Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
I ricorrenti D.I. e M.G., genitori del minore M.D., impugnano l’atto con il quale la ASL di Chieti ha denegato l’autorizzazione al trattamento curativo e terapeutico all’estero presso centri di altissima specializzazione e il rimborso delle relative spese.
Espongono in fatto i ricorrenti che il proprio figlio presenta gravissimi handicap conseguenti a complicazioni insorte nell’ultima fase della gestazione ed al momento del parto; in particolare, il minore è affetto da "paralisi cerebrale spastica", tale da comportare "capacità motorie permanenti impedite".
Pertanto, il minore è stato sottoposto, sin dall’età di tre mesi a terapia fisica e mentale, comportante duetre sedute settimanali presso il centro ambulatoriale di riabilitazione SAN.STEF.A.R. di Chieti e, dal 2005, a terapia farmacologica con inoculazione di tossina botulinica due volte la settimana presso il Centro Ospedaliero Santa Maria Nuova di Reggio Emilia; tali cure non hanno prodotto significativi risultati, tanto che il bambino, solo aiutato, riusciva a raggiungeva la posizione quadrupedica ed a sedersi; in nessun caso riusciva a camminare.
I genitori venivano quindi ad apprendere dell’esistenza della clinica NYU Hospital for joint dease in New York 301 east 17th Street, diretta dal dott. Alan Strongwater, centro di altissima specializzazione per la cura di disabili e, previa visita e dietro consiglio degli specialisti di Chieti, decidevano di ricoverare il bambino in America, presentando formale richiesta di autorizzazione al trasferimento all’estero per cure in centri di altissima specializzazione, allegando la prescritta attestazione INPS relativa alla situazione economica della famiglia ed alle spese già sostenute all’estero; già a seguito del primo ricovero, il bambino presentava segni di evidenti miglioramento (aumento del tono muscolare, miglioramento dell’equilibrio, sia in posizione seduta che eretta, acquisita capacità di camminare autonomamente con l’ausilio del deambulatore, maggiore reattività nello studio e nell’apprendimento), tanto per effetto dell’esistenza all’interno del centro di un reparto di neurologia pediatrica, specializzato su bambini con disordini spastici e distonie, caratterizzato da modalità operative di lavoro interdisciplinare tra i medici delle varie specializzazioni, previa valutazione neuromuscolare, biomeccanica e kinesiologica, esame di ogni muscolo per stabilire la terapia più adeguata, elaborazione di un piano personalizzato di riabilitazione con sviluppo di esercizi specifici, terapia specializzata per tre/quattro ore al giorno, ricorso a particolare tecniche (myofascial release) e terapia specialistica per lo sviluppo del linguaggio; il percorso riabilitativo si è fondato dunque su un programma globale di recupero di tutte le capacità del disabile, non affatto seguito in Italia; d’altra parte, il centro rappresentava che "la riabilitazione neuromuscolare è un campo altamente specializzato, che richiede la collaborazione di molte discipline" e che "tali terapie non sono praticate fuori dagli Stati Uniti d’America"; l’utilità del lavoro è stata infine riconosciuta anche dagli specialisti chietini.
Nondimeno, seguiva il diniego impugnato con il presente ricorso che ne deduce l’illegittimità per difetto di motivazione, non avendo l’Amministrazione considerato la natura del centro di altissima specializzazione e l’esatta portata del trattamento e delle cure ivi erogate, non affatto sovrapponibili a quelle possibili in Italia come del resto riconosciuto da specialisti italiani e dello stesso centro riabilitativo italiano e confermato dai risultati ottenuti in breve tempo.
Concludeva per l’accoglimento del ricorso.
Si costituiva la ASL resistente che chiedeva il rigetto del ricorso in quanto infondato.
All’esito della pubblica udienza del 26 gennaio 2011, il Collegio riservava la decisione in camera di consiglio.
Motivi della decisione
I. I ricorrenti, genitori di un minore affetto da grave disabilità, hanno impugnato il diniego di autorizzazione ad effettuare trattamenti e cure all’estero in un centro di alta specializzazione e il conseguente omesso rimborso delle spese sostenute.
II. Giova anzitutto ricordare che l’art. 2 D.M. 3 novembre 1989 (in attuazione dell’art. 3, legge 23 ottobre 1985 n.595) stabilisce che possono essere erogate, oppure autorizzate e sostenute, le prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione, che richiedono o importano specifiche professionalità del personale, non comuni procedure tecniche o curative, o attrezzature ad avanzata tecnologia, e che non sono ottenibili tempestivamente o adeguatamente presso i presidi e i servizi di alta specialità italiani (TAR Lazio, sez.III, n.3114/1997).
II.1) E’ poi considerata prestazione non ottenibile in forma adeguata alla particolarità del caso clinico quella prestazione che richiede specifiche professionalità ovvero procedure tecniche o curative non praticate, ovvero attrezzature non presenti nelle strutture italiane (TAR Toscana, sez.III, n.376/1994).
