T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 04-02-2011, n. 234 Ricorso giurisdizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La G. S.n.c. di B.S. & C., svolgente attività di pubblico esercizio di somministrazione di alimenti e bevande, il 6 marzo 2000 stipulava con la Y. S.r.l. un contratto di affitto di azienda avente ad oggetto l’esercizio denominato "Caffè G.", sito in Castiglioncello, via Aurelia n. 947. In detto contratto veniva tra l’altro accordato alla Y. S.r.l. il consenso alla voltura delle licenze di ristorante e di bar e buffet freddo, di cui la G. S.n.c. era intestataria. La Y. S.r.l., pertanto, in data 11 agosto 2000 otteneva la voltura delle licenze a proprio nome.

Successivamente alla stipulazione del contratto interveniva, con sentenza del Tribunale di Livorno n. 54 del 13 dicembre 2001, il fallimento della G. S.n.c. e veniva nominato curatore fallimentare il rag. Alessandra Rusciano. La società fallita e la sua legale rappresentante venivano, per l’effetto, cancellate dal R.E.C. (registro esercenti il commercio) ed il Comune di Rosignano Marittimo veniva informato di tale adempimento nel giugno del 2002. La G. S.n.c. veniva, dunque, informata dal Comune di Rosignano di non aver più titolo, a causa della predetta cancellazione, alla reintestazione dell’autorizzazione amministrativa e di quella sanitaria per l’esercizio in questione.

In data 23 luglio 2002 il curatore fallimentare riceveva comunicazione ex art. 7 della l. n. 241/1990 dal Comune di Rosignano Marittimo, circa l’avvio, su istanza della Y. S.r.l., del procedimento di rilascio dell’autorizzazione amministrativa e di quella sanitaria per l’inizio di una nuova attività di somministrazione di alimenti e bevande da parte della predetta ditta negli stessi locali di via Aurelia n. 947, in base al venir meno del contratto di affitto d’azienda con la società fallita ed alla stipula tra la Y. S.r.l. e la proprietà di un autonomo contratto di locazione dei locali in parola.

Con nota prot. n. 17985 del 2 agosto 2002, inoltre, l’Amministrazione comunale rendeva noto alla curatela fallimentare che, a seguito della cancellazione dal R.E.C. della G. S.n.c., questa società non aveva più titolo alla reintestazione delle autorizzazioni amministrativa e sanitaria per l’esercizio sito in via Aurelia n. 947.

La curatela fallimentare, lamentando che con tale nota il Comune di Rosignano Marittimo avrebbe implicitamente revocato le autorizzazioni commerciali intestate alla G. S.n.c., l’ha impugnata a mezzo del ricorso indicato in epigrafe insieme alla comunicazione di avvio del procedimento sopra citata, e ne ha chiesto l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione.

A supporto del gravame ha dedotto i seguenti motivi:

– violazione e falsa applicazione dell’art. 31, lett. c), della l. n. 426/1971, dei principi generali che governano la procedura fallimentare, nonché dei principi generali in materia di certezza del diritto, di uguaglianza e di buon andamento ed imparzialità della P.A., in quanto la P.A. avrebbe trascurato che l’azienda del fallito continua ad esistere anche dopo la dichiarazione di fallimento e che, perciò, la revoca dell’autorizzazione commerciale non potrebbe seguire automaticamente alla cancellazione dal R.E.C. del titolare della ditta fallita;

– violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 4 della l. n. 287/1991, ulteriore eccesso di potere per difetto del giusto procedimento e per errore e/o travisamento dei fatti, in quanto la nota impugnata, quale revoca (implicita) dell’autorizzazione commerciale, avrebbe dovuto comportare la preventiva acquisizione del parere della Commissione comunale per il commercio.

Si è costituito in giudizio il Comune di Rosignano Marittimo, depositando una memoria nella quale ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del gravame per carenza di interesse, per non essersi ancora concluso il procedimento di rilascio delle autorizzazioni amministrativa e sanitaria in favore della controinteressata e per non avere la nota impugnata valore di revoca delle autorizzazioni. Nel merito, ha poi eccepito l’infondatezza dei motivi di ricorso, chiedendo la reiezione di quest’ultimo, previa reiezione della domanda cautelare.

