T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 04-02-2011, n. 1044 Vincoli di inedificabilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il presente gravame il ricorrente impugna il parere sfavorevole del Ministero dei Beni Culturali emesso ai sensi dell’art. 32 della legge 47/1985, ai fini del rilascio della concessione in sanatoria di alcune costruzioni realizzate abusivamente su un terreno in Località Tor Tre Teste, sulla p.lla 429.

Il ricorso affidato ad un’unica rubrica, articolata in cinque profili di gravame relativi alla violazione della legge 1497/1939, dell’articolo 32 della legge n.47/1985, ed eccesso di potere per difetto di motivazione, di istruttoria, di motivazione, ed errore sui presupposti.

Si è costituito in giudizio il Ministero depositando alcuni atti del procedimento ed una memoria con cui ha confutato le tesi di controparte ed ha concluso per il rigetto.

Con memoria per la discussione la società ricorrente ha sottolineato le argomentazioni a sostegno dellai propria tesi.

Chiamata all’udienza pubblica del 17 novembre 2010, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.
Motivi della decisione

L’impugnato parere favorevole alla richiesta di sanatoria di un capannone metallico; di una tettoia e di un magazzino con copertura e lamiera inclinata e di un box in muratura a protezione di un pozzo, è affidato ad un duplice ordine di motivazioni:

a. il capannone per il quale la società ricorrente ha richiesto il condono in sanatoria è situatoa nell’ambito di 50 m della fascia di rispetto di edificabilità dalla linea dell’Acquedotto Alessandrino sul punto più alto del lato sud dello stesso; – interferisce con la visuale della linea dell’acquedotto medesimo, ostacolando completamente alla visuale del monumento nel maggior tratto in elevazione;- determina uno stato di degrado della fascia minima di rispetto;

b. le altre costruzioni, la veranda in alluminio e vetro sul lato più vicino alla linea dell’acquedotto, ed il locale "pozzo" ed un’ulteriore tettoia di lamiera non compresa nella richiesta di sanatoria interferirebbero sulla visuale prospettica dalla via Walter Tobagi.

L’unica rubrica di gravame è articolata in numerosi profili di gravame che tuttavia appare utile trattare unitariamente:

1. I primi quattro profili sono diretti a censurare il parere nella parte concernente il capannone.

– 1.1. La società ricorrente lamenta la falsa applicazione delle norme di attuazione del PRG del comune di Roma che, all’articolo 16, punto 6, riserva una fascia di rispetto di 50 m, in quanto nella specie la distanza del capannone dall’acquedotto tutelato sarebbe stata di 60 m.. Ciò sarebbe dimostrato sia dalla mancata indicazione della distanza del capannone dall’acquedotto e sia dalla planimetria in scala;

– 1.2. il parere favorevole sarebbe affetto da un difetto di motivazione in rapporto al tempo in cui è insorto il vincolo; la sanatoria avrebbe dovuto essere valutata sulla base della normativa urbanistica vigente al momento dell’abusiva realizzazione dell’opera, tenendo conto degli opposti interessi da valutare:i vincoli, che sarebbero intervenuti con decreto ministeriale del 1990 (e quindi successivamente alla realizzazione di opere), non avrebbero potuto potevano avere effetto retroattivo. La motivazione non spiegherebbe in particolare perché si sarebbe reso indispensabile il sacrificio totale degli interessi del proprietario;

– 1.3. la P.A. avrebbe dovuto specificare le sopravvenute esigenze che rendevano impossibile la conservazione dell’opera realizzata e le ragioni dell’incompatibilità delle costruzioni con il vincolo;

– 1.4. si sarebbe dovuto dimostrare che la costruzione oggetto della sanatoria era in posizione tale da nuocere al monumento tutelato, cosa che non si sarebbe verificata con riferimento al capannone che poggerebbe sul livello più basso dell’adiacente via Tobagi; per cui medesima;

– 2. Con il quinto profilo di censura si lamenta l’illegittimità del parere relativamente sia al locale pozzo che, per quanto vicino all’acquedotto, sarebbe un locale di piccolissime dimensioni; e sia alla tettoia che trattandosi di una costruzione aperta sul declivio del poggio non sarebbe di altezza tale da ostacolare del tutto la visione. In ogni caso si tratterebbe di vecchie costruzioni preesistenti al 1972.

