T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 04-02-2011, n. 238 Monopoli pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La sig.ra P., titolare della rivendita di generi di monopolio n. 9 e dell’annessa ricevitoria del lotto n. AR3773, sita in Sansepolcro, p.zza Battisti n. 3, espone che, a seguito di comunicazione del 24 aprile 2008 del Comando Brigata Guardia di finanza di Sansepolcro, dalla quale si rilevava che la medesima sig.ra P. era stata denunciata all’Autorità Giudiziaria per il reato di commercio di marche da bollo contraffatte, ai sensi dell’art. 459 c.p., l’Amministrazione (poi Azienda) Autonoma dei Monopoli di Stato (d’ora in avanti: A.A.M.S.) – Ufficio Regionale Toscana Umbria – Sezione Distaccata di Perugia, con provvedimento prot. n. 5087 anch’esso del 24 aprile 2008, disponeva la sospensione cautelare della predetta esponente dalla gestione della rivendita n. 9 e della ricevitoria di lotto annessa, fino alla conclusione, con sentenza irrevocabile, del procedimento penale pendente a carico dell’interessata. Il provvedimento stabiliva, inoltre, che la vendita dei tabacchi e la raccolta del gioco del lotto restassero sospese fino a diversa disposizione dell’Ufficio Regionale.

1.1. L’esponente aggiunge che al suddetto provvedimento veniva data esecuzione già dallo stesso 24 aprile 2008 ad opera della Guardia di Finanza di Sansepolcro, tramite l’asportazione dei tabacchi ivi esistenti, la rimozione del terminale per il gioco del lotto e l’oscuramento dell’insegna "T" (che attestava il contratto di appalto della rivendita di generi di monopolio), nonché dell’insegna relativa alla concessione della ricevitoria del lotto.

2. Avverso l’indicato provvedimento di sospensione cautelare, emanato dall’A.A.M.S., è insorta la sig.ra P., impugnandolo con il ricorso menzionato in epigrafe e chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione.

2.1. A supporto del gravame, con cui ha chiesto altresì la condanna dell’Amministrazione intimata al risarcimento dei danni conseguenti all’impugnata sospensione, la ricorrente ha dedotto i seguenti motivi:

– violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990, in quanto il provvedimento impugnato non sarebbe stato preceduto da alcuna comunicazione di avvio del relativo procedimento;

– violazione dell’art. 94 del d.P.R. n. 1074/1958, in quanto da un lato sarebbe mancata la preventiva contestazione degli addebiti, dall’altro lato non sarebbero stati esplicitati i profili di gravità tali da non consentire la prosecuzione della somministrazione dei generi di monopolio

– violazione dell’art. 21quater della l. n. 241/1990, per non essere stato indicato il termine finale del provvedimento di sospensione, che, così, verrebbe ad avere un’estensione temporale illimitata e si risolverebbe in una sostanziale revoca del titolo abilitativo;

– eccesso di potere per carenza di motivazione, perché mancherebbe l’indicazione delle ragioni che hanno spinto la P.A. ad adottare l’impugnata sospensione, tenuto conto della natura discrezionale di questa e della sua limitazione, da parte della legge, ai casi più gravi;

– eccesso di potere per carenza di istruttoria, in quanto l’assenza del contraddittorio procedimentale avrebbe determinato il venir meno di un importante apporto all’istruttoria;

– eccesso di potere per travisamento dei fatti, giacché l’intera vicenda posta a base della sospensione impugnata sarebbe frutto di un clamoroso equivoco, non essendo mai state ritrovate all’interno della rivendita marche da bollo contraffatte e non avendo mai nessun cliente fatto presente alla ricorrente irregolarità nelle marche acquistate. L’episodio contestato (vendita di n. 7 marche da bollo di valore ciascuna di Euro 14,62, di cui solo quattro contraffatte) si baserebbe su dichiarazioni fallaci di un’unica persona, confutate da altri elementi e testimonianze;

– eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità, perché il provvedimento gravato non sarebbe conforme al principio di proporzionalità dell’atto amministrativo, potendosi perseguire le finalità di tutela dei diritti dell’Erario mediante la sospensione dell’autorizzazione alla vendita al pubblico di valori bollati, anziché con la sospensione dei generi di monopolio e sussistendo nel caso di specie un danno erariale irrisorio (al più, di Euro 58,48).