Si è costituita in giudizio, altresì, la controinteressata Y. S.r.l., eccependo, in via preliminare, la carenza di legittimazione processuale del curatore e di jus postulandi del procuratore costituito. Nel merito, ha poi chiesto la reiezione del ricorso e della domanda di sospensione.

La ricorrente curatela ha depositato memoria di replica.

Nella Camera di consiglio del 18 dicembre 2002 il Collegio, attesa l’insussistenza di un pregiudizio grave ed irreparabile, per la non attualità degli atti considerati lesivi e per l’impedimento della ditta ricorrente ad esercitare attività commerciali, con ordinanza n. 1419/2002 ha respinto la domanda di sospensione degli atti impugnati.

Con motivi aggiunti depositati il 10 dicembre 2003 la curatela ha impugnato il provvedimento del Comune di Rosignano Marittimo recante sospensione delle autorizzazioni e licenze commerciali già rilasciate alla G. S.n.c. (sospensione di cui la curatela ha avuto conoscenza in base alla nota del predetto Comune prot. n. 22773 del 24 settembre 2003), nonché le autorizzazioni amministrative e igienicosanitarie rilasciate alla Y. S.r.l. per l’esercizio posto in Castiglioncello, alla via Aurelia n. 947 e precisamente: le autorizzazioni amministrative n. 1 e n. 2 del 16 gennaio 2003 per pubblico esercizio di somministrazione, rispettivamente, di tipo B (bar, buffet freddo) e di tipo A (ristorante) e l’autorizzazione igienicosanitaria n. 3 del 16 gennaio 2003 all’esercizio dell’attività di bar, buffet freddo e ristorante, come integrata dall’autorizzazione n. 67 del 24 giugno 2003 (attività di gelateria e produzione di pasticceria).

A supporto dei motivi aggiunti, con cui ha chiesto l’annullamento previa sospensione dell’efficacia degli atti impugnati, la curatela fallimentare ha dedotto le seguenti censure:

– violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 10 della l. n. 287/1991, nonché eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, per errore e/o travisamento dei fatti e per sviamento, in quanto la l. n. 287/1991 non consentirebbe alla P.A. di sospendere le autorizzazioni già rilasciate a seguito della dichiarazione del fallimento del soggetto autorizzato, poiché la sospensione ex l. n. 287/1991 avrebbe carattere sanzionatorio e sarebbe adottabile sulla base di presupposti del tutto diversi dalla pendenza di una procedura fallimentare;

– violazione dei principi generali che disciplinano la procedura fallimentare, dei principi generali in materia di certezza del diritto, di uguaglianza e di buon andamento ed imparzialità della P.A., ed eccesso di potere per difetto del giusto procedimento, errore e/o travisamento dei fatti, carenza di istruttoria ed illogicità manifesta, perché le licenze ed autorizzazioni commerciali rilasciate al fallito non potrebbero essere sospese, ma dovrebbero rimanere efficaci al fine di consentire al curatore di proseguire l’attività imprenditoriale o trasferirle ad eventuali acquirenti od affittuari;

– ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della l. n. 287/1991, nonché eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, errore e/o travisamento dei fatti e difetto di motivazione, in quanto il Comune avrebbe dovuto stabilire la durata della sospensione delle autorizzazioni e non già adottare una sospensione sine die;

– violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 4, 7 e 8 della l. n. 287/1991, eccesso di potere per violazione del giusto procedimento e per carenza di motivazione, violazione dei principi generali in materia di buon andamento ed imparzialità della P.A., giacché la curatela fallimentare non sarebbe stata informata dell’esistenza di un procedimento di sospensione delle autorizzazioni rilasciate alla G. S.n.c. e non avrebbe potuto parteciparvi, né tantomeno le sarebbe stato notificato il relativo provvedimento di sospensione.

Ai motivi aggiunti hanno replicato il Comune di Rosignano Marittimo e la Y. S.r.l., sostenendo, il primo, l’inammissibilità (per carenza di interesse) e comunque l’infondatezza delle censure con gli stessi prospettate, la seconda, la carenza di legittimazione processuale del curatore nonché di jus postulandi del procuratore costituito, e la carenza di interesse del fallimento all’annullamento delle autorizzazioni dalla Y. S.r.l. stessa ottenute.

