In deroga al paragrafo 1, ciascuno Stato membro può esaminare una domanda d’asilo presentata da un cittadino di un paese terzo, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento. In tale ipotesi, detto Stato membro diventa lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento e assume gli obblighi connessi a tale competenza".

Come è evidente dal carattere letterale della norma, e come già sottolineato dalla Sezione in sede cautelare, si tratta di una facoltà potestativamente esercitabile, rispetto alla quale non può certo configurarsi alcuna situazione di doverosità.

Pertanto è sufficiente in tale sede osservare come tale esercizio è lasciato alla discrezionalità dell’organo competente all’esame dell’istanza avanzata nel territorio dello Stato membro e che, nella fattispecie concreta, il Ministero dell’Interno non ha ritenuto di avvalersi di tale possibilità.

Conseguentemente e per i motivi esposti, il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per dichiarare integralmente compensate le spese di lite tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater):

definitivamente pronunciando:

1. respinge il ricorso in epigrafe.

2. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *