Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 19-01-2011) 10-02-2011, n. 4846 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Hanno proposto ricorso per Cassazione G.S. e P. M., per mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo del 14.7.2010, che in riforma della sentenza di condanna pronunciata nei loro confronti dal Tribunale di Termini Imerese il 24.11.2008 per il reato di truffa, riqualificò il fatto come insolvenza fraudolenta e ridusse le pene inflitte con la decisione di primo grado.

Con il primo motivo, il difensore denuncia il vizio di violazione di legge della sentenza, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. c), in relazione agli artt. 191 e 238 c.p.p., in ordine alla ritenuta ritualità dell’acquisizione in giudizio della copiosa produzione documentale prodotta dalla persona offesa, nonostante si trattasse di documentazione "già arbitrariamente prodotta e depositata dalla teste giorni prima della sua audizione".

Con il secondo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b), il vizio di erronea applicazione dell’art. 641 c.p., dal momento che gli imputati si sarebbero limitati a fornire i prodotti loro affidati dal committente ed avevano la materiale disponibilità della merce.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Quanto al primo motivo, non è individuabile alcuna violazione di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità nelle vicende relative alla produzione in giudizio dei documenti contestati dalla difesa, dovendosi quindi condividere nella sostanza le argomentazioni della Corte di merito.

Il secondo motivo si basa su generici e non del tutto chiari apprezzamenti di merito sulla presunta incompatibilità, in astratto del tutto inesistente, tra la condotta di insolvenza fraudolenta e il ruolo di intermediazione negoziale dei ricorrenti nei rapporti tra la ditta fornitrice e i clienti.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa degli stessi ricorrenti nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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