T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 04-02-2011, n. 352 Licenza Esercizi pubblici Sicurezza pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ato nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Circolo Socio Culturale ABC – XXX, odierno ricorrente, è un’associazione avente finalità ricreative e di svago che svolge le proprie attività nella sede ubicata in Milano, Via Tenca 10.

Il Questore della Provincia di Milano – dopo aver rilevato che presso i locali suindicati si svolgevano attività ed intrattenimenti a sfondo erotico, che l’ingresso era consentito a chiunque previo il rilascio immediato di una tessera associativa, che sono state ivi rinvenute ragazze in abiti succinti con le quali i frequentatori potevano appartarsi mediante il pagamento di speciali consumazioni, che in un’occasione è stato trovato un avventore, privo della tessera associativa e con precedenti penali a carico, in atteggiamenti intimi con una ballerina – ha disposto, nei confronti dell’associazione ricorrente, ai sensi degli artt. 100 e 17 ter del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, la cessazione dell’attività non autorizzata.

Avverso tale provvedimento è diretto il ricorso in esame.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno per opporsi all’accoglimento del gravame.

La Sezione, con ordinanza n. 1065 del 5 luglio 2007, ha accolto l’istanza di sospensione cautelare degli effetti del provvedimento impugnato.

In prossimità dell’udienza di discussione del merito, l’Amministrazione resistente ha depositato in giudizio una memoria, insistendo per il rigetto del ricorso.

Tenutasi la pubblica udienza in data 4 novembre 2010, la causa è stata trattenuta in decisione.

Ritiene il Collegio che il ricorso meriti accoglimento.

Con doglianza comune alle censure dedotte, avente carattere assorbente, l’associazione ricorrente evidenzia come, a suo parere, nel caso concreto, non siano integrati i presupposti per l’emissione di un provvedimento ai sensi dell’art. 100 del TULPS. Si sottolinea invero che gli intrattenimenti offerti agli associati, seppur aventi effettivamente talvolta carattere erotico, non sarebbero idonei ad offendere la moralità pubblica in quanto, innanzitutto, detti intrattenimenti si sarebbero svolti in luoghi privati e comunque non esposti al pubblico e, in secondo luogo, perché il contenuto degli stessi non sarebbe particolarmente osceno ma in linea con quello di altri spettacoli ormai, grazie all’evoluzione dei costumi, non più considerati contrari alla pubblica moralità.

Si evidenzia inoltre che l’attività che si svolge nei locali dell’associazione è liberamente posta in essere dagli associati, e che quindi tale attività non può essere accostata a fenomeni di prostituzione; tanto è vero, sottolinea la ricorrente, che nel provvedimento impugnato non viene in alcun modo contestata la sussistenza di circostanze sintomatiche di reati connessi con la prostituzione.

In proposito si osserva quanto segue.

In base all’art. 100, primo comma, del r.d. 18 giugno 1931 n. 773 (recante "Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza") "….il Questore può sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini".

Secondo la giurisprudenza la ratio della norma risiede nella necessità di impedire, attraverso la chiusura del locale, il protrarsi di una situazione di pericolosità sociale: il provvedimento ha quindi prevalente natura di misura cautelare, con finalità di prevenzione rispetto ai pericoli che possono minacciare l’ordine e la sicurezza pubblica (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 7 febbraio 2007 n. 505; id. 22 agosto 2006 n. 4940).

I pericoli che la norma tende a prevenire sono particolarmente quelli connessi alla frequentazione malavitosa del locale che proprio la chiusura temporanea dello stesso dovrebbe contribuire a dissuadere: da un lato i frequentanti pericolosi sono privati di un luogo di abituale aggregazione e, dall’altro, sono resi avvertiti della circostanza che la loro presenza in detto luogo è oggetto di attenzione da parte delle autorità preposte.

Tuttavia la stessa disposizione prevede anche che la misura ivi prevista può essere disposta allorché l’esercizio possa costituire pericolo per la moralità pubblica e il buon costume.

Ci si deve pertanto chiedere se l’offerta di intrattenimenti a sfondo erotico in un locale aperto al pubblico possa costituire di per sé offesa al buon costume.

Sul punto vale la pena evidenziare che, secondo la giurisprudenza, l’offesa alla moralità pubblica si verifica solo allorché vi sia pubblicità indiscriminata della rappresentazione a sfondo sessuale; onde tale offesa non può riscontrarsi nelle ipotesi in cui l’accesso alle immagini o alle rappresentazioni oscene non sia indiscriminatamente aperto al pubblico, ma sia riservato soltanto alle persone adulte che ne facciano consapevolmente richiesta (cfr. Corte Costituzionale, 27 luglio 1992, n. 368, Cass. Pen., sez. III, 06 luglio 2005 n. 34417).

Sulla base queste premesse il Collegio ritiene che la misura di cui all’art. 100, primo comma, del TULPS non possa essere disposta quando i locali in cui si tengono spettacoli a sfondo erotico siano frequentati da persone adulte consapevoli della natura dell’intrattenimento offerto.

Ciò premesso va osservato che, nel caso concreto, l’Autorità amministrativa ha posto a fondamento del proprio provvedimento, da un lato, la circostanza che nei locali dell’associazione si tenevano spettacoli a sfondo erotico e, da altro lato, che i frequentatori potevano appartasi con le ragazze ivi presenti.