II.2) Il D.M.. 24 gennaio1990 prevede le classi di patologie e di prestazioni fruibili presso centri specialistici all’estero, tra cui la neuroriabilitazione, anche necessitata da paratetraplegie acquisite o congenite, essendo comunque ammesso il diritto all’assistenza sanitaria indiretta anche per prestazioni non rientranti nelle classi di patologie elencate nel predetto decreto ministeriale, purché di tratti di patologie o terapie particolari, richiedenti specifiche professionalità o profilassi non comunemente praticate o attrezzature assenti nelle strutture italiane (TAR Lazio, sez.III, n.7336/2004).
II.3) L’art. 5 D.M. 3 novembre 1998, poi, considera centro di altissima specializzazione la struttura estera, notoriamente riconosciuta in Italia, in grado di assicurare appunto prestazioni sanitarie di altissima specializzazione e che possegga caratteristiche superiori paragonate a standards, criteri e definizioni propri dell’ordinamento sanitario italiano.
II.4) I pazienti portatori di handicap hanno diritto, alla stregua della legge n.104/1992, al rimborso totale delle spese sostenute all’estero a condizione che l’handicap sia molto grave, che si tratti di cure neuroriabilitative e che il soggetto, ovvero la famiglia di questi, abbia in reddito non superiore ad euro 32.020,33.
III. Nel caso di specie, il diniego di autorizzazione è motivato alla stregua del rilievo che "il trattamento cui dovrà essere sottoposto il sig. M.D. risulta basarsi prevalentemente sulla terapia fisica ed occupazionale oltre a sedute iniettive di tossina botulinica" e che "tale trattamento risulta essere sovrapponibile a quanto effettuato presso il Centro di Riabilitazione SAN.STEF.A.R. di Chieti e presso l’Ospedale S.M. Nuova di Reggio Emilia" e che quindi "le metodiche citate…risultano essere erogabili anche a livello nazionale".
Premesso che l’Amministrazione non pone, quindi, in dubbio né la qualificazione del centro né la natura della patologia trattata e neppure i presupposti soggettivi di ammissibilità del rimborso per ragioni di reddito, il diniego, per quanto sopra detto, è motivato solo in ragione della pretesa equivalenza dei trattamenti erogati ed erogabili all’estero con quelli erogati ed erogabili in Italia.
III.1) Il ricorso è fondato.
III.2) Risulta ex actis la natura altamente specialistica del centro estero richiesto che fonda l’efficacia dei trattamenti sulla interdisciplinarietà e sul lavoro d’equipe tra diverse professionalità, modalità operative del tutto assenti in Italia, integranti specificità di trattamenti tali da caratterizzare il centro estero rispetto agli standards verificabili in Italia.
Non può dunque ridursi il trattamento seguito negli Stati Uniti alla mera sovrapposizione delle cure seguite in Italia, in ragione della personalizzazione della terapia con metodiche anche differenti, successiva all’analisi specifica del caso, come puntualmente descritta nella documentazione allegata all’istanza e depositata in atti.
III.3) Sotto diverso profilo, le risultanze cliniche in ordine ai miglioramenti ottenuti dal minore a seguito dei periodi di terapia seguiti non sono stati affatto considerati dall’Amministrazione, che ha così omesso di valutare circostanze essenziali ai fini del riconoscimento obiettivo dei possibili esiti del trattamento estero, non altrimenti conseguiti (né conseguibili), pur a seguito di lunghi trattamenti, in Italia.
E’ stato in proposito affermato che anche solo la mera prospettiva di parziale e temporaneo miglioramento delle condizioni di salute del paziente giustifichino il ricorso a cure presso centri esteri (cfr. Cons. di Stato, sez.V, n.5132/2004) e che l’autorizzazione relativa non possa essere negata quanto il trattamento assuma i caratteri della "necessità", dovendosi intendere per necessario il trattamento che garantisca comunque un superiore grado di efficacia rispetto ai trattamenti alternativi (cfr. Corte di Giustizia, 12.7.2001, in Causa C 157/1999, Smith c. Stichting Ziekenfonds VGZ)
Ma, nel caso di specie, non può sottacersi che, come risulta dalla documentazione medica esibita in atti, il miglioramento è stato effettivo e globale, così legittimando senza dubbio alcuno, anche alla stregua dei principi affermati dal Supremo Consesso e dalla Corte di Giustizia, il ricorso alle cure estere.
Tali circostanze sono peraltro state riconosciute anche dagli specialisti della clinica riabilitativa in Italia dove il piccolo paziente effettuava il trattamento: la nota allegata in atti del 26.3.2007 chiaramente riconoscono ed apprezzano il risultato ottenuto (acquisizione della stazione eretta e della deambulazione).
III.4) Le motivazioni addotte dall’Amministrazione per negare l’autorizzazione ed il rimborso risultano dunque del tutte incongrue e non applicabili al caso concreto come descritto.
IV. Il ricorso va per quanto precede accolto con l’annullamento dell’atto impugnato.
V. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nell’importo in dispositivo fissato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo – L’AQUILA, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.
Condanna la ASL resistente al pagamento delle spese di giudizio in favore dei ricorrenti che si liquidano in complessivi euro 2.000 (duemila) oltre alla rifusione del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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