Cass. civ. Sez. III, Sent., 22-03-2011, n. 6544 Assicurazione della responsabilità civile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La controversia ha ad oggetto la richiesta di condanna al risarcimento dei danni da responsabilità extracontrattuale, proposta dai congiunti di B.D., danneggiato deceduto nel sinistro stradale occorso sulla (OMISSIS), mentre viaggiava quale trasportata sull’auto di Proprietà di D.O.D., condotta da Be.An., nei confronti dei predetti e del conducente e del proprietario di altro veicolo investitore, S.G. e S.S., unitamente alle rispettive società assicuratrici.

Il Tribunale adito affermava, in difetto di prova certa del contributo causale delle rispettive condotte colpose, la responsabilità dei conducenti in misura paritaria, escludendo il concorso di colpa della vittima e condannava i convenuti ed i chiamati in solido al danno patrimoniale, per spese funerarie e danno morale, respingendo la domanda rispetto alle altre voci. Con la sentenza impugnata, depositata l’1.12.2007, la Corte di Appello di Firenze respingeva l’appello principale dei B. e quelli incidentali delle assicurazioni.

Propongono ricorso per cassazione i B. con sei motivi, illustrati con memoria; resiste l’INA con controricorso. I ricorrenti formulano a conclusione di ciascun motivo i quesiti di seguito riportati.

1.a. Nel liquidare e/o determinare l’importo del danno non patrimoniale, ex art. 2059 e 2056 c.c. a seguito della morte di un congiunto, occorre indicare le componenti di cui si è tenuto presente ai fini del calcolo della sua quantificazione? 1.b. Quali sono le voci componenti da tener presente ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale? 2.a. Il rimborso al genitore delle spese universitaria in caso di morte imputabile a terzi di una laureanda costituisce un danno risarcibile ex art. 1223 c.c.? 2.b. Occorre la prova che la figlia avrebbe restituito tali spese al genitore? 2.c. Tale danno e restituzione può essere oggetto di prova presuntiva? 3.a. Perchè sia risarcibile il "danno futuro" occorre la prova che la restituzione e/o la sovvenzione sia durevole e costante? 3.b. Occorre che sia determinata e certa la data in cui la restituzione e/o la sovvenzione avverrà? 3.c. Può essere liquidato in via equitativa e provato attraverso presunzioni semplici e nozioni di fatto di comune esperienza? 4.a. Qual è il minimo necessario di ore di sopravvivenza tra il momento del sinistro e la morte perchè si possa definire apprezzabile "apprezzabile lasso di tempo" tale che si maturi il risarcimento del danno in capo alla vittima? 4.b. In tal caso spetta alla vittima oltre al danno patrimoniale, il danno per la perdita della vita ed il danno biologico? 5.a. L’erronea lettura degli atti rientra nell’art. 112 c.p.c.? 5.b. Essa costituisce anche violazione dell’art. 346 c.p.c.? L’omissione della sentenza di decidere su un motivo di appello costituisce violazione dell’art. 112 c.p.c. ed omissione di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5? In relazione al primo ed al quinto motivo vengono rubricati anche pretesi vizi motivazionali, senza che vengano formulati i rispettivi "momenti di sintesi".

I motivi si rivelano tutti inammissibili per inidoneità dei rispettivi quesiti, come emerge chiaramente dal tenore degli stessi.

Questi, come noto, non possono consistere in una domanda che si risolva in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni illustrate nel motivo e porre la Corte di cassazione in condizione di rispondere al quesito con l’enunciazione di una regula iuris (principio di diritto) che sia suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. A titolo indicativo, si può delineare uno schema secondo il quale sinteticamente si domanda alla corte se, in una fattispecie quale quella contestualmente e sommariamente descritta nel quesito (fatto), si applichi la regola di diritto auspicata dal ricorrente in luogo di quella diversa adottata nella sentenza impugnata (Cass. S.U., ord. n 2658/08). E ciò quand’anche le ragioni dell’errore e della soluzione che si assume corretta siano invece – come prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 4, – adeguatamente indicate nell’illustrazione del motivo, non potendo la norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. interpretarsi nel senso che il quesito di diritto possa desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, poichè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (Cass. 20 giugno 2008 n. 16941).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede, pertanto, che, con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed averne indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto, formulato in modo tale da circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (v. Cass., 17/7/2008 n. 19769;

26/3/2007, n. 7258). Occorre, insomma che la Corte, leggendo il solo quesito, possa comprendere l’errore di diritto che si assume compiuto dal giudice nel caso concreto e quale, secondo il ricorrente, sarebbe stata la regola da applicare.

Non si rivelano, pertanto, idonei i quesiti formulati alla fine dei motivi proposti nel presente ricorso, dato che non contengono alcun riferimento in fatto, nè espongono le regole di diritto che si assumono erroneamente applicate e, quanto a quelle di cui s’invoca l’applicazione, si esauriscono in enunciazioni di carattere generale ed astratto che, in quanto prive di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, non consentono di dare risposte utili a definire la causa (Cass. S.U. 11.3.2008 n. 6420). Del resto, i quesiti di diritto non possono risolversi – come nell’ipotesi – in una tautologia o in un interrogativo circolare, che già presuppone la risposta, ovvero in cui la risposta non consente di risolvere il caso sub iudice (Cass. S.U. 2/12/2008 n. 28536).

Pertanto, il ricorso è inammissibile. Le spese del presente giudizio tra le parti costituite seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio nei confronti della controricorrente, che liquida in Euro 3.800,00, di cui Euro 3.600,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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