Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 11-01-2011) 10-02-2011, n. 5027 Circolazione stradale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 3 febbraio 2007 il Tribunale di Ancona-Sezione distaccata di Jesi dichiarava P.D. colpevole del delitto di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale in danno di Pi.

P. e la condannava alla pena di mesi sei di reclusione.

Alla P. era stato contestato il reato di cui all’art. 589 c.p. per avere cagionato il decesso di Pi.Pa.. La stessa infatti, alla guida della sua autovettura, percorreva un tratto di strada curvilineo, allorquando improvvisamente perdeva il controllo del veicolo, urtava la base di un albero di pino posto alla sua destra e quindi rientrava occupando la corsia opposta, venendo a collidere con l’autovettura guidata da Pi.Pa. che nell’occorso decedeva.

Avverso la decisione del tribunale ha proposto appello il difensore dell’imputata. La Corte di Appello di Ancona in data 15.12.2009, con la sentenza oggetto del presente ricorso, confermava la sentenza emessa dal tribunale e condannava l’imputata al pagamento delle spese processuali del grado.

Avverso la predetta sentenza P.D., a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione chiedendone l’annullamento con ogni conseguente statuizione.
Motivi della decisione

La ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per i seguenti motivi:

1) motivazione illogica e insufficiente; mancata assunzione di una prova decisiva; inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 589 e 45 c.p. ( art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), d) ed e). La motivazione della Corte territoriale sarebbe inficiata da vizi palesemente rilevabili, in quanto, essendo il fondo stradale assolutamente dissestato oltre che fortemente sconnesso, sarebbe illogica la sentenza impugnata allorquando afferma che tale stato di cose non costituiva un’insidia, ma soltanto imponeva all’automobilista di moderare la velocità. Rilevava la difesa della ricorrente che la pericolosità del manto stradale non era stata segnalata e che la velocità tenuta dalla P. era moderata. Per tali motivi sarebbe stato quindi necessario l’espletamento di una perizia, come richiesto dalla difesa in sede di appello, al fine di stabilire in che modo il dissesto del manto stradale non segnalato avesse inciso sul sinistro e quale fosse la velocità del veicolo condotto dall’imputata e di quello condotto dalla vittima. I proposti motivi di ricorso sono palesemente infondati, in quanto ripropongono questioni di merito a cui la sentenza impugnata ha dato ampia e convincente risposta e mirano ad una diversa ricostruzione del fatto preclusa al giudice di legittimità.

Tanto premesso si osserva che il ricorso proposto per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione seleziona un percorso che si esonera dalla individuazione dei capi o dei punti della decisione cui si riferisce l’impugnazione ed egualmente si esonera dalla indicazione specifica degli elementi di diritto che sorreggono ogni richiesta. Le censure che investano la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione impongono una analisi del testo censurato al fine di evidenziare la presenza dei vizi denunziati. Viceversa la censura che denunzia la mancanza di motivazione deve far emergere ciò che manca e che esclude il raggiungimento della funzione giustificativa della decisione adottata. Una censura che denunzia mancanza di motivazione deve cioè fornire specifica indicazione delle questioni precedentemente poste, specifica comparazione tra questioni proposte e risposte date, approfondita e specifica misurazione della motivazione impugnata per evidenziare come, nonostante l’apparente esistenza di un compiuto argomentare, si sia viceversa venuta a determinare la totale mancanza di un discorso giustificativo della decisione e deve fornire attenta individuazione dei vuoti specifici che hanno determinato quella mancanza complessiva.

Tutto ciò non è rintracciabile nel ricorso di P.D. poichè manca di qualsiasi considerazione per la motivazione criticata, e lungi dall’individuare specifici vuoti o difetti di risposta che costituirebbero la complessiva mancanza di motivazione, si duole del risultato attinto dalla sentenza impugnata e accumula circostanze che intenderebbero ridisegnare il fatto ascrittole in chiave a lei favorevole, al fine di ottenere in tal modo una decisione solamente sostitutiva di quella assunta dal giudice di merito.

Nella sentenza oggetto di ricorso è infatti chiaro il percorso motivazionale che ha indotto quei Giudici a confermare la sentenza di primo grado.

La Corte di Appello infatti, con riferimento all’esistenza del nesso causale tra la condotta di guida tenuta dalla P. e l’incidente che ha causato il decesso di Pi.Pa., valuta attentamente le emergenze istruttorie. Evidenzia quindi che l’imputata percorreva una strada dal fondo non particolarmente livellato, ma di un tipo abbastanza comune nello Stato italiano, come poteva evincersi dalle fotografie in atti. Pertanto correttamente ritiene che tale stato dei luoghi non costituisse un’insidia, ma imponesse all’automobilista che percorreva tale strada di adeguare la velocità al fine di non perdere il controllo del veicolo. La Corte territoriale indica poi, con logica e congrua motivazione, le ragioni per cui si doveva ritenere che l’imputata viaggiasse ad una velocità sostenuta, in quanto, sebbene avesse urtato un albero, la sua autovettura era rimbalzata ed aveva urtato il veicolo antagonista mandandolo in una scarpata e procurando rilevanti danni ad entrambe le autovetture. Correttamente pertanto i giudici della Corte di appello hanno ritenuto superfluo procedere all’espletamento di una perizia al fine di accertare sia lo stato dei luoghi, sia la velocità.

Pertanto nè rispetto ai capi nè rispetto ai punti della sentenza impugnata , nè rispetto all’intera tessitura motivazionale che nella sua sintesi è coerente e completa, è stata in alcun modo configurata la protestata assenza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.

Il ricorso proposto non va in conclusione oltre la mera enunciazione del vizio denunciato e dunque esso è inammissibile con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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