T.A.R. Veneto Venezia Sez. III, Sent., 07-02-2011, n. 201 Danni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.Fino al 1997 il ricorrente, quale studente universitario, fruisce del rinvio del servizio militare per motivi di studio.

Al termine del percorso universitario, nell’aprile del 1998, è emessa una cartolina precetto con incorporazione del B. presso il Battaglione Edolo in Merano per il 22 luglio 1998.

Nel giugno del 1998 il giovane chiede di essere sottoposto a visita medica perché affetto da "grave iperreattività bronchiale aspecifica", e viene avviato all’Ospedale militare di Verona per valutazioni medico legali.

Durante il periodo di osservazione medica al quale il B. viene sottoposto all’ospedale militare si verifica un caso di omonimia con un altro giovane, anch’egli inviato in osservazione ospedaliera e poi riformato, avente lo stesso cognome ma nome di battesimo e data di nascita diversa, e a causa di tale omonimia l’Amministrazione, il 27 luglio 1998, incorrendo in un errore, comunica al B. il giudizio di riforma.

Successivamente l’Amministrazione, accortasi dell’errore, sottopone il giovane a visita e, il 13 novembre 1998, il Centro Militare di Medicina Legale di Verona emette provvedimento di idoneità del B. al servizio di leva. In data 26 novembre 1998 il Distretto militare regionale di Padova comunica al giovane il giudizio di idoneità al servizio militare, precettandolo, contestualmente, per la presentazione alle armi per il 25 dicembre 1998 presso il Battaglione "Edolo" di Merano.

Avverso gli atti suindicati il B. ricorre al TAR Veneto (RGR n. 3489/98) e il TAR, con ordinanza n. 1738/1998 del 16 dicembre 1998, accoglie la domanda di sospensiva, ritenuta la sussistenza del "fumus boni juris" e del "periculum in mora".

In seguito all’accoglimento della domanda cautelare il Ministero della Difesa, rideterminandosi, sostituisce il provvedimento sospeso con un decreto ministeriale, adottato il 3 marzo 1999 e, a quanto consta, non notificato al ricorrente, confermando la precettazione dello stesso presso il 18° Reggimento "Edolo" di Merano.

Nel 2003 il TAR Veneto, con sentenza n. 5186, dichiara improcedibile il ricorso n. 3489/98 per sopravvenuta carenza di interesse, poiché il nuovo d. m. 3 marzo 1999 non risulta impugnato.

Successivamente, in data 29 marzo 2004, viene notificata al B. una nuova precettazione alle armi, con incorporazione per il 16 giugno 2004 presso il 123° reggimento "Chieti" in Chieti.

Anche quest’ultima cartolina precetto viene impugnata avanti al Tar del Veneto con il ricorso n. 1277/2004 e il TAR, con sentenza in forma semplificata n. 1616/2004, annulla l’atto accogliendo il motivo concernente violazione dell’art. 21, comma 2, della l. n. 191/75, che stabilisce in un anno il termine entro il quale avviare alle armi il soggetto arruolato: il Ministero, dopo avere confermato la sede di destinazione del ricorrente con d. m. del 3 marzo 1999, aveva precettato il ricorrente soltanto per il 16 giugno 2004.

Il 22 luglio 2004 la D. G. Leva ammette infine a dispensa il B. per "minore indice di idoneità fisica", e il B. viene collocato in congedo illimitato.

Ciò premesso il ricorrente ha proposto il ricorso odierno, n. 1042 del 2009, per sentire accogliere le conclusioni meglio in epigrafe precisate, sostenendo di avere diritto, ai sensi dell’art. 2059 cod. civ., di vedersi risarciti i danni non patrimoniali subiti, sotto il duplice profilo del danno morale e del pregiudizio esistenziale sofferto per effetto dei provvedimenti di precettazione alle armi illegittimamente posti in essere dall’Amministrazione.

In particolare, quanto al danno morale, inteso dal ricorrente quale "turbamento dello stato d’animo che ha provocato uno stato di afflizione e prostrazione", il B. lamenta di essere stato in un primo tempo correttamente riformato dagli obblighi di leva, a causa di una grave iperreattività bronchiale aspecifica, ma che l’amministrazione ha immotivatamente modificato il proprio giudizio medico -legale nello spazio di pochi mesi tanto da giudicare il giovane idoneo al servizio militare. Il B. si è visto comunicare due provvedimenti di precettazione alle armi, uno sospeso e l’altro annullato dal Tar. Tali provvedimenti, e il comportamento complessivo dell’Amministrazione, posti in essere in violazione di regole di imparzialità, correttezza e buon andamento della P. A., e concretizzatisi in un atteggiamento riprovevole e persecutorio da parte dell’Amministrazione medesima, hanno arrecato al giovane un notevole patimento morale, incidendo negativamente sulla personalità e sui progetti di vita del ricorrente.

