Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 19-11-2010) 09-02-2011, n. 4668

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Napoli, con ordinanza in data 22 giugno 2010, confermava il decreto di sequestro preventivo di beni immobili e quote societarie emesso dal G.I.P. dello stesso Tribunale il 21 maggio 2010, nel procedimento a carico di S.N., indagato per il delitto di cui all’art. 513 bis c.p. aggravato ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7, in una vicenda di controllo monopolistico da parte della camorra e della mafia del trasporto su gomma nel mercato ortofrutticolo. Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo vizio di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e). Il ricorrente lamenta che il Tribunale non abbia effettuato nessun vaglio critico delle argomentazioni difensive e della documentazione depositata.

Per quanto concerne la "Agriservizi srl", il ricorrente, sulla base della documentazione depositata, afferma che lo S. non ha sborsato alcuna somma per la costituzione della suddetta società, avendo conferito nella stessa la propria azienda individuale operante nel mercato ortofrutticolo di Catania e cedendo, il mese successivo alla costituzione della stessa società, una parte delle proprie quote. Nessun attinenza al thema decidendum avrebbe, poi, il riferimento contenuto nell’ordinanza impugnata alla strumentalità della società alla illecita attività di concorrenza, poichè la Agriservizi non sarebbe stata coinvolta nella vicenda per cui è procedimento penale.

Con riferimento all’immobile sequestrato, il ricorrente osserva, sulla base della documentazione depositata davanti al Tribunale, che S.N. e la di lui cognata (moglie del fratello S. S.) hanno acquistato da tale L. una villetta unifamiliare, acquistata un mese prima da costui ad un’asta nell’ambito di procedura esecutiva nei confronti di S. S. e che il mutuo contratto per l’acquisto viene pagato dai coniugi S.S. e C.R. e solo formalmente la quota di S.S. è stata intestata a S. N..

Il ricorrente, infine, si sofferma sulle dichiarazioni del collaboratore B.C., utilizzate a carico dell’indagato, ma ritenute inattendibili dalla difesa e riguardanti, inoltre, vicende di oltre quindici anni fa, e su due sentenze del Tribunale di Catania del 1998 e del 2002, con le quali era stata, rispettivamente, rigettata una proposta di applicazione di una misura di prevenzione ed era stato assolto dal reato di cui all’art. 648 ter aggravato D.L. n. 152 del 1991, ex art. 7.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati ovvero non consentiti nel giudizio di legittimità e devono essere dichiarati inammissibili. Occorre sottolineare che il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame ex art. 322 c.p. è proponibile solo per violazione di legge. Ne consegue che non possono essere dedotti con il predetto mezzo di impugnazione vizi della motivazione, non rientrando nel concetto di violazione di legge, come indicato nell’art. 111 Cost. e art. 606 c.p.p., lett. b) e c), anche la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione, separatamente previste come motivo di ricorso dall’art. 606 c.p.p., lett. e). I motivi di ricorso proposti tendono, appunto, a censurare le valutazioni offerte dal giudice di merito, non evidenziando alcun vizio di violazione di legge. Ciò risulta ancora più evidente ove si consideri che l’ordinanza impugnata, ha chiarito, con esame puntuale e analitico delle emergenze documentali, quanto al fumus commissi delicti, che a carico di S. è stata applicata ordinanza cautelare personale confermata dal Tribunale in sede di riesame, quanto al periculum in mora, che sussistono seri indizi di esistenza delle condizioni che legittimano la confisca (la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito e la mancata giustificazione della lecita provenienza degli stessi) e, per quanto concerne le quote societarie, anche la strumentalità alla illecita attività di concorrenza già dimostrata a livello di gravità indiziaria nella ordinanza applicativa di custodia cautelare.

Con riferimento, in particolare, all’immobile sequestrato, l’ordinanza impugnata sottolinea che la vicenda evoca un meccanismo mafioso, "dal momento che non si comprende perchè mai il R. avrebbe rivenduto la casa dopo così breve tempo se non perchè costrettovi", e, comunque, non è documentata la origine lecita della provvista.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè, ai sensi dell’art. 616, valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso, al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro 1000,00 a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale

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