T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 08-02-2011, n. 387 Beni di interesse storico, artistico e ambientale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente espone:

di essere nipote del Sig. C.A.L., padre di sua madre, facoltoso cittadino statunitense, storico e critico d’arte, oltre che collezionista, residente per un certo periodo a Firenze e deceduto a New York il 15.3.1928;

che suo nonno nella residenza fiorentina Villa Torri Gattaia aveva raccolto una consistente collezione di opere d’arte, tra cui il dipinto di cui è causa;

che con testamento depositato e pubblicato per atto notarile del 28.5.1928 rep. 5250 del notaio De Saint Signe di Firenze, il sig. L. aveva disposto che alcune opere della Villa Torri Gattaia fossero destinate come "dono e legato" al comune di Firenze, a condizione che "qualsiasi opera d’arte, qualsiasi pezzo di mobilia antica e in generale qualsiasi oggetto di interesse storico o antiquario nel mio possesso alla mia morte (…) possa lasciare ed essere esportata dal territorio compreso entro lo Stato Italiano o governato da esso, in qualsiasi tempo durante la vita della mia figlia M.S. e entro due anni da tale morte nel caso che mi sopravviva e entro due anni dalla mia morte nel caso che essa mi premoia (….)". Viene precisato che "Se il Governo italiano mancasse di compiere debitamente ogni e ciascuna condizione dal cui avveramento dipende il diritto del Comune di Firenze di ottenere questo dono e legato perderà ogni forza e effetto e sarà nullo e invalido".

che in esecuzione del lascito, veniva sottoscritta una convenzione in data 4.3.31, tra lo Stato italiano e il Comune di Firenze, in cui si esoneravano gli eredi da qualsiasi disposizione di legge o di regolamento per l’esportazione dal regno di tutti gli oggetti e le opere d’arte purchè tale esportazione avvenisse durante la vita della Sig. Matilda Sofia L. o entro due anni dalla sua morte.

che tale convenzione veniva poi approvata con R.D. 354 del 3.3.32, su conforme parere del Consiglio di Stato e del Consiglio Superiore delle Antichità, previo parere del Ministero dell’educazione nazionale;

che vari eventi storici hanno coinvolto la proprietà: i beni vengono sottoposti a sequestro in base alle leggi di guerra e il dipinto risulta nell’inventario dell’EGELI (Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare) del 1942; la villa diviene la sede del comando tedesco, acquisita dalla Repubblica di Salò e poi affidata alla gestione del Monte dei Paschi. Il dipinto viene "imprestato al Quartier generale del gen. Feldmaresciallo V.R." nel 1944. L’opera però nel 1946 non viene restituita, perché presumibilmente trafugata dal comando tedesco in ritirata;

che nel 2009 i Carabinieri del nucleo storico di Monza informano la ricorrente del ritrovamento e il quadro viene restituito;

di essere tornata in Italia per portare il dipinto negli Stati Uniti, dove è residente, e di essere venuta a conoscenza del provvedimento del Direttore Regionale per i Beni Culturali della Lombardia prot. 157 del 30.10.2008, con cui è stato dichiarato ex art 13 D. L.vo 42/2004 l’interesse culturale del dipinto.

Avverso detto atto, notificatole in data 21.11.2009, articola le seguenti censure:

1) nullità assoluta ex art 21 septies L. 241/90; violazione della convenzione negoziale 4.3.1931 e del R.D. 3.3.1932 n. 345 in relazione agli artt. 11, 15 e 21 sexies L. 241/90 e 633 c.c.: il legato è condizionato alla possibilità di esportare i beni lasciati agli eredi: il termine biennale entro cui poter esportare decorre dalla data di pubblicazione della sentenza che dichiara nullo l’atto della Soprintendenza, in quanto l’Autorità statale approvando la convenzione ha accettato che i beni potessero essere esportati.

2) violazione artt. 12 e 13 D. Lvo 42/2004; violazione art 3 l. 241/90 per falsità dell’istruttoria e per falsa motivazione; sviamento di potere: la dichiarazione è fondata su una istruttoria superficiale;

3) violazione art. 3 L. 241/90: vi era già stato un giudizio sulla esportabilità dell’opera con il decreto del Consiglio di Stato e del Consiglio superiore per le Antichità che hanno espresso parere sulla convenzione del 1932;

4) violazione artt. 7 e segg. L. 241/90 e 14 D. lvo 42/2004 in relazione alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento;

5) falsa applicazione degli artt. 2 e 10 D. lvo 42/2004; violazione della circolare 13 maggio 1974 prot. 2718 del D.L. 288/72: eccesso di potere per vizio di istruttoria e illogicità; contraddittorietà della motivazione; violazione art 3 L. 241/90.

