Cass. civ. Sez. I, Sent., 24-03-2011, n. 6818 Diritti politici e civili Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Venezia ha parzialmente accolto la domanda di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 proposta da B.E. e C.G. in riferimento al giudizio promosso innanzi al TAR Lazio con ricorso depositato il 26.4.2000 e ancora pendente, avente ad oggetto la richiesta di riconoscimento di indennità di missione in relazione ai giorni di riposo compensativo.

La Corte d’appello, fissato il termine di ragionevole durata del giudizio in anni tre, ha liquidato a ciascun ricorrente, a titolo di equa riparazione per il danno non patrimoniale, per il periodo eccedente detto termine (anni 4 e mesi 9), in considerazione della posta in gioco e del carattere collettivo del ricorso, complessivi Euro 2.500,00, con compensazione parziale delle spese del giudizio.

Per la cassazione di questo decreto gli attori hanno proposto distinti ricorsi formulando un solo e identico motivo.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso in entrambi i procedimenti, riuniti all’udienza di discussione perchè relativi a ricorsi proposti contro il medesimo provvedimento.

I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c. 2.- Con l’unico motivo di ricorso i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 6 CEDU, L. n. 89 del 2001, art. 2 e art. 3 Cost. e deducono che la modestia della posta in gioco ovvero la natura collettiva del ricorso non possono giustificare il discostamento dal parametro di Euro 750,00 ad anno di ritardo, per i primi tre.

Invoca la giurisprudenza di questa Corte, anche recente. Il ricorso è fondato perchè questa Corte ha già avuto modo di precisare e ribadire (Sez. 1, Ordinanza n. 23350 del 18 novembre 2010) che la presunzione di danno non patrimoniale notoriamente connessa a situazioni soggettive provocate da un giudizio durato troppo a lungo, la cui connotazione in termini di irragionevolezza è, potrebbe dirsi, ancor più marcata in presenza di domande palesemente infondate e, come tali, suscettibili di immediata risoluzione, non può essere superata, tra l’altro, dalla circostanza che il ricorso amministrativo, inerente a rivendicazioni di categoria, sia stato proposto da una pluralità di attori, considerato che la proposizione di un ricorso in forma collettiva e indifferenziata non equivale certamente a trasferire sul "gruppo", come entità amorfa, e quindi a neutralizzare situazioni di angoscia o patema d’animo riferibili specificamente a ciascun singolo consorte in lite (Sez. 1, Sentenza n. 27610 del 2008). In proposito va ricordato che ai fini della liquidazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’ambito della valutazione equitativa, affidato al giudice del merito, è segnato dal rispetto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, per come essa vive nelle decisioni, da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, di casi simili a quello portato all’esame del giudice nazionale, di tal che è configurabile, in capo al giudice del merito, un obbligo di tener conto dei criteri di determinazione della riparazione applicati dalla Corte europea, pur conservando egli un margine di valutazione che gli consente di discostarsi, purchè in misura ragionevole, dalle liquidazioni effettuate da quella Corte in casi simili (Sez. U, Sentenza n. 1340 del 26/01/2004). Non appare ragionevole, per contro, il dimezzamento della misura dell’indennizzo per la sola caratteristica di ricorso "collettivo" della domanda proposta dal ricorrente. Ravvisandosi le condizioni per la decisione della causa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., dovendosi quantificare il periodo di eccessiva durata del processo in 4 anni e mesi 9, tenuto conto dei criteri per la liquidazione del danno non patrimoniale stabiliti dalla CEDU e da questa Corte (v. per tutte Sez. 1, Sentenza n. 21840 del 14/10/2009), l’indennizzo va determinato nella misura di Euro 4.000,00, con gli interessi dalla domanda.

Le spese del giudizio vanno poste a carico della parte soccombente e vanno liquidate come in dispositivo, secondo le tariffe vigenti ed i conseguenti criteri di computo costantemente adottati da questa Corte per cause similari. Spese distratte.
P.Q.M.

LA CORTE accoglie i ricorsi riuniti nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere a ciascuna parte ricorrente la somma di Euro 4.000,00 per indennizzo, gli interessi legali su detta somma dalla domanda e le spese del giudizio:

che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 456,00 per diritti e Euro 445,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario; e per il giudizio di legittimità, che determina per l’intero in Euro 525,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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