Nella Camera di consiglio del 13 gennaio 2004 il Collegio, ravvisata la sussistenza del periculum in mora e del fumus boni juris, con ordinanza n. 42/2004 ha accolto l’istanza cautelare.

In prossimità dell’udienza pubblica, le parti hanno depositato memorie. In particolare, la curatela ha richiamato la sentenza del Tribunale di Livorno n. 534/09 del 25 luglio 2009, che ha condannato la Y. S.r.l. a restituire alla curatela stessa l’azienda esercitata sotto l’insegna "Caffè G." e, per l’effetto, i beni materiali ed immateriali che ne fanno parte. Detta sentenza – che consegue ad altra pronunciata nel 2002, con cui era stato dichiarato risolto il contratto di affitto d’azienda intercorso tra la predetta Y. S.r.l. e la società fallita – confermerebbe la fondatezza della tesi sostenuta nel ricorso, per cui dopo la sentenza di fallimento l’azienda del fallito continua ad esistere e la curatela deve avere la possibilità di esercitare provvisoriamente l’impresa, o affittare l’azienda, o cedere la stessa o parte dei beni che la costituiscono: possibilità che sarebbe preclusa dai provvedimenti qui gravati.

La difesa comunale, riassunti i fatti, ha eccepito la parziale cessazione della materia del contendere per essere venute meno le impugnate autorizzazioni igienicosanitarie n. 3 e n. 67 del 2003. Ha poi insistito nell’eccezione di carenza di interesse del fallimento all’impugnazione delle autorizzazioni commerciali rilasciate alla controinteressata, rimarcando inoltre l’inesistenza di un provvedimento di sospensione delle autorizzazioni rilasciate a suo tempo alla G. S.n.c. e l’inerzia del fallimento nel porre in essere le attività necessarie al subentro in queste ultime.

Anche la Y. S.r.l. ha depositato memoria, replicando alle affermazioni della curatela ed in specie evidenziando che, alla stregua del contenzioso civilistico definito dal Tribunale di Livorno con le sentenze invocate dalla curatela, i locali ubicati in Castiglioncello, via Aurelia n. 947, permangono nella disponibilità esclusiva della stessa Y. S.r.l., cosicché l’eventuale accoglimento del gravame non consentirebbe comunque alla controparte di esercitarvi alcuna attività.

All’udienza pubblica del 6 maggio 2010, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

Con il ricorso originario si impugnano la nota del Comune di Rosignano recante comunicazione alla ricorrente curatela fallimentare circa la mancanza, in capo alla fallita G. S.n.c., del titolo per la reintestazione dell’autorizzazione amministrativa e sanitaria relativamente al pubblico esercizio di somministrazione per cui è causa, ubicato nella frazione di Castiglioncello, e l’avviso di avvio del procedimento amministrativo finalizzato al rilascio delle autorizzazioni, per il predetto esercizio, in favore della controinteressata Y. S.r.l..

Tanto premesso, è innanzitutto inammissibile l’impugnazione della nota del Comune di Rosignano Marittimo prot. n. 16844 del 19 luglio 2002, recante la comunicazione di avvio del procedimento di rilascio alla Y. S.r.l. delle autorizzazioni per il pubblico esercizio posto in Castiglioncello, atteso che, per giurisprudenza costante, è inammissibile l’impugnazione della comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di atto endoprocedimentale non munito di una sua autonoma lesività (cfr., ex plurimis, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 6 febbraio 2008, n. 565).