Per quanto riguardo il danno esistenziale, inteso come pregiudizio -non meramente emotivo e interiore, ma oggettivamente accertabile- idoneo ad alterare le abitudini e gli assetti relazionali dell’individuo inducendolo a scelte di vita diverse quanto alla espressione e alla realizzazione della sua personalità nel mondo esterno, il ricorrente asserisce che i provvedimenti illegittimamente assunti ed il comportamento complessivo dell’Amministrazione militare lo avrebbero lasciato per anni in una situazione di incertezza e di impossibilità di pianificare serenamente il proprio futuro. Il peggioramento della qualità dell’esistenza è ricavabile per presunzioni, in base a massime di comune esperienza. Il ricorrente ha quantificato il danno asseritamente subito in Euro 50.000.

L’Amministrazione, benchè ritualmente intimata, non si è costituita in giudizio ma si è limitata a produrre in giudizio una succinta e documentata nota con la quale la vicenda del B. è stata riepilogata. In particolare, quanto alla rideterminazione, a distanza di soli quattro mesi, sulla idoneità fisica del ricorrente al servizio militare, l’Amministrazione ha asserito che il provvedimento di riforma, comunicato in data 27 luglio 1998, era stato inviato per errore all’odierno ricorrente, essendosi verificato un caso di omonimia. L’Amministrazione ha altresì affermato di avere avvisato telefonicamente il giovane della revoca del precedente provvedimento in data 10 settembre 1998, anche se di tale comunicazione non è stata fornita alcuna prova. In merito alla mancata comunicazione del d. m. 3 marzo 1999 l’Amministrazione ha confermato che "non si è in grado di dire se il succitato provvedimento sia stato o meno notificato all’interessato".

2.Premessa la ricostruzione in fatto sub 1., il Collegio ritiene che la domanda di risarcimento proposta dal ricorrente sia infondata e da respingere.

Appare di per sé condivisibile, nei suoi contenuti di fondo, la ricostruzione dogmatica delle figure del danno morale e del danno esistenziale, la cui risarcibilità è stata riconosciuta sin dalla nota decisione della sez. VI del Consiglio di Stato n. 1096 del 2005 (v. p. 2.2. sent. cit.).

Anche di recente, in seguito a importanti pronunce delle Sezioni Unite della Corte suprema di Cassazione sul punto (cfr. Cass., SS. UU., n. 26972/2008), il Consiglio di Stato (Sez. V, sent. n. 3397/10) si è pronunciato in materia di danno non patrimoniale affermando che questo "deve ritenersi risarcibile non solo nei casi contemplati da apposita previsione di legge ma anche in caso di lesione dei valori fondamentali della persona tutelati dalle disposizioni immediatamente precettive della Carta Costituzionale. Si è in questo modo aderito ad un approccio ermeneutico che legge in senso elastico la tipicità del danno non patrimoniale risarcibile, consentendo il ristoro del danno in caso di lesione di valori costituzionali primari, oltretutto non confinabili ad un "numerus clausus" in quanto ricavabili, in forza della clausola aperta di cui all’art. 2 della Costituzione, in base ad un criterio dinamico che consente di apprezzare l’emersione, nella realtà sociale, di nuovi interessi aventi rango costituzionale in quanto attinenti a posizioni inviolabili della persona".

Nella stessa pronuncia il giudice d’appello precisa inoltre che "l’ampliamento della categoria del danno non patrimoniale, categoria unitaria non scindibile in sottocategorie strutturalmente autonome, è tuttavia compensata dall’introduzione di un limite ontologico e di un onere probatorio. Quanto al primo, in un quadro interpretativo attento al contemperamento tra i principi costituzionali di solidarietà e di tolleranza, il risarcimento del danno non patrimoniale costituzionalmente qualificato è stato ammesso nei soli casi in cui la lesione del diritto costituzionale sia qualificata dalla serietà dell’offesa e dalla gravità delle conseguenze nella sfera personale. Quanto al secondo aspetto la Cassazione, superando la teoria del danno evento, esige che il danneggiato fornisca la prova, oltre che dell’evento, dato dalla sussistenza di una lesione del diritto costituzionalmente primario che superi la soglia della tollerabilità, anche della ricorrenza di significative ripercussioni pregiudizievoli sotto il profilo del danno conseguenza".

