Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 21-01-2011) 11-02-2011, n. 5313 Motivazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il 20 giugno 2001 F.M.R., dipendente della "Metro" di (OMISSIS), redarguiva T.N. che era abusivamente entrata nell’area di parcheggio riservata ai lavoratori di quella società.

Ne nasceva un diverbio con lo strascico di rispettive querele, che conduceva le litiganti avanti al Tribunale di Roma che, con sentenza del 27.10.2006, così decideva:

– dichiarava la T. colpevole dei reati di ingiuria, minaccia, lesioni personali lievissime, diffamazione e calunnia e la condannava a congrua pena nonchè al risarcimento del danno in favore della F.;

– assolveva la F. dal reato di ingiuria perchè il fatto non sussiste.

La T. proponeva impugnazione e la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 12 marzo 2010, la proscioglieva dai primi tre reati ascrittile per tardività della querela e dalla diffamazione e calunnia per prescrizione, confermando le statuizioni civili.

Contro quest’ultima sentenza ricorre la T., che, nella duplice veste di imputata e parte civile, denuncia:

– mancanza e contraddittoria motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico relativo ai reati di diffamazione e calunnia;

– nullità della sentenza a norma dell’art. 546 c.p.p., comma 3, per omessa pronuncia sul motivo d’appello che impugnava, ai soli fini civili, l’assoluzione della F. dal reato di ingiuria; in subordine, erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione, perchè la Corte di merito afferma che si era verificato uno scambio reciproco di offese inquadrabile nella fattispecie prevista dall’art. 599 c.p., mentre nessuna ingiuria sarebbe stata in realtà pronunciata dalla ricorrente.

2. I motivi di ricorso sono privi di fondamento.

Il primo, perchè la sentenza impugnata, sia pure con motivazione estremamente sintetica, che però può essere integrata con quella contenuta nella sentenza di primo grado, ha spiegato le ragioni per cui ha disatteso l’ipotesi che l’imputata non avesse percepito l’esatto svolgersi dei fatti, argomentando, secondo logica ed esperienza, che la stessa, per l’energia e prontezza d. riflessi dimostrate nel corso del diverbio, non poteva avere equivocato sul presunto ceffone che non aveva in realtà ricevuto. E pertanto aveva mosso la falsa accusa di percosse con piena consapevolezza del mendacio.

In ordine al secondo motivo di ricorso, si osserva che il dispositivo della sentenza impugnata va letto in connessione con quello della sentenza di primo grado, di cui costituisce, per l’accoglimento dei motivi di impugnazione della T., la riforma. Risulta allora evidente che, non contenendo esso la condanna della F. al risarcimento del danno in favore dell’appellante, la relativa doglianza è stata respinta.

Tale rigetto è stato congruamente giustificato in base alla considerazione che le offese – come è risultato dalle testimonianze assunte nel corso del dibattimento – furono reciproche. Sul punto si è più diffusamente soffermato il giudice di primo grado, che ha motivato l’assoluzione della F. sottolineando che l’epiteto di "maleducata" fu da lei pronunciato per immediata reazione al comportamento scorretto della T., che l’aveva colpita con l’agenda tenuta in mano, facendole cadere gli occhiali.

Il ricorso deve dunque essere rigettato con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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