Per quanto riguarda, invece, l’impugnazione della nota comunale prot. n. 17985 del 2 agosto 2002, recante la succitata comunicazione della carenza di titolo, in capo alla società fallita, per ottenere la reintestazione delle autorizzazioni amministrativa e sanitaria relativamente al pubblico esercizio di somministrazione in discorso, osserva il Collegio, che a voler condividere la tesi della curatela, per cui tale nota avrebbe il valore di revoca implicita delle autorizzazioni ora indicate, il ricorso sarebbe divenuto improcedibile, in virtù dell’intervenuto superamento della medesima revoca. Con i motivi aggiunti, infatti, è stata impugnata la nota del Comune di Rosignano prot. n. 22773 del 24 settembre 2003, dove si dava conto della sospensione delle autorizzazioni amministrativa e sanitaria rilasciate alla G. S.n.c., in attesa della definizione della procedura fallimentare e del trasferimento in altri locali. È evidente, quindi, che se si aderisce alla tesi per cui in precedenza le suddette autorizzazioni erano state revocate, la circostanza che in tale nota si parli, invece, di sospensione di esse, non può che significare l’intervenuto ritiro dell’atto di revoca, perché non è logicamente possibile disporre la sospensione di un atto che già è stato revocato. Dal ché si desumerebbe, se non la cessazione della materia del contendere (il bene della vita avuto di mira dalla curatela essendo la perdurante efficacia delle autorizzazioni in parola), quantomeno l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, per essere stato definitivamente eliminato dal mondo giuridico il provvedimento impugnato (C.d.S., Sez. IV, 19 marzo 1996, n. 341).

Ad avviso del Collegio, peraltro, appare ben più plausibile la diversa tesi sostenuta dal Comune di Rosignano Marittimo, per il quale non vi è mai stata alcuna revoca delle autorizzazioni in discorso, non avendo l’impugnata nota del 2 agosto 2002 valore di revoca implicita delle stesse. A supporto dell’argomentazione per cui affermare l’impossibilità della reintestazione delle autorizzazioni alla G. S.n.c. è cosa ben diversa rispetto alla revoca delle predette autorizzazioni, militano, infatti, sia la ricordata sospensione impugnata con i motivi aggiunti, sia, soprattutto, la nota del Comune di Rosignano Marittimo del 22 marzo 2004, prot. n. 6872 del 24 marzo 2004 (all. 27 della difesa del Comune): in questa, infatti, viene indicata al curatore fallimentare la documentazione necessaria da presentare per il subentro della curatela nelle autorizzazioni per bar, buffet freddo e ristorante già rilasciate alla società fallita. Il subentro è, pertanto, ritenuto ammissibile dal Comune, mentre se si fosse trattato di "riattivare" le autorizzazioni revocate, si sarebbe dovuto parlare non di subentro, ma di rilascio di nuove autorizzazioni (fattispecie totalmente differente). La conclusione da prediligere è, allora, quella dell’inammissibilità dell’impugnazione della nota prot. n. 17985 del 2 agosto 2002, vista l’assenza di qualsiasi efficacia lesiva della stessa rispetto agli interessi fatti valere dal curatore fallimentare.

Venendo all’esame dei motivi aggiunti, con questi vengono impugnati il provvedimento comunale di sospensione delle autorizzazioni e licenze commerciali già rilasciate alla società fallita, nonché le autorizzazioni amministrative ed igienicosanitarie rilasciate alla controinteressata Y. S.r.l. per lo svolgimento dell’attività di somministrazione nei locali già sede dell’esercizio denominato "Caffè G.", in Castiglioncello.

