T.A.R. Sicilia Palermo Sez. II, Sent., 04-02-2011, n. 232 Vincoli

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso in epigrafe, è impugnato il Piano Regolatore Generale adottato dal Comune di Valderice e poi approvato dalla Regione Sicilia, in uno al regolamento edilizio e alle prescrizioni esecutive, nella parte in cui hanno reiterato la localizzazione di una strada sull’area di proprietà del ricorrente.

Le censure sollevate con l’impugnativa vertono su un asserito eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, carenza di motivazione, nonchè violazione dell’art. 39 del d.P.R. n° 327/2001 per la mancata previsione di indennizzo contestualmente alla reiterazione del vincolo.

Il ricorso è infondato.

Appaiono dirimenti i principi di diritto emersi nella doppia sede giurisprudenziale costituzionale e amministrativa, muovendo dalle fondamentali statuizioni della sentenza n° 179 del 20 maggio 1999 della Corte Costituzionale, che ha escluso l’illegittimità ipso iure della reiterazione dei vincoli preordinati all’esproprio in vista del compimento di un’opera pubblica "ove persistano o sopravvengano situazioni che ne impongano la realizzazione anche se per differenti finalità", purchè il provvedimento di reiterazione sia assistito "da una congrua e specifica motivazione sull’attualità della previsione, con nuova e adeguata comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti e con giustificazione delle scelte urbanistiche di piano tanto più dettagliata e concreta quante più volte viene ripetuta la reiterazione del vincolo".

Sulla consistenza della motivazione necessaria per dar conto della legittimità della scelta di reiterazione del vincolo espropriativo in seguito alla sua scadenza, è intervenuta l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che ha ritenuto doversi distinguere a seconda delle enucleate circostanze:

"a) se la reiterazione riguardi o meno una pluralità di aree, nell’ambito della adozione di una variante generale o comunque riguardante una consistente parte del territorio comunale;

b) se la reiterazione riguardi soltanto una parte delle aree già incise dai vincoli decaduti, mentre per l’altra parte non è disposta la reiterazione, perché ulteriori terreni sono individuati per il rispetto degli standard;

c) se la reiterazione sia stata disposta per la prima volta sull’area in questione.

Quanto al profilo sub a), vanno distinti i casi in cui la reiterazione del vincolo riguardi un’area ben specificata (per realizzare una singola opera pubblica o per soddisfare i prescritti standard sui servizi pubblici o sul verde pubblico), da quelli in cui la reiterazione riguardi una pluralità di aree per una consistente parte del territorio comunale, a seguito della decadenza di uno strumento urbanistico generale che abbia disposto una molteplicità di vincoli preordinati all’esproprio (necessari per l’adeguamento degli standard, a seguito della realizzazione di ulteriori manufatti).

Infatti, quando sono reiterati "in blocco" i vincoli decaduti già riguardanti una pluralità di aree, la sussistenza di un attuale specifico interesse pubblico risulta dalla perdurante constatata insufficienza delle aree destinate a standard (indispensabili per la vivibilità degli abitati), mentre l’assenza di un intento vessatorio si evince dalla parità di trattamento che hanno tutti i destinatari dei precedenti vincoli decaduti". (Cons. Stato, Adunanza Plenaria, 24 maggio 2007 n° 7).

Il caso in esame ricade nelle ipotesi sub a) e c), di reiterazione, per la prima volta, del vincolo "in blocco" per l’area già interessata dalla prima imposizione, allo scopo, esplicitato nell’apparato motivazionale dell’impugnato decreto di approvazione del P.R.G., di consentire il completamento di un’infrastruttura, la strada di collegamento da località Fico fino a Crocevie, già parzialmente eseguita, la cui approvazione era stata deliberata in data 5/8/1988 e confermata con le impugnate previsioni di piano.

Non si ravvisano anomalie funzionali, atteso che per espressa scelta pianificatoria, il P.R.G. ha riproposto il modello insediativo del precedente strumento urbanistico, nel dichiarato intento di confermare e portare a compimento la struttura urbana e la viabilità di collegamento tra i principali agglomerati dell’agro, senza in alcun modo introdurre differenziazioni tra proprietari di aree già sottoposte a vincolo per la realizzazione della strada di cui si tratta, nessuna delle quali risulta essere stata estromessa dal progetto, nè dal completamento dell’opera e senza incidere su situazioni consolidate o su affidamenti mai sorti.