– 3.Tutti i profili sono privi di pregio giuridico.

Quanto al secondo profilo si deve osservare in primo luogo che, qualora ricorra un vincolo assoluto, ancorché successivo, l’Amministrazione può, e deve, accertare la compatibilità del manufatto con il contesto ambientale con riferimento al momento in cui viene esaminata la domanda di sanatoria (Cons. Stato Sez. V 22/12/94 n. 1574; Cons. Stato A.P. 22/7/99 n. 20; Cons. Stato Sez. VI 22/8/03 n. 4765; ecc.). Nel caso di assoluta di inedificabilità, il relativo vincolo non potrebbe considerarsi del tutto inesistente per il solo fatto che sia sopravvenuto all’edificazione, dovendo applicarsi in questi casi lo stesso regime indicato nella previsione generale di cui all’art. 32 comma 1 della L. 47/85, che subordina il rilascio della concessione in sanatoria per opere sottoposte a vincolo, al parere favorevole dell’autorità preposta alla sua tutela (cfr. Cons. Stato A.P. n. 20/99).

Ciò comporta che, nel compiere il giudizio di compatibilità, l’Amministrazione non può non tener conto delle prescrizioni recate dal vincolo stesso, così come accade nel caso di vincolo relativo sopravvenuto (Cons. Stato Sez. V 7/10/03 n. 5918), con l’effetto, quindi, di poter ritenere non sanabile il manufatto quando contrasti con le prescrizioni recate dal vincolo stesso (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 20 novembre 2008, n. 10460).

Ai sensi dell’art. 32, primo co., 28 febbraio 1985, n. 47 per le opere costruite su aree sottoposte a vincolo "… il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso….".

Per questo è dunque evidente il valore prioritario della verifica della compatibilità dell’opera rispetto al vincolo, con la conseguenza che il parere della Soprintendenza è pregiudiziale ad ogni altra valutazione poiché, se sfavorevole, rende impossibile la sanatoria dell’opera (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 29 maggio 2006, n. 3216).

Nel caso in esame relativamente ai vincoli archeologici di cui alla L. n.1089/1939, l’articolo 15 n. 6 delle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G. del Comune di Roma, prevede espressamente che "… deve essere comunque riservata una fascia di rispetto inedificabile, della larghezza minima di metri 50 su ciascun lato lungo la linea degli acquedotti antichi medioevali in tutti punti o non ha più favorevole sistemazione non sia prevista o non sia attuale analogamente deve essere prevista una fascia di rispetto edificabile dell’altezza minima di 15 m per lato dall’asse dello speco degli acquedotti già in origine sotterranei…. ".

Quanto poi al primo profilo si deve rilevare che, se il provvedimento non indicava l’esatta distanza delle costruzioni dall’Acquedotto, nemmeno la società ricorrente fornisce una perizia formalmente giurata giudizialmente idonea a fornire un elemento di prova per dimostrare la distanza dei 50 mt..

In difetto di una prova certa dell’estraneità dell’intero capannone al vincolo di inedificabilità assoluta deve ritenersi che l’ingombro della costruzione viola il vincolo della fascia di rispetto (ma sul punto anche vedi infra).

In ogni caso, anche a voler – in via del tutto ipotetica – aderire alle tesi della ricorrente per cui il capannone sarebbe a 60 mt., deve comunque farsi applicazione dell’ultimo periodo dell’articolo 15, n. 6 cit. per cui "In entrambi i casi, comunque i progetti per lavori edilizi, stradali, fognatizi, eccetera ricadenti entro la distanza di 100 m per lato dall’asse degli acquedotti, dovranno essere sottoposti all’esame della Soprintendenza alle Antichità".

