Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-01-2011) 10-02-2011, n. 4808 Armi da taglio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

p.1. Con sentenza del 13/04/2010, la Corte di Appello di Catania, pur riducendo la pena, confermava, in punto di responsabilità, la sentenza pronunciata in data 2/12/2009 dal g.u.p. del Tribunale della medesima città, con la quale P.S. era stato ritenuto responsabile del delitto di rapina aggravata, resistenza a pubblico ufficiale e porto di coltello. p.2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi:

1. CARENZA ED ILLOGICITA’ della motivazione in ordine al reato di cui all’art. 337 c.p.: sostiene il ricorrente che, "quando venne raggiunto dalla macchina della polizia il P. vagava per le vie della città incurante del gesto pocanzi commesso; l’intervento dei poliziotti fu talmente repentino ed imprevisto che il P. ebbe solo, verosimilmente, la immediata reazione di fuggire. In questo comportamento sicuramente non possono ravvisarsi le condizioni oggettive e soggettive per la configurazione del reato di resistenza a pubblico ufficiale. Sul punto la motivazione della sentenza, partendo da una non corretta valutazione dei dati processuali emergenti dal verbale di arresto e dalle dichiarazioni dell’imputato, è assolutamente carente";

2. VIOLAZIONE DELL’art. 62 c.p., n. 4; sostiene il ricorrente che "invero, proprio partendo da una corretta valutazione degli elementi assunti ex art. 192 c.p.p., la Corte avrebbe dovuto attestare che non si è correttamente raggiunta la prova che la borsa fosse di particolare valore – il contenuto della medesima di soli Euro 5,00 e di un telefonino cellulare – peraltro, porta ad escluderlo per deduzione – e ad applicare per converso la invocata attenuante". 3. VIOLAZIONE degli artt. 62 bis e 69 c.p.: sostiene il ricorrente che il fatto che aveva reso confessione nell’immediatezza dell’arresto, l’atteggiamento collaborativo tenuto, grazie al quale era stato possibile recuperare la borsa, avrebbe dovuto indurre la Corte a ritenere le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti.
Motivi della decisione

p.3. CARENZA ED ILLOGICITA’ DELLA MOTIVAZIONE in ordine al reato di cui all’art. 337 c.p. (motivo sub 1): scrive sul punto la Corte: "In ordine al reato di resistenza di cui al capo b), va osservato che la dinamica del fatto quale risulta dal verbale di arresto collide con le dichiarazioni dell’imputato. Gli agenti, accorsi alle grida della vittima, si erano posti immediatamente all’inseguimento del P. che, al fine di assicurarsi la fuga, aveva brandito il coltello al loro indirizzo e i verbalizzanti, oltre a soffermarsi sul particolare, hanno riferito nel verbale di arresto di avere faticato non poco per bloccare il P.. Tra la deposizione di quest’ultimo che tenta in tal modo di sminuire le proprie responsabilità e la versione degli agenti non sussistono dubbi in ordine alla credibilità di quest’ultimi che non avrebbero alcun motivo di accusare ingiustamente l’imputato".

La suddetta motivazione, per la logicità e coerenza con i dati fattuali in atti, non si presta alla generica censura del ricorrente che va ritenuta, quindi, come nulla più che un inammissibile tentativo di ottenere, in questa sede di legittimità, una nuova ed alternativa valutazione di quegli elementi fattuali già presi in esame dal giudice di merito. p.4. VIOLAZIONE dell’art. 62 c.p., n. 4 (motivo sub 2): la Corte territoriale ha negato la suddetta attenuante sulla base della seguente motivazione: "in ordine alla denegata concessione dell’attenuante di lieve entità, va detto che la parte offesa, in sede di denunzia, ha espressamente dichiarato che la sua borsa era marca Prada e non tipo Prada; non vi è motivo, pertanto, di dubitare della verità del suo assunto, nè il generico richiamo alle condizioni presumibilmente non floride di una studentessa universitaria può essere sufficiente a ritenere che la stessa non possa permettersi l’acquisto di una borsa di marca; trattasi di congetture che non hanno trovato alcun riscontro e che, pertanto, non valgono a contrastare quanto emerge dagli atti del processo".

Si tratta di motivazione coerente ed adeguata con il dato processuale evidenziato dovendosi peraltro tener presente che spetta all’imputato, che invoca un’attenuante, allegarne la prova: il che, nella fattispecie, deve escludersi sulla base di quanto accertato dalla Corte territoriale. p.5. VIOLAZIONE degli artt. 62 bis e 69 c.p. (motivo sub 3): la Corte, fattasi carico della doglianza, l’ha disattesa, osservando "in ordine alla richiesta di applicazione delle concesse attenuanti generiche previa formulazione di un giudizio di prevalenza sulle aggravanti contestate e sulla recidiva, la stessa va disattesa per assenza dei relativi presupposti; il richiamo al comportamento processuale ha poco rilievo, atteso che la confessione dell’imputato è intervenuta perchè egli è stato arrestato nella flagranza del reato e riconosciuto dalla parte offesa, mentre altrettanto non può dirsi per i rimanenti reati che il P. ha negato malgrado ogni evidenza contraria".

La suddetta motivazione, per ampiezza e coerenza non si presta alla censura dedotta con la quale il ricorrente, lungi dall’evidenziare illogicità o contraddittorietà, si limita a ribadire la propria richiesta basandola su quegli stessi elementi fattuali già presi in esame dal giudice di merito e disattesi con motivazione logica ed aderente al dato normativo ( art. 132 e 133 c.p.) dovendosi ritenere che il potere discrezionale sia stato correttamente esercitato. p.6. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

DICHIARA Inammissibile il ricorso e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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