A tal riguardo, giova rammentare che all’epoca dell’intervenuta approvazione del P.R.G. impugnato, il ricorrente aveva già ricevuto il diniego dell’istanza di concessione edilizia dal medesimo avanzata per la realizzazione di due fabbricati da destinare a civile abitazione sull’area di sua proprietà, diniego che ha superato il vaglio giurisdizionale sia in primo grado (T.A.R. Sicilia, 28 settembre 2005, n° 1647) che in appello (CGA, 14 settembre 2007, n° 815), con conseguente formazione di un giudicato preclusivo rispetto a qualsivoglia aspettativa qualificata o affidamento in ordine ad una diversa destinazione urbanistica da quella effettivamente impressa, incompatibile con la finalità edificatoria.

Per tali ragioni, in considerazione dell’adeguatezza della motivazione in ordine all’attualità dell’interesse pubblico al completamento dell’infrastruttura, nonché avuto riguardo alla mancanza di censure rivolte a lamentare un’ipotetica disparità di trattamento, o un’illegittima compressione del diritto di proprietà sotto il profilo del lasso di tempo per il quale il vincolo espropriativo si sarebbe protratto prima del completamento dell’opera, la domanda di annullamento degli atti impugnati non può essere accolta (Cons. Stato, Sez. IV, 30 dicembre 2008, n° 6605; CGA, 19 dicembre 2008, n° 1113; T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. II, 31/07/2008, n 1024; T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 16/06/2008, n. 5881; T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. I, 10/12/2007, n. 3349; Cons. Stato, Sez. IV, 30/05/2007, n. 2777).

Residua l’esame del motivo con il quale si lamenta la mancata previsione indennitaria in uno alla reiterazione del vincolo, nonchè il vaglio della domanda di risarcimento dei danni patiti ovvero di riconoscimento del diritto all’indennizzo ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n° 327/2001.

In seguito al recepimento, nel T.U. esproprio, del monito rivolto al legislatore dalla Corte Costituzionale, con la citata sentenza n° 179/1999, è stato previsto, dall’art. 39, invocato dal ricorrente, l’obbligo di indennizzo "nel caso di reiterazione di un vincolo preordinato all’esproprio o sostanzialmente espropriativo", da commisurarsi "all’entità del danno effettivamente prodotto".

Ne deriva che ogni pretesa alla rifusione di danni patiti in conseguenza dell’attività ablatoria legalmente espletata dalla P.A., non vertendosi in tema di esproprio indiretto o di occupazione sine titulo, dev’essere ricondotta nella fattispecie indennitaria, pena un’inammissibile duplicazione di attribuzioni patrimoniali spettanti al privato a titolo di danno.

La domanda risarcitoria dev’essere, pertanto, riqualificata come domanda di indennizzo da attività lecita, rientrando la relativa pretesa sotto la sfera di applicazione del menzionato art. 39 del d.P.R. n° 327/2001.

Posto tale chiarimento preliminare, va osservato che la regola dell’indennizzabilità della reiterazione dei vincoli espropriativi, da ultimo ribadita con sentenza della Corte Costituzionale 20 luglio 2007 n 314, dev’essere letta alla luce dei principi generali enunciati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 24 maggio 2007 n° 7, che il Collegio condivide e intende in questa sede richiamare, per i quali, ai fini della verifica di legittimità degli atti dei procedimenti di adozione e approvazione di uno strumento urbanistico, contenente un vincolo preordinato all’esproprio, non rileva la previsione della spettanza di un’indennità, fermo restando il diritto del proprietario di ottenere l’indennizzo commisurato all’entità del danno effettivamente prodotto, costituendo questa una questione di carattere patrimoniale (che però presuppone la conclusione del procedimento di pianificazione), devoluta alla cognizione della giurisdizione civile.

In applicazione dei suindicati principi di diritto, il ricorso dev’essere respinto per infondatezza quanto alla domanda di annullamento e dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione quanto alla domanda di accertamento della spettanza o meno di un indennizzo, per essere tale ultima domanda attribuita alla giurisdizione ordinaria.

Sussistono giusti motivi, attesa la natura della controversia, per la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge, quanto alla domanda di annullamento degli strumenti urbanistici impugnati e lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione quanto alla domanda di accertamento della spettanza di un indennizzo.

Indica il giudice ordinario quale autorità giurisdizionale munita di giurisdizione sulla domanda concernente la spettanza dell’indennizzo.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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