Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 22-03-2011, n. 6501 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 15.7.2003 il Tribunale di S. Maria Capua Vetere ha respinto l’opposizione proposta da D.M.P. avverso il provvedimento con il quale era stata respinta la sua domanda di ammissione al passivo del fallimento Ced Euroservizi srl del credito relativo alla somma di L. 10.617.269, da essa vantato a titolo di trattamento di fine rapporto derivante dal rapporto di lavoro dipendente che, secondo l’assunto, sarebbe intercorso con la società in bonis.

Il Tribunale ha osservato che non era stata dimostrata l’esistenza del dedotto rapporto di lavoro ed ha altresì escluso che nella specie potesse trovare applicazione la normativa in materia di intermediazione nelle prestazioni di lavoro di cui alla L. n. 1369 del 1960, osservando che nel caso in esame non si era realizzata la fattispecie del negozio fiduciario tipica dell’intermediazione vietata, bensì un’ipotesi di interposizione fittizia in cui il dipendente doveva ritenersi assunto realmente soltanto dall’impresa interponente, alle dipendenze della quale aveva poi effettivamente lavorato.

Tale sentenza è stata confermata dalla Corte d’Appello di Napoli, che ha ritenuto che non fosse stata fornita la prova dell’effettiva sussistenza del rapporto di lavoro tra il ricorrente e la società Ced Euroservizi e, per altro verso, ha dichiarato inammissibili in quanto generiche le censure svolte dall’appellante in ordine alla statuizione con la quale il primo giudice aveva escluso la configurabilità, nel caso di specie, della ipotesi di intermediazione di manodopera vietata dalla legge.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione D.M.P. affidandosi a due motivi di ricorso.

L’intimata non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo di ricorso viene denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. e segg. e art. 112 c.p.c. con riguardo alla statuizione con la quale la Corte d’Appello ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione per genericità dei motivi.

2.- Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia relativamente alla parte in cui i giudici d’appello, confermando la sentenza di primo grado, hanno ritenuto la carenza di prova dell’esistenza del rapporto di lavoro subordinato.

3.- Il ricorso deve ritenersi inammissibile in quanto del tutto carente sotto il profilo del rispetto del principio della specificità dei motivi e dell’autosufficienza del ricorso per cassazione.

4.- Quanto al primo motivo, si osserva, infatti, che, se è pur vero che la specificità dei motivi di impugnazione deve ritenersi verificabile in sede di legittimità direttamente – perchè la relativa censura è riconducibile nell’ambito dell’error in procedendo (Cass. 806/2009) -, è anche vero, però, che l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione per il principio di autosufficienza di esso. Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità per difetto di specificità dei motivi di appello, ha l’onere di specificare nel ricorso le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifici, invece, i motivi di gravame e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ed evidenziarne la pretesa specificità (cfr. ex multis, Cass. 204045/2006, Cass. 2140/2006, Cass. 6225/2005, Cass. 1170/2004).

Nella specie, il ricorso si presenta, sotto questo aspetto, del tutto carente, giacchè, a fronte della articolata motivazione e della "complessità di considerazioni in ordine al difetto di prova che va ben oltre il solo profilo documentale oggetto delle critiche dell’appellante", che secondo la Corte territoriale sarebbero contenute nella sentenza di primo grado (cfr. pag. 11 della sentenza impugnata), si limita a riportare solo un breve passo della motivazione della sentenza del Tribunale e alcune generiche considerazioni che si assumono trasfuse nell’atto di appello, ma che, per l’estrema sinteticità del riferimento, devono ritenersi del tutto inidonee a individuare e caratterizzare il "fatto processuale" di cui si chiede il riesame, e a costituire così elementi sufficienti ed effettivi di riscontro della pretesa specificità dei motivi di gravame e dell’esistenza in concreto della dedotta violazione processuale.

4.- Anche il secondo motivo deve ritenersi inammissibile. La ricorrente censura, infatti, la sentenza impugnata "perchè viziata da una palese contraddittorietà dell’iter logico – argomentativo", ma non individua chiaramente i punti dai quali dovrebbe cogliersi tale contraddittorietà della decisione o gli elementi ritenuti trascurati o insufficientemente valutati dalla Corte di merito, nè riporta nel ricorso il contenuto dei documenti e delle dichiarazioni che sarebbe stato travisato o male interpretato dai giudici di appello, limitandosi a farne breve cenno nella prima parte dell’esposizione del motivo. Va ricordato, al riguardo, che in sede di legittimità il controllo sulla motivazione non può risolversi in una duplicazione del giudizio di merito e che alla cassazione della sentenza impugnata può giungersi non per un semplice dissenso dalle conclusioni del giudice di merito, ma solo in caso di motivazione contraddittoria o talmente lacunosa da risultare sostanzialmente incomprensibile o equivoca (cfr. ex multis, Cass. 9547/2010, Cass. 18885/2008, Cass. 6064/2008, Cass. 1754/2007). Nè sotto altro versante può sottacersi che, a fronte di una sentenza come quella impugnata – che fa corretta applicazione nella fattispecie scrutinata dei principi ribaditi dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. al riguardo Cass. sez. unite 26 ottobre 2006, n. 22910, cui adde ex plurimis Cass. 5 febbraio 2007, n. 2372; Cass. 15 gennaio 2008, n. 657) – non si è fatto in alcun modo riferimento ad elementi probatori idonei a dimostrare che il rapporto lavorativo si era in concreto instaurato e svolto con la Ced Euroservizi srl, tenuta come effettivo datore di lavoro all’osservanza di tutti gli obblighi di carattere retributivo e previdenziale.

Anche per le ragioni ora esposte viene ad essere disatteso il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.

5.- Il ricorso va, in conclusione, dichiarato inammissibile. Poichè l’intimata non ha svolto attività difensiva, non deve provvedersi in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso; nulla sulle spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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