Si costituiva in giudizio il Ministero intimato, chiedendo il rigetto del ricorso.

In data 15 luglio 2010 la ricorrente depositava motivi aggiunti avverso il provvedimento 5.5.2010 prot. 1447 del Direttore dell’Ufficio Esportazione presso la Sopraintendenza con cui veniva dichiarata irricevibile la richiesta di rilascio dell’attestato di libera circolazione del dipinto "Santa Caterina d’Alessandria" presentata dalla ricorrente in data 15.4.2010.

Avverso detto atto di archiviazione vengono articolate le seguenti censure:

6) violazione dell’art 2 L. 241/90 in relazione all’art 65 comma 3 D. lvo 42/2004; eccesso di potere per difetto dei presupposti; sviamento di potere;

7) violazione dell’art 10 bis L. 241/90 in relazione all’art 21 octies; vizio di istruttoria;

8) violazione dell’art 3 L. 241/90 per difetto di istruttoria e di coerente motivazione; violazione degli artt. 136 e segg. R.D. 363/1913;

9) violazione del R.D. 345/1932 e falsa applicazione dell’art 65 D. lvo 42/2004; vizio di nullità o di incompetenza assoluta; subordinato eccesso di potere per palese contraddittorietà e sviamento.

La ricorrente chiede anche il risarcimento dei danni consistenti nelle spese di viaggio.

Anche rispetto ai motivi aggiunti si costituiva l’Amministrazione intimata, chiedendo il rigetto del ricorso.

In vista dell’udienza di merito le parti depositavano memorie a sostegno delle rispettive posizioni.

Alla pubblica udienza del 16 dicembre 2010 la causa veniva trattenuta in decisione dal Collegio.
Motivi della decisione

1) Il presente ricorso attiene ai provvedimenti adottati dalla Soprintendenza rispetto ad un dipinto, di proprietà della ricorrente, che come emerge dalla ricostruzione in fatto, è stato oggetto di una storia particolarmente complessa.

2) Prima di esaminare i singoli motivi, è opportuno soffermarsi sull’evoluzione dei fatti, evidenziando alcune date rilevanti:

il nonno, sig. L., muore nel marzo del 1928; la madre della ricorrente nel 2002;

il testamento olografo dell’avo della ricorrente è depositato e pubblicato con atto del 28 maggio 1928;

la convenzione tra lo Stato Italiano e il Comune di Firenze è del 4.3.1931; in detta convenzione il Soprintendente dell’Arte medioevale e Moderna, in rappresentanza del Ministero dell’educazione nazionale ha disposto l’esonero dei beni dalle disposizioni che limitano l’esportazione, per due anni dalla morte del de cuius o, nel caso di premorienza, dalla morte della figlia;

il bene è rimasto nella disponibilità della famiglia fino al 1944, quando viene prestato al Felmaresciallo V.R. e poi se ne perdono le tracce, fino al 2009.

3) Il ricorso non è fondato e va respinto per le ragioni di seguito esposte.

3.1 Nel primo motivo parte ricorrente eccepisce la nullità assoluta ex art 21 septies L. 241/90; la violazione della convenzione negoziale 4.3.1931 e del R.D. 3.3.1932 n. 345 in relazione agli artt. 11, 15 e 21 sexies L. 241/90 e 633 c.c.: la stipula della convenziona ha sottratto ogni potestà sull’opera pittorica, soprattutto in ordine all’adozione del vincolo storico artistico, in quanto il legato era stato condizionato all’ottenimento della licenza di esportazione di tutte le altre opere; è stato quindi adottato un atto in assenza assoluto di potere.

Il termine biennale per l’esercizio del diritto potestativo di esportare liberamente i beni, decorrerebbe solo dalla data della sentenza che definisce il presente giudizio, in quanto il quadro è stato consegnato alla proprietaria solo nel 2009.

Ostano ad avviso del Collegio una pluralità di ragioni per ritenere fondata la tesi di parte ricorrente.

La c.d. condizione è forse più correttamente qualificabile come onere imposto all’Amministrazione Pubblica, a fronte del legato ricevuto, a favore degli eredi.

Il modus infatti a differenza della condizione, obbliga ad una determinata prestazione, ma non sospende mai l’efficacia della disposizione.

Nel caso di specie oggetto dell’onere (che a ben vedere ricade sullo Stato, mentre il beneficiario del legato è il Comune), è la rinuncia ad esercitare un controllo su determinati beni; tale oggetto di traduce quindi nella sottoposizione di determinati beni degli eredi ad un regime speciale, derogatorio rispetto alla disciplina cui venivano sottoposti già al tempo i beni di interesse culturale.