In sostanza, comunque tutte le costruzioni abusive in parola rientrano se non nella fascia di in edificabilità assoluta dei 50 mt. quantomenoma in quella relativa dei 50100 mt. dove l’eventuale edificazione è obbligatoriamente sottoposta al favorevole avviso dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.

Nella specie i diversi manufatti, sono stati realizzati abusivamente in totale assenza di ogni concessione edilizia con la conseguenza che devono considerarsi, "nuove costruzioni", la cui realizzazione era preclusa sia dal precedente vincolo di inedificabilità del PRG e sia dal vincolo del 1990 che consentiva in detta area unicamente il "mantenimento" dei fabbricati già esistenti, se regolarmente assentiti.

E’ dunque evidente che, per tutti i procedimenti edilizi situati al disotto della fascia dei 100 m., il giudizio della Soprintendenza era comunque procedimentalmente necessario, e definitivamente risolvente, sia per la realizzazione di nuovi interventi, e sia per la legittimazione di opere abusivamente realizzate.

In tale prospettiva la questione dell’esatta ubicazione del capannone di lamiera abusivo, nell’ambito, o meno, della fascia di inedificabilità dei 50 mt. è quindi comunque un elemento irrilevante ai fini del presente decidere.

Di qui la legittimità, sul piano formale, del potere utilizzato nella specie dalla Soprintendenza.

Quanto al merito delle valutazioni operate dall’Amministrazione, l’esame delle foto depositate in atti fanno ictu oculi ritenere che le strutture siano unl elemento di grave degrado del sito e come tali, la loro permanenza siano assolutamente incompatibili con le generali esigenze di interesse pubblico alla tutela dell’Acquedotto Alessandrino.

In sostanza appaiono del tutto evidenti le ragioni di carattere storico ed estetico che hanno indotto la Soprintendenza a ritenere la sanatoria del capannone, dell’edificiopozzo di 9 mq ca.; e dell’altro deposito e dell’ulteriore tettoria abusiva.

Le dimensioni delle strutture complessivamente considerate e le scadenti tipologie costruttive (lamiere delle costruzioni e della tettoia) danno logico convincimento al giudizio della Soprintendenza per cui le costruzioni abusivamente realizzate deturpano la visione di un Acquedotto.

In tale prospettiva il provvedimento è dunque coerente con gli atti presupposti per cui il monumento "che domina con la sua maggior opera su arcuazioni le valli dei fossi di Tor Tre Teste", e che "..può essere tutelato soltanto mantenendo la libera visuale senza sfondi incongrui nel territorio che ha mantenuto le caratteristiche morfologiche, topografiche e paesistiche dell’antico assetto…. e valorizzato pienamente come una parte dell’antico suburbio ad est di Roma" (così la Relazione Ministeriale, allegata al vincolo del 12.10.1995 che era succeduto a quello del 2.2.1990).

Per queste ragioni non può ritenersi, come ulteriormente sostenuto dalla ricorrente, che il provvedimento annullato non fosse più che adeguatamente motivato. Il provvedimento impugnato, oltre allo specifico richiamo all’art. 15, n.6 delle N.T.A. del P.R.G., ha chiaramente sottolineato come le costruzioni oggetto della richiesta costituissero una pesante interferenza visiva in quanto occupazione di grande ingombro e degrado nell’immediato ridosso dell’Acquedotto.

In definitiva la motivazione del predetto giudizio è sufficientemente ancorata alla considerazione per cui, le costruzioni oggetto dell’istanza, per posizione e per qualità, costituiscono un grave vulnus per il monumento tutelato, ed in conseguenza deve concludersi che il provvedimento – che è basato su di un giudizio tecnico di carattere esteticoarchitettonico comunque per sua natura insindacabile – sia del tutto coerente con gli atti istruttori.

– 3. Il ricorso è dunque infondato in tutti i suoi profili e deve essere respinto.

Le spese, ai sensi dell’art. 26 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater)

definitivamente pronunciando:

– 1. Respinge il ricorso di cui in epigrafe

– 2. Condanna la Società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che sono liquidate in Euro 1.500,00 a favore del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale

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