Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1.- La Corte di Appello di Torino ha confermato la dichiarazione di responsabilità del L. affermata dal Tribunale di Moncalieri in relazione ai reati di lesioni e minaccia grave in danno di G.A. ed ha rideterminato la pena in quattro mesi e un giorno di reclusione.
2.- L’imputato propone ricorso per cassazione, deducendo mancanza o illogicità della motivazione in relazione:
a.- alla valutazione della dichiarazione dei testi e dell’agente di P.G e all’omessa assoluzione per il capo A (lesioni). b.- all’omesso riconoscimento dell’esimente di cui all’art. 52. c.p.;
c- alla quantificazione della pena.
3.- Il ricorso è manifestamente infondato.
A.-. La Corte ha ricostruito la vicenda nel senso che il G., alla guida di un Tir, si era immesso sulla rotonda di S., in Torino, allorchè si vedeva tagliare la strada da un camioncino; suonato il clacson per richiamare l’attenzione del guidatore del camioncino, i due conducenti si fermavano, scendevano dai rispetti mezzi e il L., presa un’ascia, urlando "figlio di puttana ti ammazzo", colpiva con la parte liscia il G. al braccio sinistro, strappandogli la maglietta e causandogli una lesione, allontanandosi subito dopo.
Una diversa ricostruzione o valutandone del fatto, non è consentita in quanto il sindacato del giudice di legittimità sulla giustificazione del provvedimento impugnato è circoscritto solo alla verifica se il dedotto vizio della decisione sia costituito da errori delle regole della logica – principio di non contraddizione, di causalità, univocità, completezza – o dalla inconciliabilità con gli atti del processo specificatamente indicati (tra le tante Cass., sez. 6, 24 maggio 2007, n. 24680, Cass., sez. 6, 28 settembre 2006 n. 35964, Cass., sez. 1, 14 luglio 2006, n. 25117, Cass., sez. 5, 24 maggio 2006, 36764).
Nella specie la ricostruzione operata dal giudice merito è logica perchè si fonda sulle dichiarazioni della parte lesa, riscontrate da un altro conducente di Tir che aveva assistito alla scena ed aveva visto il G. con la maglietta strappata, con dei segni rossi al braccio ed un uomo, poi identificato nel L., che lo seguiva con un’ascia gridando "ti ammazzo" ed altro.
La logicità della motivazione risulta, inoltre, dal fatto che la testimonianza del teste introdotto dall’imputato che aveva escluso che si fosse verificato un contatto fisico tra le parti era contraddetta dal certificato dei sanitari del pronto soccorso, ove il G. si era recato alla fine del viaggio che avevano constatato contusioni ed ematoma, compatibile con le modalità dell’aggressione.
B.- Di conseguenza manifestamente infondata è la deduzione circa l’esimente della legittima difesa, avendo il giudice del merito logicamente escluso che il G. fosse passato a vie di fatto, non avendolo riferito lo stesso teste a difesa che aveva parlato solo di atteggiamento minaccioso della persona offesa, ma non di un atteggiamento concreto volto a colpire il L..
C.- Per quanto riguarda la pena va rilevato, anzitutto che sussiste l’aggravante dell’arma. Questa Corte ormai ha avuto modo di affermare che sussiste l’aggravante di cui all’art. 585 c.p., comma 2, n. 2 nel caso in cui le lesioni siano procurate con l’uso momentaneo od occasionale dello strumento atto ad offendere (un bastone), considerato che la norma non richiede che l’uso dello strumento offensivo integri anche la contravvenzione di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4 (Cass., sez. 5, 9 febbraio 2006, n. 9388). Nella specie le lesioni erano state procurate con la parte liscia di un’ascia che deve ritenersi uno strumento atto ad offendere non essendo stato utilizzato per la naturale destinazione, ma per colpire.
La pena inflitta, anche per quanto riguarda la continuazione, è poi manifestamente congrua avendola i giudici del merito irrogata in misura prossima al minimo edittale. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende, di una somma determinata, equamente, in Euro 1000,00, tenuto conto del fatto che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità".(Corte Cost.
186/2000).
Il ricorrente va anche condannato a rimborsare le spese di parte civile che possono essere liquidate in Euro 1500,00 oltre accessori come per legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende nonchè alla rifusione delle spese di parte civile che liquida in Euro 1500,00 oltre accessori come per legge.
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