Questo implicava non che il bene non fosse di interesse culturale, ma che lo Stato non potesse imporre vincoli o limiti alla esportazione per due anni.

Secondo la disposizione testamentaria, questo regime derogatorio sarebbe cessato dopo due anni dalla morte del de cuius o della figlia, che è deceduta nel 2002.

Considerando la morte della madre della ricorrente come momento da cui fare decorrere i due anni, il regime derogatorio é cessato nel 2004.

Sostiene parte ricorrente invece che il termine decorrerebbe dalla data della pubblicazione della presente decisione, perché prima il diritto non poteva essere esercitato.

La tesi non può essere condivisa.

Infatti fino a quando il quadro è stato nella disponibilità materiale della famiglia, cioè fino al 1942, non è stata presentata alcuna domanda di esportazione.

Viene invece richiesta l’applicazione del regime derogatorio nel 2009, ma oltre il termine previsto dal testatore, cioè il 2004.

Poiché, ai sensi dell’art 673 c.c. l’obbligazione dell’onerato si estingue se, dopo la morte del testatore, la prestazione è divenuta impossibile per causa a lui non imputabile, la circostanza che dal 2002 al 2004 il quadro non fosse nella disponibilità della ricorrente, comporta l’estinzione dell’onere, trattandosi di una impossibilità sopravvenuta, non imputabile all’onerato.

Per tale ragione la Soprintendenza ha correttamente applicato la disciplina vigente.

Nello stesso motivo viene lamentata anche la violazione degli artt. 13 e 65 D. lvo 42/2004, avendo l’Autorità statale competente già svolto le valutazioni sulla esportabilità e concludendo sulla possibilità di esportare l’opera pittorica.

Anche questo rilievo non è condivisibile, perché, come si dirà anche di seguito, mai è stato reso in precedenza un parere sulla esportabilità dell’opera.

Per tale ragione il motivo non è fondato.

3. 2 Nel secondo motivo parte ricorrente lamenta la violazione degli artt. 12 e 13 D. Lvo 42/2004, dell’art. 3 l. 241/90 per falsità dell’istruttoria e per falsa motivazione, nonchè lo sviamento di potere, in quanto la dichiarazione di interesse culturale sarebbe fondata sulla base di una relazione storicoartistica incompleta, che non accerta le circostanze fattuali.

La censura non ha pregio.

La dichiarazione di interesse culturale dell’opera è frutto di un approfondito studio sull’autore e sulla sua produzione.

Le vicende che hanno coinvolto il quadro e tutte le opere della collazione sono sicuramente di particolare rilievo storico, soprattutto per la famiglia, ma non hanno a che vedere con un giudizio di tipo artistico, che nel caso di specie risulta condotto in modo completo ed approfondito.

La relazione storico artistica allegata esamina i particolari pittorici ed evidenzia come l’opera, raffrontata con le altre dello stesso autore raffiguranti sempre Santa Caterina, sia espressione della maturità artistica, indicando le ragioni dell’ "elevata qualità d’esecuzione" di questa versione rispetto alle altre presenti in Italia.

Ricordando che nella valutazione sull’interesse storico di un bene, l’apprezzamento operato dall’Amministrazione presenta profili di discrezionalità particolarmente intensi, con il corollario che tale apprezzamento è sindacabile dal Giudice Amministrativo solo in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti in cui è evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto alla PA, si deve concludere che nel caso di specie non si ravvede alcun profilo di illegittimità, essendo la relazione sopra indicata precisa e puntuale sia dal punto di vista della ricostruzione della vita pittorica dell’autore, sia dell’esame pittorico.

3. 3 Nella terza censura viene invece lamentata la violazione degli artt. 3 e 21 quinquies e nonies della L. 241/90: sostiene parte ricorrente che essendovi già stato un parere positivo sull’esonero del dipinto dal vincolo, con il parere del Ministero dell’educazione nazionale reso sulla convenzione del 1931, l’Amministrazione avrebbe già consumato detto potere e quindi, con il presente atto, avrebbe adottato un contrarius actus, violando tuttavia l’art 21 quinquies e nonies.

La costruzione della ricorrente è alquanto artificiosa e non può essere condivisa, in quanto si fonda sulla erronea qualificazione del parere reso al tempo sulla convenzione del 1931.

I due pareri non hanno alcuna connessione.

Oggetto del primo parere è la convenzione e le condizioni ivi contenute: in tale sede il Ministero ha valutato differenti profili, ed in particolare la convenienza dell’operazione.