Tuttavia, con riferimento al primo aspetto (l’offerta di spettacoli erotici), si deve evidenziare che, per le ragioni sopra illustrate, va esclusa la sussistenza di un’offesa alla moralità pubblica: per stessa ammissione dell’Autorità amministrativa, la natura dell’attività e degli intrattenimenti che si tenevano all’interno dei locali dell’associazione era ben pubblicizzata, e dunque bisogna ritenere che le persone adulte ivi rinvenute avessero piena cognizione della stessa. Va peraltro aggiunto che non ha rilevanza la questione circa la possibilità o meno di qualificare l’associazione ricorrente come circolo meramente privato, giacché anche ammettendo che l’ingresso ai locali era di fatto consentito a chiunque (come sostiene l’amministrazione resistente), le conclusioni non cambierebbero: deve invero ribadirsi che ciò che esclusivamente rileva è la circostanza che, in ogni caso, coloro che vi accedevano fossero a conoscenza della natura erotica degli intrattenimenti offerti.

La difesa erariale invoca a proprio suffragio una recente sentenza del Consiglio di Stato nella quale si afferma che l’offesa alla moralità pubblica può dirsi integrata allorquando il frequentatore del locale non conserva un ruolo di spettatore passivo dello spettacolo erotico, ma assume un atteggiamento attivo consistente nel coinvolgimento dello spettatore stesso in gesti e comportamenti afferenti alla sfera sessuale (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 4 marzo 2008 n. 870).

In proposito occorre tuttavia osservare, anticipando quanto verrà ulteriormente chiarito nel prosieguo, che dal provvedimento impugnato non risulta affatto che i frequentatori del locale venissero coinvolti negli spettacoli o comunque assumessero ruoli attivi ponendo in essere atti o comportamenti afferenti alla sfera sessuale.

L’Autorità amministrativa afferma nel provvedimento che i frequentatori potevano in certe occasioni recarsi in luoghi appartati con le ballerine, ma non chiarisce che genere di attività si svolgessero in quei luoghi; e soprattutto non dice se sia da presumere che i medesimi venissero ivi coinvolti in attività aventi sfondo erotico o sessuale (non contestandosi peraltro quanto affermato da parte ricorrente e cioè che anche in tali occasioni il frequentatore continuava a mantenere un ruolo di spettatore).

Allo stesso modo deve rilevarsi che nel provvedimento si evidenzia che in un’occasione un avventore è stato trovato in atteggiamenti intimi con una ballerina, senza tuttavia chiarire se tale atteggiamento avesse o meno carattere erotico o sessuale.

Con riferimento al secondo aspetto (la possibilità per gli avventori di appartarsi con le ragazze che lavoravano nei locali) non si può non rilevare che l’Amministrazione in proposito sembra velatamente ipotizzare che in quel luogo si svolgesse attività di prostituzione.

Ma se così è il provvedimento avrebbe dovuto essere esplicito, anche perché, data la sua natura cautelare, non era necessaria la sussistenza di un supporto probatorio di consistenza analoga a quello richiesto in sede di giudizio penale.

L’Amministrazione, se vi era il sospetto che le ragazze trovate nel locale offrissero prestazioni sessuali in cambio di un corrispettivo, e che dunque esse in realtà si prostituivano in quel luogo, avrebbe dovuto chiaramente affermarlo.

Come anticipato, nel provvedimento impugnato ci si limita invece ad affermare che i frequentatori del locale potevano appartarsi con le ragazze e che in un’occasione è stato trovato un avventore in atteggiamenti intimi con una ballerina.

Lo stesso provvedimento tuttavia non chiarisce se si debba presumere che in quei luoghi le ragazze offrissero prestazioni sessuali a pagamento. Né chiarisce se l’atteggiamento intimo in cui sono stati trovati avventore e ballerina fosse riconducibile ad ambiti erotici o sessuali e, più precisamente, se l’attività esercitata dalla ragazza fosse in realtà attività di meretricio.

Ciò dimostra che la stessa Autorità amministrativa non era in grado di inferire (almeno con un ragionevole grado di attendibilità) dalle circostanze testé indicate la sussistenza di comportamenti che integrassero gli estremi di reati connessi con l’esercizio della prostituzione; e peraltro non può ora pretendere che in questa sede sia il Giudice a compiere siffatta valutazione da essa stessa non formulata.

Le circostanze indicate sono quindi di per sé poco significative e non possono essere addotte quali elementi idonei ad arrecare offesa alla moralità pubblica, né possono suffragare un giudizio di pericolosità sociale da assumere a fondamento di un provvedimento cautelare adottato ai sensi dell’art. 100 del TULPS.

Per le ragioni illustrate il ricorso va accolto e per l’effetto va disposto l’annullamento dell’atto impugnato.

La particolarità della fattispecie concreta induce il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento con esso impugnato.

Spese compensate, fermo l’onere di cui all’art. 13 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo integrato dal comma 6 bis dell’art. 21 del decretolegge n. 223 del 2006, come modificato dalla legge di conversione n. 248 del 2006, a carico della parte soccombente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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