2.2. Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, depositando una relazione difensiva con documentazione allegata ed opponendosi all’accoglimento del gravame.

2.3. Con ordinanza n. 599/2008, depositata il 26 giugno 2008, veniva accolta l’istanza incidentale di sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato.

2.4. In vista dell’udienza pubblica l’A.A.M.S. ha depositato una memoria difensiva, insistendo per la reiezione del gravame.

2.5. Anche la ricorrente ha depositato una memoria e dei documenti, facendo rilevare l’intervenuta archiviazione del procedimento penale instaurato a suo carico e posto a fondamento dell’impugnata sospensione ed insistendo per l’accoglimento del ricorso ed in specie della domanda di risarcimento del danno (quantificato in complessivi Euro 91.828,83, dei quali Euro 30.531 di perdita netta documentata, più il danno patito per il peggioramento della qualità della vita).

2.6. Alla pubblica udienza del 23 novembre 2010 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

3. Il ricorso è meritevole di accoglimento, nei limiti di seguito precisati.

3.1. Sull’identica questione oggetto del contenzioso questa Sezione ha già avuto modo di esprimersi con una decisione (T.A.R. Toscana, Sez. II, 2 aprile 2010, n. 912), dalle cui conclusioni il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, non essendo convincenti le contrarie argomentazioni esposte sul punto dall’Amministrazione intimata nelle proprie difese.

3.2. Ciò premesso, vanno quindi respinte, anzitutto, le doglianze incentrate sulla violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990 e sulla conseguente carenza di istruttoria per la mancanza del contraddittorio procedimentale (primo e quinto motivo di gravame), nonché sulla mancata indicazione delle ragioni di urgenza che hanno reso impossibile, nel caso di specie, il rispetto delle garanzie di partecipazione procedimentale (quarto motivo). Nella decisione di questa Sezione poc’anzi richiamata si è, infatti, chiarito che, vista la natura cautelare del provvedimento di sospensione, la P.A. aveva la possibilità, per esigenze di celerità ed urgenza, di omettere la fase di partecipazione al procedimento. Sul punto la giurisprudenza è ferma nell’ammettere l’esonero della P.A. dall’obbligo di comunicazione ex art. 7 della l. n. 241/1990 nelle ipotesi in cui si tratti di un provvedimento intrinsecamente caratterizzato da profili di urgenza, o connotato da profili cautelari (cfr., ex multis, C.d.S, Sez. V, 2 marzo 2009, n. 1148; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 15 maggio 2009, n. 3741; T.A.R. Liguria, Sez. II, 26 novembre 2008, n. 2046; T.A.R. Toscana, Sez. I, 3 aprile 2008, n. 494). Quanto, poi, alla censura di mancata esplicitazione delle ragioni di urgenza giustificanti l’omissione dell’avviso ex art. 7 cit., va notato in contrario come l’art. 7, comma 2, della l. n. 241 cit. ammetta l’adozione di provvedimenti a carattere cautelare (quale la sospensione gravata) prima dell’effettuazione della comunicazione di avvio del procedimento e senza alcuna necessità di esplicitare i motivi di urgenza tali da giustificare la suddetta omissione: ciò – evidentemente – in quanto il Legislatore ha ritenuto i provvedimenti di tipo cautelare ex se assistiti da ragioni di urgenza. Si ricorda, in proposito, che la giurisprudenza ha considerato, nell’ipotesi della sospensione della licenza per la conduzione di un esercizio pubblico (configurata quale misura cautelare disposta per prevenire possibili fonti di pericolo per beni aventi valore primario, come l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini), legittimo il mancato avviso di avvio del procedimento, perché si tratta di atto ex se assistito da ragioni di urgenza che giustificano siffatta omissione (C.d.S., Sez. VI, 7 febbraio 2007, n. 505; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 3 dicembre 2008, n. 5689). Ed il ragionamento è estensibile anche alla fattispecie in esame, in cui si è trattato di evitare il rischio della commercializzazione di prodotti di monopolio contraffatti. Donde l’infondatezza, anche per questo verso, della doglianza in esame.

