Cass. civ. Sez. I, Sent., 16-03-2011, n. 6133 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Defilippi Italo s.n.c., con ricorso alla Corte d’appello di Torino depositato nel novembre 2006, proponeva, ai sensi della L. n. 89 del 2001, domanda di equa riparazione per violazione dell’art. 6 della C.E.D.U. a causa della irragionevole durata complessiva dei procedimenti (monitorio, di esecuzione forzata immobiliare ed infine fallimentare) da essa instaurati dinanzi al Tribunale di La Spezia nei confronti di un suo debitore, dall’agosto 1994 sino alla declaratoria di fallimento nell’aprile 2005. In particolare, lamentava la durata irragionevole del procedimento esecutivo immobiliare, instaurato nel gennaio 1995. La Corte d’appello, con decreto depositato il 9 marzo 2007, ritenuto che, rispetto ad una durata ragionevole di tre anni, il procedimento esecutivo immobiliare si fosse protratto per ulteriori 7 anni circa, liquidava per il danno non patrimoniale complessivi Euro 7.000,00 (pari a Euro 1000 per anno di ritardo) oltre interessi legali e spese del procedimento. Avverso tale decreto la Defilippi Italo s.n.c. ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato al Ministero della Giustizia il 3 marzo 2008, formulando due motivi. Resiste il Ministero con controricorso e contestuale ricorso incidentale. La società ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione

1.- Riuniti i ricorsi, merita prioritaria trattazione il ricorso incidentale stante la natura pregiudiziale delle questioni con esso introdotte, concernenti la decadenza della ricorrente, ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 4 dalla domanda di equa riparazione. Il Ministero, premesso che la domanda è stata accolta con riferimento alla durata della sola procedura esecutiva immobiliare, e che, con riguardo a questa, la decorrenza iniziale del termine decadenziale deve collocarsi alla data del 14.6.2005 in cui, dichiarato il fallimento del debitore, la società Defilippi Italo ha depositato istanza di insinuazione alla stato passivo (si che la decadenza si era ormai compiuta quando, nel novembre 2006, è stata proposta la domanda), denuncia omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione nonchè violazione di legge ( L. n. 89 del 2001, art. 4) perchè: a) il decreto impugnato non contiene alcuna considerazione in ordine alla tempestività della domanda di equa riparazione in ordine alla durata della suddetta procedura esecutiva (motivo 1^);

b)tale questione deve essere rilevata d’ufficio, anche in sede di legittimità (motivo 2^), tenendo presente (motivo 3^) che, in caso di domanda di equa riparazione riguardante cumulativamente più procedimenti distinti, la tempestività della stessa deve essere verificata partitamente, con riguardo ai diversi procedimenti singolarmente considerati. 1.1. – Il ricorso incidentale è infondato.

La L. n. 89 del 2001, art. 4 dispone che la domanda di equa riparazione può essere proposta durante la pendenza del procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata, ovvero, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il medesimo procedimento è divenuta definitiva. Il Ministero assume che tale momento coincide con la data in cui la società ricorrente, depositando istanza di insinuazione al passivo del fallimento del debitore, ha trasferito in sede fallimentare la pretesa fatta valere nella procedura esecutiva individuale, divenuta improcedibile ex art. 51, L. Fall.. Tale assunto non merita condivisione, atteso che, ai fini della decorrenza iniziale del termine decadenziale, non è rilevante il volontario "trasferimento" in altra sede della pretesa fatta valere dall’istante nel procedimento presupposto (a prescindere dalla indagine sulla effettiva sussistenza di tale volontà), bensì la emissione, e successiva definitività, di un provvedimento che concluda tale procedimento (anche, nella specie, dichiarandone la improcedibilità), dovendo in difetto ritenersi lo stesso pendente con quanto ne consegue ai sensi della norma esaminata.

2.- La Defilippi Italo s.n.c. denuncia erronea e falsa applicazione di legge ( L. n. 89 del 2001, art. 2, art. 6, p.1 CEDU) in relazione al rapporto tra norme nazionali e la CEDU, come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ( art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). Lamenta la ricorrente che alla liquidazione dell’equo indennizzo la Corte di appello ha provveduto in misura notevolmente ed irragionevolmente ridotta rispetto ai parametri seguiti dalla Corte di Strasburgo (motivo 1^) nonchè considerando il solo tempo eccedente la ragionevole durata anzichè l’intera durata del processo, come stabilito dalla giurisprudenza della Corte europea (motivo 2^). Anche tali doglianze sono infondate.

2.1 – Quanto alla liquidazione dell’indennizzo relativo al danno non patrimoniale, va osservato che la Corte di merito, riconoscendo al ricorrente a tale titolo la somma di Euro 7.000,00 complessivi per sette anni di durata irragionevole, non si è affatto discostato dai parametri normalmente adottati dalla Corte Europea in casi analoghi.

Ha dunque validamente esercitato la sua discrezionalità nella determinazione dell’indennizzo nel rispetto dello standard della CEDU, che nessun argomento del ricorso impone e consente di derogare in melius.

2.2 – Quanto al periodo di tempo da considerare ai fini del calcolo dell’indennizzo, deve in primo luogo escludersi che l’eventuale contrasto tra le norme nazionali (in particolare, la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3) e la CEDU, possa essere risolto semplicemente con la disapplicazione della norma interna. Fermo il principio enunciato dalle S.U. (n. 1338 del 2004), in virtù del quale il giudice italiano, chiamato a dare applicazione alla L. n. 89 del 2001, deve interpretarla in modo conforme alla CEDU per come essa vive nella giurisprudenza della Corte europea, va precisato come tale dovere operi entro i limiti in cui detta interpretazione conforme sia resa possibile dal testo della stessa L. n. 89 del 2001: qualora ciò non fosse possibile, ovvero il giudice dubitasse della compatibilità della norma interna con la disposizione convenzionale "interposta", dovrebbe investire la Corte Costituzionale della relativa questione di legittimità costituzionale rispetto al parametro dell’art. 117, Cost., comma 1 (cfr. Corte Cost. sentenze nn. 348 e n. 349 del 2007).

D’altra parte, la compatibilità della normativa nazionale con gli impegni internazionali assunti dalla Repubblica Italiana con la ratifica della CEDU va verificata con riguardo alla complessiva attitudine della L. n. 89 del 2001 ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto ad una ragionevole durata del processo: come la stessa Corte europea ha riconosciuto, la limitazione, prevista dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 dell’equa riparazione al solo periodo di durata irragionevole del processo, di per sè non esclude tale complessiva attitudine della legge stessa (cfr. Cass. n. 16086/2009; n. 10415/2009; n. 3716/2008).

Rettamente dunque la Corte di merito ha seguito la modalità di calcolo dell’indennizzo prevista dall’art. 2 citato.

4.- Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con la compensazione delle spese tra le parti, considerata la reciproca soccombenza.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa fra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale

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