Il parere in esame invece attiene ad una singola opera, ed è stato effettuato dopo che il regime speciale delle singole opere era decorso.

3.4 Viene poi lamentata, nel quarto motivo, la violazione degli artt. 7 e segg. L. 241/90 e 14 D. lvo 42/2004, in relazione alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.

E’ indubbio che la ricorrente non abbia ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento, ma si verte qui in un caso in cui la sua partecipazione non avrebbe potuto condurre ad un esito diverso dal contenuto dell’atto adottato.

E’ infatti pacifico che la comunicazione di avvio del procedimento diventa superflua quando l’adozione del provvedimento finale è doverosa (oltre che vincolata) per l’Amministrazione e l’eventuale annullamento del provvedimento finale, per accertata violazione dell’obbligo formale di comunicazione, non priverebbe l’Amministrazione del potere (o addirittura del dovere) di adottare un nuovo provvedimento di identico contenuto.

Per le ragioni ampiamente rappresentate nella relazione storico artistica il quadro ha una rilevanza per il patrimonio italiano e quindi, anche la partecipazione della ricorrente non avrebbe potuto indurre l’Amministrazione ad adottare un atto di diverso contenuto.

Il motivo è quindi da respingere.

3.5 Quanto sopra dedotto circa la valutazione sulla rilevanza del bene è sufficiente per respingere anche il quinto motivo, in cui si contesta la valutazione della qualità artistica del dipinto, confutando i punti più salienti della relazione, al fine di dimostrare come mancherebbe il "pregio d’arte" dello stesso. Vi sarebbe un riferimento generico alla provenienza del dipinto dalla collezione Doria, senza l’indicazione di un documento d’archivio; non sarebbe motivata la valutazione del dipinto come opera di pregio; inoltre l’omessa dichiarazione di vincolo non potrebbe arrecare alcun danno al patrimonio culturale italiano, vista la presenza di altre opere dello stesso autore con lo stesso soggetto.

Oltre a quanto sopra dedotto, va ribadito che la relazione raffronta il dipinto con altri dello stesso autore, per dimostrare come quello in esame sia l’opera più completa, risultato della maturazione artistica dell’autore.

La presenza di altre opere dello stesso autore con la medesima raffigurazione non esclude l’interesse dello Stato all’opera stessa.

4) Con i motivi aggiunti viene invece impugnato l’atto di archiviazione alla istanza di esportazione.

4.1 Nel sesto motivo si lamenta la violazione dell’art 2 L. 241/90 in relazione all’art 65 comma 3 D. lvo 42/2004: sostiene parte ricorrente che l’Amministrazione avrebbe dovuto concludere il procedimento con un atto espresso, mentre ha utilizzato una formula che potrebbe risultare interlocutoria ("irricevibilità della domanda").

Il motivo non ha pregio, in quanto dall’atto si deduce senza alcun dubbio il contenuto di rigetto dell’istanza e la natura conclusiva del provvedimento stesso, che è stato infatti impugnato in questa sede.

4.2 Nel settimo motivo viene lamentata la violazione dell’art 10 bis L. 241/90 in relazione all’art 21 octies e il difetto di istruttoria.

E’ sufficiente richiamare le osservazioni riportate al punto 3.3, ove è stato dimostrato come le violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale dell’atto.

4.3 Parimenti infondata è l’ottava censura, relativa al difetto di istruttoria e di coerente motivazione, nonché alla violazione degli artt. 136 e segg. R.D. 363/1913, perché "mancherebbe l’acquisizione del parere dell’apposita commissione collegiale stabilita dal primo degli articoli indicati in rubrica" (id est l’art 136 del R.D. 363/1913).

Detta disposizione disciplina l’attività materiale che deve essere posta nel caso in cui il bene venga esportato all’estero, imponendo che "la verifica ai colli, fatta dai tre funzionari a ciò addetti, deve, sotto la loro personale responsabilità, essere minuta e diligente".

La disposizione presuppone quindi che sia stata data l’autorizzazione all’esportazione del bene, presupposto che nel caso in esame non si è verificato.

4.4 Nel nono e ultimo motivo viene affermata la nullità del provvedimento dequo, in quanto sarebbe stata violata la lex specialis di cui al R.D. 345/1932, di approvazione della convenzione. Sul punto si rinvia alle ragioni che hanno portato il Collegio a respingere il primo motivo, ritenendo che non sussista più, dal 2004, il regime speciale di libera esportazione dei beni del patrimonio L..

5) In conclusione sia il ricorso sia i motivi aggiunti vanno respinti.

In considerazione della particolarità del ricorso e dei fatti di causa, le spese di giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi aggiunti, li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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