3.3. Alla luce di quanto ora detto, deve ritenersi infondata, altresì, la censura di violazione dell’art. 94 del d.P.R. n. 1074/1958, dedotta con il secondo motivo, per l’omessa previa contestazione degli addebiti all’interessata e per l’omessa indicazione dei profili di gravità che hanno reso impossibile la prosecuzione della somministrazione dei generi di monopolio. Il d.P.R. n. 1074/1958 contiene il regolamento di esecuzione della l. n. 1293/1957, sull’organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita dei generi di monopolio: il relativo art. 9, al primo comma, stabilisce che i provvedimenti di cui agli artt. 18, 34 e 35 della legge (sospensione, decadenza, revoca della gestione della rivendita o pene pecuniarie) debbono essere preceduti dalla contestazione al rivenditore, fatta dall’Ispettorato compartimentale degli addebiti, con avvertenza della possibilità di proporre le sue controdeduzioni nel termine di trenta giorni. Il terzo comma aggiunge, tuttavia, che resta salva la facoltà di disporre, nei casi più gravi, l’immediata sospensione della somministrazione dei generi. Nel caso di specie, al pari del precedente oggetto della decisione di questa Sezione sopra indicata, il rilievo e la specificità degli addebiti rivolti all’interessata sono indicativi della gravità della vicenda e tali da giustificare la pretermissione della fase preliminare del procedimento prevista dalla disposizione, con il corollario dell’infondatezza, altresì, del quarto motivo, nella parte in cui contiene la doglianza della mancanza di motivazione in merito alla scelta della sospensione immediata della somministrazione dei generi di monopolio.

3.4. Nessuna argomentazione contraria si può ricavare, in proposito, dalla successiva archiviazione del procedimento penale instaurato a carico della sigg.ra P., in quanto si tratta di un elemento emerso ex post, laddove, invece, la valutazione della P.A. è stata svolta ex ante, in base alla gravità del reato ed alla pericolosità delle condotte, essendo insorta la necessità di stroncare un commercio di marche da bollo fuori dal circuito monopolistico, che si era manifestato nell’area di Sansepolcro. Del resto, l’art. 16 del capitolato d’oneri per l’appalto, allegato al contratto stipulato tra la ricorrente e l’Amministrazione intimata, prevede la sospensione dalla gestione per il rivenditore anche in caso di semplice denuncia per uno dei reati di cui all’art. 6, n. 6, lett. a), b), c) e d) della l. n. 1293/1957 ed il reato per cui è stata denunciata la ricorrente ( art. 459 c.p.) è ricompreso nella sfera applicativa dell’art. 6, n. 6, lett. c), cit., trattandosi di delitto contro la fede pubblica. E come è stato evidenziato dalla sentenza di questo Tribunale n. 912/2010 cit., i futuri apprezzamenti riservati al giudice penale non confliggono con la potestà della P.A. di adottare misure cautelari di sospensione della licenza in presenza di una mera denuncia. Dal ché si desume l’infondatezza, oltre che del secondo, anche del sesto motivo del ricorso in epigrafe.