Per quanto riguarda l’impugnazione del predetto provvedimento di sospensione (di cui la gestione fallimentare ha avuto conoscenza a seguito della nota del Comune di Rosignano prot. n. 22773 del 24 settembre 2003), ad avviso del Collegio deve concludersi per l’improcedibilità della stessa, alla luce della già citata nota comunale prot. n. 6872 del 24 marzo 2004. Ed invero, la difesa comunale ha contestato la stessa ammissibilità dei motivi aggiunti, sostenendo che la disposta "sospensione" delle licenze non avrebbe precluso al fallimento di gestire direttamente l’azienda fallita o di cederla a terzi, in quanto la curatela fallimentare avrebbe potuto riattivarne l’efficacia facendo venire meno gli impedimenti allo stato esistenti: più in particolare, avrebbe potuto reperire un soggetto iscritto al R.E.C. che ne potesse risultare intestatario e che avesse la disponibilità di locali idonei allo scopo (e diversi da quelli siti in via Aurelia n. 947, avendone la G. S.n.c. perduto la relativa disponibilità a seguito di sfratto per morosità ed essendo stata la predetta disponibilità autonomamente acquisita dalla Y. S.r.l.). Tralasciando, per il momento, la questione della disponibilità dei locali, che sarà approfondita in sede di analisi dell’impugnazione avverso le autorizzazioni rilasciate alla medesima Y. S.r.l., l’obiezione del Comune risulta comunque infondata, giacché la nota prot. n. 22773 del 24 settembre 2003 parla di sospensione delle autorizzazioni a suo tempo rilasciate alla G. S.n.c. "in attesa della definizione della procedura fallimentare" e, quindi, non contempla né la possibilità dell’esercizio provvisorio dell’impresa da parte della curatela (debitamente autorizzata dal giudice delegato: cfr. il testo attualmente in vigore dell’art. 104 del r.d. n. 267/1942), né la possibilità della cessione o dell’affitto a terzi del complesso aziendale, come lamentato nel gravame. E tuttavia, una simile sospensione, sostanzialmente sine die, idonea, come tale, a radicare l’interesse ad agire della ricorrente gestione fallimentare, è indubbiamente superata dalla suindicata nota prot. n. 6872 del 24 marzo 2004: questa, infatti, nell’elencare i documenti necessari per il subentro nelle autorizzazioni, implicitamente (ma indiscutibilmente) non subordina più la possibilità di riattivare le autorizzazioni stesse alla definizione della procedura fallimentare e, quindi, fa venir meno il carattere sine die della gravata sospensione, potendo le citate autorizzazioni riprendere nell’immediato la propria efficacia. Ne discende la sopravvenuta carenza di interesse, in capo alla gestione fallimentare, ad impugnare il provvedimento di sospensione, con il corollario che per questa parte il ricorso per motivi aggiunti è divenuto improcedibile.

Né si potrebbe sostenere, sulla base della costante giurisprudenza (cfr., ex multis, T.A.R. Toscana, Sez. II, 2 aprile 2010, n. 911) che nel caso di specie non sussistono le condizioni per la declaratoria di improcedibilità, perché la nota comunale del 24 marzo 2004 costituirebbe atto consequenziale al contenuto dell’ordinanza cautelare n. 42/2004, con cui è stata accolta l’istanza di sospensione degli atti impugnati con i motivi aggiunti. Vero è che la curatela fallimentare ha presentato istanza per il subentro nell’esercizio dell’attività aziendale, basando le proprie pretese sulla sospensiva accordata (doc. 25 della difesa comunale). E tuttavia il riscontro positivo del Comune è intervenuto solo dopo che, con ordinanza n. 1092/04 del 9 marzo 2004, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello promosso avverso la predetta sospensiva, tramite l’emanazione della summenzionata nota del Servizio Attività Economiche – Sportello Unico, prot. n. 6872 del 24 marzo 2004: detta nota, dunque, va configurata come il frutto di una determinazione autonoma del Comune di Rosignano Marittimo, e non come il frutto dell’efficacia propulsiva della sospensiva accordata, proprio per essere questa venuta meno in un momento anteriore all’adozione della nota stessa. Per conseguenza, si applica al caso di specie il costante insegnamento giurisprudenziale, secondo cui ove la P.A. effettui una nuova valutazione ed adotti un provvedimento, espressione di una nuova volontà di provvedere, che costituisce un nuovo giudizio, autonomo ed indipendente dalla mera esecuzione dell’ordinanza cautelare, allora il ricorso avverso il precedente provvedimento impugnato diventa improcedibile (T.A.R. Toscana, Sez. II, n. 911/2010, cit.).

Quanto, infine, alla domanda di annullamento delle distinte autorizzazioni rilasciate alla Y. S.r.l. per l’attivazione dell’esercizio di somministrazione nei locali posti in via Aurelia n. 947, osserva il Collegio che si tratta di domanda inammissibile per carenza (se non di legittimazione, quantomeno) di interesse in capo alla ricorrente gestione fallimentare.

