T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 04-02-2011, n. 1043

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il presente gravame il ricorrente impugna l’annullamento operato dal Ministero dei Beni Culturali, del nullaosta paesaggistico favorevole rilasciato dal Comune di Castel sant’Elia ex art. 32 della legge n. 47/1985, ai fini del rilascio della concessione in sanatoria di un ampliamento realizzato abusivamente di un edificio già destinato all’abitazione della propria famiglia.

Il ricorso è affidato alla denuncia di cinque motivi di gravame relativi alla violazione dell’art. 159 del d.lgs. n.42/2004 sotto diversi profili, eccesso di potere per illogicità, errore sui presupposti; e violazione dell’articolo 10bis della legge n. 241/1990.

L’Avvocatura dello Stato si è solo formalmente costituita in giudizio.

Con memoria per la discussione il ricorrente ha sottolineato le proprie tesi difensive.

Chiamata all’udienza pubblica del 17 novembre 2010, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. Par. Nell’ordine logico delle questioni deve essere disatteso in primo luogo il quinto motivo con cui si lamenta che il provvedimento non sarebbe stato preceduto dal preavviso di rigetto in violazione dell’articolo 10bis della legge n. 241/1990.

La disposizione di cui all’art. 10 bis della l. n. 241 del 1990 si applica nei procedimenti ad istanza di parte, mentre il procedimento statale di verifica della legittimità dell’autorizzazione paesaggistica comunale di cui all’art. 159 d.lg. n. 42/04, è un procedimento che viene attivato d’ufficio da parte dell’amministrazione che ha rilasciato l’autorizzazione, con l’immediata trasmissione degli atti alla Soprintendenza – trasmissione di cui il ricorrente è stato correttamente avvisato ai sensi dell’art. 159 d.lg. 42/04 – alla stregua di un sub procedimento del tutto dipendente da quello avviato dal privato di fronte all’amministrazione locale.

Di qui l’infondatezza del quinto motivo.

– 2. In quanto attengono ad un profilo sostanzialmente unitario, devono essere invece unitariamente considerati il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso, con cui si lamenta sotto diversi profili la violazione dell’art. 159 del d.lgs. n.42/2004.

In particolare l’annullamento impugnato:

1. erroneamente avrebbe ritenuto che l’oggetto della richiesta di condono concernesse l’abusività dell’intero fabbricato, che invece era l’ampliamento di un edificio legittimamente costruito su licenza edilizia del 1959;

– 2. del tutto immotivatamente avrebbe concluso che il Comune non avrebbe correttamente valutato la reale consistenza dell’intervento oggetto del condono;

– 3. erroneamente avrebbe concluso che il parere favorevole del Comune alla sanatoria avrebbe comportato l’alterazione dei tratti caratteristici della località protetta, che sono la ragione stessa per cui le medesime sono sottoposte a vincolo ai sensi della normativa di tutela ambientale.

Tutti i motivi sono meritevoli di favorevole considerazione, nei sensi che seguono.

In linea generale, la Soprintendenza deve tener conto, all’attualità, di tutti i vincoli esistenti sull’area sulla base della normativa vigente e, quindi, sia dei vincoli originari che di quelli sopravvenuti rispetto all’epoca dell’abuso; e deve tener presenti le qualificazioni giuridiche che la stessa disciplina vincolistica impone (vedi anche: Tar Puglia, Bari, sez.III, 3 dicembre 2008, n. 2765; Tar Lazio, Latina, sez. I, 29 agosto 2008, n. 1004). La valutazione di tale conformità corrisponde all’esigenza attuale di vagliare la compatibilità dei manufatti realizzati abusivamente con il vincolo il quale, ancorché sopravvenuto, costituisce la fondamentale, e più recente, valutazione dell’interesse pubblico generale al corretto utilizzo del territorio.

Tuttavia, la sopravvenuta introduzione di vincoli, rispetto all’abuso dell’immobile, non preclude in via assoluta ed automatica il condono, ma impone che il potere ministeriale di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica consideri la prioritaria esigenza di valutare la compatibilità dello stesso con la previsione delle prescrizioni vincolistiche (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 marzo 2003, n. 1077; Tar Lazio, Latina, sez. I, 14 luglio 2009, n. 688).

Pertanto, se è legittimo il richiamo nel provvedimento impugnato ai vincoli emanati successivamente alla realizzazione dell’abuso de quo, nondimeno il controllo di mera legittimità deve valutare attentamente i concreti profili di compatibilità paesaggistico – ambientale del manufatto oggetto di richiesta di autorizzazione in sanatoria.

Il provvedimento ministeriale di annullamento deve cioè assicurare una complessiva e compiuta analisi di tutte le circostanze di fatto e di tutti gli elementi specifici che:

– o non sono stati assolutamente esaminati dall’autorità comunale che ha emanato l’autorizzazione; — ovvero siano stati da essa irrazionalmente considerati in contrasto con i fondamentali principi sulla legittimità dell’azione amministrativa.

In sostanza l’annullamento dell’Amministrazione competente deve essere supportato dalla considerazione, e dalla dimostrazione dei relativi elementi fattuali a sostegno, per cui la sanatoria dell’opera vincolata comprometterebbe irrimediabilmente gli interessi che il vincolo stesso mira a tutelare.

Nel caso di specie la valutazione negativa:

– sembra affettivamente essere riferita non ad un ampliamento ma ad una costruzione exnovo di un fabbricato totalmente abusivo;

– è stata effettuata con il solo, e meccanicistico, richiamo al sopravvenuto vincolo di particolare pregio ambientale della zona in cui ricade il fabbricato con riferimento ad una disciplina edilizia di una normativa paesaggistica sopravvenuta molto tempo dopo l’abuso.

Come è evidente anche dall’esame delle planimetrie e dei prospetti, l’esiguità dell’intervento mal si attaglia con il severo giudizio della Soprintendenza per cui lo stesso avrebbe prodotto l’ "alterazione dei tratti caratteristici della località protetta".

In tale direzione la valutazione negativa della Soprintendenza nel caso, appare sproporzionata ed ingiustificata, in quanto mal si attaglia ad una modifica di una costruzione complessivamente di dimensioni peraltro relativamente modeste.

Nel caso in esame deve perciò richiamarsi l’indirizzo per cui, ai fini del rilascio del condono edilizio, i poteri di cui dispone l’amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico vanno esercitati seguendo una linea "tollerante" in vista di consentire, se possibile, il salvataggio del bene (cfr. T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 12 febbraio 2010, n. 731).

In tali assorbenti limiti, il ricorso è dunque fondato e va accolto e per l’effetto deve essere pronunciato l’annullamento del provvedimento impugnato.

Sussistono tuttavia, in ragione della peculiarità della casistica in esame, sufficienti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater)

definitivamente pronunciando:

– 1. Accoglie il ricorso e per l’effetto annulla il provvedimento di cui in epigrafe per quanto di ragione;

– 2. Spese compensate

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale

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