3.5. Peraltro, vi sono anche ragioni che inducono a dubitare dell’applicabilità alla fattispecie de qua dell’art. 94 cit., a fronte della disciplina sopravvenuta ex art. 7 della l. n. 241/1990: vero è che l’art. 6 della l. n. 85/1990 dichiara espressamente applicabili a tutte le concessioni del gioco del lotto le disposizioni dettate dalla l. n. 1293/1957 e dal relativo regolamento di esecuzione di cui al d.P.R. n. 1074/1958 e, pertanto, anche lo specifico procedimento di contestazione degli addebiti previsto dal citato art. 94 (con l’apposito termine per le controdeduzioni e la possibilità di prescinderne nei casi di maggiore gravità). Sulla base di tale riserva, la giurisprudenza ha escluso l’applicabilità a tutte le concessioni del gioco del lotto delle norme di cui alla l. n. 689/1981 (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 11 settembre 2003, n. 3323). La riserva deve essere, tuttavia, coordinata con la posteriore disciplina introdotta dalla l. n. 241/1990, sicché, da un lato (a favore dell’incolpato) non si potrebbe limitare il termine per le controdeduzioni a soli trenta giorni, dall’altro lato (a favore dell’Amministrazione) la sospensione potrebbe essere disposta a prescindere dalla partecipazione dell’interessato anche al di fuori dei casi di maggiore gravità, in virtù della sua natura cautelare, ai sensi del comma 2 dell’art. 7 della l. n. 241 cit.: né si potrebbe muovere alcuna obiezione in base al principio per cui lex posterior generalis (la l. n. 241/1990) non derogat priori speciali, attesa, a tacer d’altro, la natura palesemente speciale e derogatoria della disciplina di cui al comma 2 dell’art. 7 della l. n. 241.

4. Sono, invece, fondate le doglianze dedotte con il terzo e con il settimo motivo di ricorso.

4.1. Per quanto riguarda, in particolare, il terzo motivo, è fondata la doglianza di violazione dell’art. 21quater della l. n. 241/1990, per l’omessa indicazione, nel provvedimento impugnato, del termine di durata della sospensione. In argomento, in relazione a fattispecie in tutto analoga, questa Sezione ha già avuto modo di precisare, con la ricordata sentenza n. 912/2010, che, pur non essendo previsto espressamente dalla norma invocata dall’Amministrazione l’obbligo di indicare un termine finale di durata della sospensione, costituisce un principio generale dell’ordinamento quello in base al quale il provvedimento cautelare di sospensione debba prevedere un termine certo di durata, risolvendosi altrimenti in un atto avente carattere definitivo (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 5 marzo 2009, n. 1293). Si è in tal senso ritenuto illegittimo, per evidente contrasto con il principio della tipicità degli atti amministrativi, l’atto con cui una P.A. disponga una sospensione cautelare sine die, giacché, in difetto di un termine finale di vigenza, l’atto stesso assume surrettiziamente la natura di statuizione definitiva (C.d.S., Sez. V, 2 novembre 1998, n. 1569). Nel caso di specie, invece, il provvedimento impugnato non ha fissato nessun termine di durata della sospensione, facendo mero riferimento alla conclusione, con sentenza irrevocabile, del procedimento penale pendente a carico della ricorrente, ovvero (per la gestione della rivendita) "fino a diversa disposizione dell’Ufficio regionale". Donde la fondatezza della censura, non potendosi accedere alla tesi difensiva dell’Amministrazione, per la quale – anche in mancanza dell’indicazione di un termine specifico – la struttura del provvedimento mostrerebbe chiaramente come la sospensione della rivendita fosse solamente interinale e come non ci fosse nessun bisogno di attendere la fine del procedimento penale. La circostanza per cui sarebbe stata illogica una sospensione protratta oltre un certo termine, trattandosi di provvedimento adottato nei confronti di quasi tutte le rivendite della zona, che, in caso di eccessivo protrarsi della misura, si sarebbe trovata sfornita del servizio, lungi dal giovare all’Amministrazione, rafforza la conclusione dell’illegittimità del provvedimento impugnato; anche il fatto che quest’ultimo sia stato sospeso dal Tribunale in sede cautelare non può valere a discarico, trattandosi di circostanza che non ha rilievo ai fini della disamina dell’illegittimità del provvedimento per omessa indicazione del termine finale di efficacia della disposta sospensione, ma che rileva, come si vedrà infra, per l’esame della pretesa risarcitoria avanzata dalla ricorrente. Si ricorda, in argomento, l’insegnamento giurisprudenziale, in base al quale il provvedimento privo del termine di durata della sospensione viola l’art. 21quater, comma 2, della l. n. 241/1990 e tale violazione non è formale (e, perciò, assoggettata alla disciplina di cui all’art. 21octies, comma 2, della l. n. 241/1990), trattandosi di un presupposto sostanziale del provvedimento cautelare, concernente la medesima sua eccezionalità ed il raccordo con le ragioni di urgenza che lo sostengono (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 7 dicembre 2005, n. 5291).