Invero, è circostanza che emerge dalla documentazione in atti quella per cui, in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento della G. S.n.c. – pronunciata dal Tribunale di Livorno con sentenza n. 54 del 13 novembre 2001 – la Y. S.r.l. aveva già acquisito (in via autonoma rispetto ai rapporti intercorsi con la predetta G. S.n.c.) la detenzione qualificata dei locali siti in Castiglioncello, via Aurelia n. 947, per effetto della stipula, il 3 gennaio 2000, del contratto di locazione dell’immobile con la proprietà dei locali medesimi. In relazione a questi ultimi, del resto, la G. S.n.c., gerente del pubblico esercizio in essi ubicato, era stata assoggettata a procedimento di sfratto esecutivo per morosità: tale elemento, emerso nelle more del perfezionamento del contratto di affitto d’azienda tra la G. S.n.c. e la Y. S.r.l., spiega il comportamento di questa seconda società, che si è trovata, dunque, nella necessità di procurarsi un titolo autonomo in base al quale poter disporre dei locali in cui è posto il pubblico esercizio (cfr. all. 15 della controinteressata).

La circostanza risulta, inoltre, confermata dalla sentenza del Tribunale di Livorno n. 534/09 del 25 luglio 2009, la quale, nel condannare la Y. S.r.l. a restituire alla curatela fallimentare l’azienda esercitata sotto l’insegna "Caffè G.", ha espressamente escluso da siffatto obbligo restitutorio il contratto di locazione dell’immobile posto nella frazione di Castiglioncello, alla via Aurelia n. 947, dovendosi escludere, per il Tribunale, che tale contratto facesse parte del patrimonio aziendale della G. S.n.c. oggetto del contratto di affitto d’azienda, non essendo la società poi fallita titolare del primo contratto (locazione) al momento della stipula del secondo (affitto).

Si deve, perciò, concludere che l’accoglimento della domanda di annullamento delle autorizzazioni rilasciate alla Y. S.r.l. per l’esercizio dell’attività di somministrazione nei locali di via Aurelia n. 947 nessun beneficio può portare alla ricorrente gestione fallimentare, poiché – come correttamente rileva la difesa della medesima Y. S.r.l. – i suddetti locali rimangono nella disponibilità esclusiva di quest’ultima e la curatela non può comunque svolgere alcuna attività commerciale presso i locali in discorso, né potrebbe svolgerla ivi un terzo che stipulasse un contratto di affitto dell’azienda con la stessa curatela.

Proprio il fatto della mancanza di disponibilità dei locali per ragioni che prescindono totalmente dal rilascio medio tempore delle autorizzazioni impugnate alla Y. S.r.l., comporta quindi, per questa parte, l’inammissibilità dei motivi aggiunti. Nessuna contraria argomentazione potrebbe ricavarsi in proposito dalla menzione, nella più volte citata nota del Comune di Rosignano prot. n. 6872 del 24 marzo 2004, di possibili ostacoli al subentro da parte della curatela nelle autorizzazioni rilasciate a suo tempo alla società fallita, ove la curatela stessa reperisca i locali dove svolgere l’attività in zona commerciale diversa dalla circoscrizione amministrativa di Castiglioncello, poiché in tale evenienza il subentro sarebbe subordinato alla disponibilità dei contingenti per l’area interessata. Ed invero, si tratta di elemento descritto nella nota del Comune in termini eventuali ed ipotetici, rispetto al quale, perciò, manca del tutto la possibilità di configurare un pregiudizio attuale e concreto.

L’accoglimento delle eccezioni di inammissibilità ed improcedibilità del gravame, nei termini sopra esposti, esonera il Collegio dall’esame delle ulteriori eccezioni preliminari sollevate dalle difese del Comune e della controinteressata.

In definitiva, pertanto, va dichiarata l’integrale inammissibilità del ricorso originario, mentre quello per motivi aggiunti va dichiarato in parte inammissibile e per la restante parte improcedibile.

Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese, in ragione sia della concessione della tutela cautelare alla curatela, sia degli atti successivi del Comune resistente, con i quali, in parziale accoglimento delle pretese della curatela, non si è più subordinata la reintestazione delle autorizzazioni rilasciate alla società fallita alla previa definizione della procedura fallimentare.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Seconda Sezione, così definitivamente pronunciando sul ricorso originario e su quelli per motivi aggiunti indicati in epigrafe, dichiara inammissibile il ricorso originario ed in parte inammissibile e per la restante parte improcedibile il ricorso per motivi aggiunti.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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