Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-10-2010) 10-02-2011, n. 5042

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con decreto del 22/7/2009 il Tribunale di Sulmona, d’ufficio, revocava l’ammissione al gratuito patrocinio in favore di D.R. A..

Osservava il Tribunale che da una relazione della Guardia di Finanza emergeva che il D.R. aveva percepito redditi superiori al limite massimo previsto come requisito all’ammissione del beneficio dal D.P.R. 30 giugno 2002, n. 115, art. 76. 2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per Cassazione l’interessato, a mezzo del difensore, deducendo la violazione di legge e il difetto di motivazione laddove il Tribunale aveva erroneamente valutato le circostanze riportate dalla Guardia di Finanza.

3. Osserva questa Corte che il provvedimento di revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio è ricorribile direttamente per Cassazione unicamente quando è emesso su richiesta proveniente dall’ufficio finanziario competente, ai sensi del D.P.R. 30 giugno 2002, n. 115, art. 113 (Cass. 5, 6/11/2007, n. 46765, imp. Capuano, rv. 238362).

Invece, nel caso come quello in esame in cui il decreto venga emesso d’ufficio (situazione non regolata espressamente dalla legge), sia se la revoca abbia luogo all’esito delle informative richieste dal giudice nel momento in cui ammette al patrocinio (ipotesi espressamente prevista dal citato D.P.R., art. 112, comma 2); sia che sia frutto di iniziativa del giudice sul presupposto di un opinabile potere di autotutela, la situazione è assimilabile a quella che discende dal diniego di ammissione, ed il provvedimento deve quindi ritenersi reclamabile a norma del D.P.R. cit., art. 99, comma 1 innanzi al Presidente del Tribunale o della Corte d’appello (Cass. 4, 13253/04, imp. Madonia, rv. 227882; Cass. 4, 22853/04, imp. Liuti, rv. 227762; Cass. 4, 12634/05, imp. Formica, rv. 231257). Ciò premesso, però, il ricorso non deve essere dichiarato inammissibile.

Invero va condiviso quanto stabilito da questa Corte (Cass. Sez. Un. 25U999, imp. Di Dona), in cui è stato affermato il principio di conservazione dell’impugnazione, (indipendentemente dal nomen iuris che erroneamente sia stato attribuito all’atto) volta a provocare l’eliminazione dal mondo giuridico o la modificazione di un provvedimento giurisdizionale, quando è chiara la volontà in tal senso, sul rilievo che il nuovo codice di rito ha optato senza possibilità di equivoci per una concezione sostanziatistica, che privilegia l’esatta qualificazione dell’impugnazione da parte del giudice officiato, imponendo la rimessione degli atti al giudice effettivamente competente in ordine al mezzo consentito, anche qualora la volontà della parte sia volta ad officiare il giudice del mezzo non consentito, ed addirittura qualora l’atto di parte, pur non potendosi qualificare impugnazione in senso stretto, sia comunque diretto ad ottenere rimedio a determinate situazioni (cfr. Cass. 5, 4111/01, imp. Biancardo, rv. 217935).

Pertanto anche il ricorso-reclamo, quale mezzo volto ad ottenere la rimozione di un provvedimento pregiudizievole, deve considerarsi retto, sulla scorta della concezione sostanzialistica, dai principi dell’art. 568 c.p.p., comma 5.

Ne consegue che gli atti vanno trasmessi all’autorità competente ai sensi del D.P.R. 30 giugno 2002, n. 115, art. 99.
P.Q.M.

La Corte, qualificata l’impugnazione come opposizione ex D.P.R. 30 giugno 2002, n. 115, art. 99, dispone trasmettersi gli atti al Presidente del Tribunale di Sulmona.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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