4.2. Per le medesime ragioni, è fondato altresì il settimo motivo, recante la doglianza di violazione, ad opera del provvedimento gravato, del principio di proporzionalità. Tale principio esige che ogni provvedimento adottato sia al tempo stesso necessario ed adeguato rispetto agli scopi perseguiti, per cui, nella scelta dei provvedimenti da adottare, l’Amministrazione deve effettuare un bilanciamento degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento, al fine di evitare che il conseguimento dei primi avvenga per mezzo di un’ultronea compressione della sfera giuridica dell’interessato (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 8 maggio 2009, n. 4924). Nella vicenda di cui si discute, è proprio la mancata apposizione di un termine finale di durata della sospensione a determinare la violazione del principio di proporzionalità, denotando la sproporzione tra la finalità perseguita e la misura adottata. La mancata fissazione del suddetto termine, infatti, dimostra che l’Amministrazione, pur nel rilievo da attribuire alla finalità perseguita, finisce con l’imporre all’interessata un sacrificio irragionevole, considerato che la sospensione sine die dell’attività da questa esercitata si traduce in una sostanziale cessazione della medesima (T.A.R. Toscana, Sez. II, n. 912/2010, cit.). La difesa erariale, pertanto, incorre in un equivoco lì dove afferma che la disposta sospensione della titolare dalla gestione della rivendita non apparirebbe sproporzionata alla gravità dei fatti, giacché la violazione del principio di proporzionalità discende non dall’aver l’Amministrazione disposto l’impugnata sospensione, ma dal non avere apposto un termine finale alla sospensione stessa, non potendosi ritenere in nessun modo adeguata allo scopo la clausola del provvedimento che consentiva la riattivazione dell’esercizio per effetto di una "diversa disposizione" dell’Ufficio Regionale.

5. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve in definitiva essere accolto, nei termini che si sono evidenziati, con il conseguente annullamento dell’atto impugnato.

5.1. Va, invece, respinta la domanda di risarcimento del danno formulata dalla ricorrente. Ed invero, l’accoglimento del ricorso, come si è visto, è determinato non già dall’adozione, nei confronti della ricorrente, della sospensione cautelare dalla gestione della rivendita e dell’annessa ricevitoria lotto, ma dal fatto che la predetta sospensione è stata disposta sostanzialmente a tempo indeterminato. La circostanza, perciò, che l’istanza incidentale di sospensione del provvedimento impugnato sia stata accolta da questo Tribunale in sede cautelare (con ordinanza n. 599/2008), se non rileva ai fini della valutazione circa la legittimità o meno del provvedimento de quo, rileva, invece, ai fini del giudizio sulla pretesa risarcitoria, avendo la predetta ordinanza provveduto ad introdurre, per così dire, essa stessa, in punto di fatto, un termine finale di durata della disposta sospensione. In altre parole, non vi è stato alcun danno ingiusto cagionato alla ricorrente dall’essere stata disposta nei suoi confronti la sospensione dalla gestione della rivendita: un danno ingiusto sarebbe potuto derivare a suo carico dall’essere stata la sospensione stabilita senza predeterminazione della durata, ma la circostanza che il Tribunale abbia accolto l’istanza cautelare ha posto, di fatto, un termine finale alla sospensione, in tal maniera eliminando in radice la possibilità stessa che un’ingiusta lesione si determinasse a carico della ricorrente. Ne segue l’infondatezza della domanda di risarcimento del danno.

6. Le spese di giudizio, considerata la soccombenza della ricorrente in relazione a taluni dei motivi di ricorso ed alla domanda risarcitoria, possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), così definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnato provvedimento di sospensione, respingendo, invece, la domanda di risarcimento del danno.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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