Facendo applicazione delle coordinate sopra riassunte al caso in esame, il Collegio ritiene che non sia ravvisabile una lesione che superi la soglia dell’apprezzabilità e, in ogni caso, che non sia stato assolto l’onere probatorio gravante sul danneggiato.

Quanto al primo profilo occorre rilevare prima di tutto che nei confronti di entrambi i provvedimenti di precettazione che hanno colpito il ricorrente quest’ultimo ha conseguito, in tempi rapidissimi, una tutela "in forma specifica" mediante, nell’un caso, la sospensione dell’esecuzione della cartolina precetto del 1998 (cfr. TAR Veneto, ord. sosp. n. 1738/1998) e, nell’altro, mediante sentenza di accoglimento resa in forma semplificata (n. 1616 del 2004,), pienamente satisfattiva dell’interesse fatto valere in giudizio. La legalità violata è stata ripristinata in tempi ristrettissimi. Entrambi i provvedimenti giurisdizionali sono intervenuti, infatti, poche settimane dopo la comunicazione dei provvedimenti lesivi (per l’esattezza, circa tre settimane dopo, nel primo caso, e sette settimane dopo, nel secondo), di talché l’asserita situazione di incertezza che ha subito il ricorrente si è protratta per un lasso di tempo assolutamente contenuto.

Quasi inutile soggiungere che l’avere intrapreso la via giurisdizionale per vedere riconosciuta la propria pretesa non costituisce, di per sé, un danno, quanto piuttosto un rimedio posto dall’Ordinamento a disposizione del cittadino.

Il ricorrente non ha dovuto prestare alcun servizio di leva in esecuzione dei provvedimenti impugnati, proprio perché la rapidità della tutela accordata in giudizio ha impedito il prodursi di danni effettivi nei suoi confronti.

Le cartoline precetto non hanno mai avuto esecuzione poiché sono state sospese o annullate prima dell’incorporazione.

Se, sotto un primo profilo, i requisiti della serietà dell’offesa e della gravità delle conseguenze patite nella sfera personale non appaiono sussistere, sotto un diverso aspetto la domanda risarcitoria non può trovare accoglimento in relazione al mancato assolvimento dell’onere della prova.

Il patrocinio del ricorrente si è infatti limitato a ribadire l’illegittimità dei provvedimenti e del comportamento dell’amministrazione e a riferirsi, in modo generico, a un "patimento d’animo" subito a causa della protratta situazione di incertezza, a uno stato di afflizione e prostrazione, oltre a una compromissione dello sviluppo della personalità e della pianificazione del futuro.

In merito allo stato di incertezza si rimanda a quanto detto sopra sulla limitatezza del periodo di tempo durante il quale i provvedimenti dell’Amministrazione militare hanno avuto effetto (solo in astratto).

Lo stesso patrocinio del ricorrente, nell’asserire che "il cittadino ha bisogno di conoscere con certezza il periodo di vita in cui, sottratto alla sua normale occupazione, o agli studi, o comunque alla libera disponibilità del suo tempo e della sua persona, dovrà assolvere all’obbligo imposto dallo Stato", non dimostra in alcun modo che i provvedimenti in parola abbiano in qualche maniera prodotto in lui un apprezzabile turbamento d’animo o, comunque, che abbiano compromesso le sue scelte di vita in ambito lavorativo, ad esempio menomando le possibilità di accesso al mercato del lavoro, o negli studi ovvero, ancora, nella vita di relazione. Detto altrimenti, i provvedimenti dell’amministrazione militare non risultano avere determinato "una lesione grave dei diritti primari della persona tale da ripercuotersi, oltre la soglia della tollerabilità, sulla qualità della vita e sulla sfera esistenziale", nel senso indicato dalla citata sentenza del Consiglio di Stato n. 3397/10.

In definitiva, il riconoscimento della risarcibilità del danno non patrimoniale, benché esso per definizione risulti difficilmente quantificabile, non esimeva il ricorrente dal fornire la prova, secondo i principi generali in materia di illecito aquiliano, del pregiudizio subito. Prova che nella fattispecie è mancata.

In conclusione, il ricorso va respinto.

Non si fa luogo a pronuncia sulle spese, dato che l’Amministrazione della difesa non si è costituita.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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