Cass. civ. Sez. I, Sent., 16-03-2011, n. 6138 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto depositato in Cancelleria il 27/12/2006, la corte d’appello di Catania ha condannato il Ministero della Giustizia alla corresponsione a favore dei ricorrenti, C.G. e B.C., della somma complessiva di Euro 5200,00 (rectius, di Euro 2600,00 ciascuno), nonchè al rimborso di un terzo delle spese di lite,per la restante parte compensate, per il danno non patrimoniale sofferto dai ricorrenti per la durata del giudizio avente ad oggetto l’accertamento della conformità dei lavori eseguiti dal C. e dalla B. alle pattuizioni di cui alla scrittura del 5/7/82, promosso con atto di citazione notificato il 26/6/1985 avanti a Giudice incompetente, riassunto dagli attori con comparsa notificata il 15/4/86, definito in primo grado con la sentenza depositata il 20/6/2002, ed in secondo grado, con la sentenza depositata il 18/1/2006. La corte d’appello ha ritenuto ragionevole la durata di anni due e mesi sei per il giudizio d’appello, atteso che era stato disposto supplemento di CTU ed il consulente era stato sentito a chiarimenti, mentre per il giudizio di primo grado, ritenuta la durata ragionevole di anni tre, ed escluso il primo anno, nel quale il giudizio era stato incardinato avanti a giudice incompetente, ha concluso per la durata irragionevole per complessivi tredici anni.

Ricorrono per cassazione il C. e la B. sulla base di un solo motivo; il Ministero resiste con controricorso.
Motivi della decisione

1.1. – Con il primo motivo, i ricorrenti sostengono la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, commi 2 e 3 e dell’art. 6 della convenzione Europea dei diritti dell’uomo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la corte territoriale errato nella determinazione del quantum del risarcimento, disattendendo nei fatti la giurisprudenza della CEDU, a cui si sarebbe dovuta attenere, secondo cui la base di partenza per la quantificazione dell’indennizzo va individuata nell’importo di Euro 1000,00 – 1500,00 per anno.

2.1.- Il quesito di diritto formulato dai ricorrenti in relazione al motivo del ricorso fatto valere deve ritenersi inammissibile.

Ed invero, nel motivo, i ricorrenti hanno sostanzialmente prospettato la violazione da parte del giudice nazionale dei principi della giurisprudenza della CEDU relativi al quantum del danno morale, come fissati nella sentenza del 10 novembre 2004, Musei c. Italia, e nelle coeve pronunce, per avere liquidato Euro 200,00 per ciascun anno di ritardo sofferto; nel quesito di diritto formulato (necessario stante l’applicabilità ratione temporis dell’art. 366 bis c.p.c., come introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6), i ricorrenti hanno chiesto alla corte di accertare se la corte d’appello nel decreto impugnato abbia violato o falsamente applicato la L. n. 89 del 2001, art. 2, commi 2 e 3 in relazione a quanto disposto dall’art. 6 della convenzione, in ordine ai criteri di riparazione e di quantificazione del danno nell’interpretazione della Corte EDU. Orbene, nella specie il quesito è articolato in termini interrogativi nei confronti della corte in modo del tutto generico, senza alcun riferimento alla precipua motivazione addotta sul punto dalla corte territoriale, è nel complesso privo della enunciazione del parametro normativo applicato, in tesi,erroneamente, e della enunciazione del principio da seguire,tale da condurre a diversa decisione, mentre il quesito ex art. 366 bis c.p.c. deve consistere in una chiara sintesi logico-giuridica della questione formulata al giudice di legittimità, tale che dalla risposta che allo stesso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame, non potendo limitarsi alla mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata (vedi sul punto le pronunce rese a sezioni unite, n. 2658 del 2008 e n. 20360 del 2007, tra le altre).

3.- Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti a rifondere all’Amministrazione le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 600,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale

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