Cass. civ. Sez. I, Sent., 16-03-2011, n. 6131 Ricorso

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Svolgimento del processo

M.I., con ricorso alla Corte d’appello di Roma depositato nel dicembre 2005, proponeva, ai sensi della L. n. 89 del 2001, domanda di equa riparazione per violazione dell’art. 6 della C.E.D.U. a causa della irragionevole durata del giudizio in materia pensionistica instaurato dinanzi alla Corte dei Conti nel febbraio 1996 dal proprio coniuge M.S., e dopo il decesso di questi da lei riassunto, quindi definito in secondo grado con sentenza del maggio 2005.

La Corte d’appello, con decreto depositato il 4 aprile 2007, ritenuto che, rispetto ad una durata ragionevole complessiva di cinque anni, il processo si fosse protratto per ulteriori 2 anni circa, liquidava per il danno non patrimoniale la somma di Euro 1.200,00 oltre interessi e spese del procedimento.

Avverso tale decreto M.I. ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato il 24 aprile 2008, sulla base di unico motivo. Il Ministero non vi ha resistito.
Motivi della decisione

1.- La ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ( L. n. 89 del 2001, art. 2) nonchè apparenza, omissione, contraddittorietà e/o insufficienza della motivazione circa un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., n. 5).

2.- Deve preliminarmente rilevarsi che al ricorso in esame, avente ad oggetto un provvedimento emesso nell’aprile 2007, debbono applicarsi le disposizioni del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (in vigore dal 2.3.2006 sino al 4.7.2009), e in particolare l’art. 6 che ha introdotto l’art. 366 bis c.p.c.. Alla stregua di tali disposizioni – la cui peculiarità rispetto alla già esistente prescrizione della indicazione nei motivi di ricorso della violazione denunciata consiste nella imposizione di una sintesi originale ed autosufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto al fine del miglior esercizio della funzione nomofilattica – l’illustrazione dei motivi di ricorso, nei casi di cui all’art. 360, comma 1, nn. 1-2-3- 4, deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto che, riassunti gli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito e indicata sinteticamente la regola di diritto applicata da quel giudice, enunci la diversa regola di diritto che ad avviso del ricorrente si sarebbe dovuta applicare nel caso di specie, in termini tali che per cui dalla risposta che ad esso si dia discenda in modo univoco l’accoglimento o il rigetto del gravame. Analogamente, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione del motivo deve contenere (cfr. ex multis:

Cass. S.U. n. 20603/2007; Sez. 3 n. 16002/2007; n. 8897/2008) un momento di sintesi – omologo del quesito di diritto – che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. 3.- Il ricorso in esame non è conforme a tali disposizioni. Infatti, l’illustrazione del motivo di impugnazione si conclude con la seguente esposizione del quesito di diritto: "Se la Corte di appello, quale giudice funzionalmente competente, è tenuto ad interpretare la domanda nella sua essenza ed in caso di risposta positiva se la Corte di appello è legittimata ad applicare anche per il danno non patrimoniale un criterio equitativo ex art. 2056 c.c. e art. 1226 c.c. che possa essere tratto dai casi analoghi". Trattasi all’evidenza di quesito generico ed astratto, in quanto privo di riferimenti specifici al caso in esame, alla ratio decidendi del provvedimento impugnato ed alla diversa regola di diritto che ad avviso del ricorrente si sarebbe dovuta applicare nella specie, sì che la risposta che ad esso si dia non conduce affatto all’accoglimento o al rigetto del gravame.

La declaratoria di inammissibilità ne deriva dunque di necessità, senza provvedere sulle spese non essendosi il Ministero costituito.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale

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