T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 08-02-2011, n. 388 Armi da fuoco e da sparo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

– che, con decreto datato 23.06.2010 il Questore di Milano, ha revocato la licenza di porto di fucile per uso caccia già rilasciata in favore di R.M. in quanto: a) egli è stato sottoposto a procedimenti penali per violazione della legge sull’attività venatoria, peculato e abuso d’ufficio (avere esercitato la caccia in un’oasi di protezione, sparando da autoveicoli e utilizzando momentaneamente l’autovettura altrui per fini personali procurando intenzionalmente un danno ingiusto in qualità di Pubblico Ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni), con la precisazione che tali procedimenti sono stati oggetto di archiviazione; b) egli risulta destinatario di un provvedimento di sequestro penale di numerose munizioni, detenute in misura eccedente il limite legale, rinvenute presso la sua abitazione nell’ambito di un normale controllo di polizia;

– sul punto vale osservare che, nella materia in esame, i poteri dell’Autorità di P.S. sono ampiamente discrezionali e finalizzati alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblici, sicché i relativi provvedimenti negativi sono sufficientemente motivati mediante il riferimento a fatti idonei a far dubitare, anche solo per indizi, della sussistenza dei requisiti di affidabilità richiesti dalla normativa (cfr. in argomento, tra le tante, T.A.R. Molise Campobasso, sez. I, 02 aprile 2008, n. 109), fermo restando che rientra nella discrezionalità amministrativa la valutazione, ai fini del giudizio di affidabilità rispetto al non abuso dell’arma, di singoli episodi anche privi di rilevanza penale (cfr. in argomento T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 28 febbraio 2008, n. 341; T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 17 marzo 2007, n. 1317);

– che le censure formulate nel ricorso (volte a contestare i presupposti della revoca in termini di difetto di istruttoria e di motivazione) possono essere trattate congiuntamente perché strettamente connesse sul piano logico e giuridico e non meritano condivisione;

– che, difatti, nel caso di specie il riferimento contenuto nel provvedimento all’esecuzione del sequestro penale di munizioni detenute in misura eccedente il quantitativo legale vale a supportare la determinazione assunta dall’amministrazione in quanto: a) la dichiarazione resa dal Presidente Regionale dell’Associazione Nazionale Libera Caccia ha contenuto generico e non specifica che lo specifico quantitativo di munizioni sequestrato era giustificato dalla realizzazione del piano controllo piccioni; b) non è documentato che le munizioni siano state acquisite presso le armerie segnalate dall’Associazione, mentre la dichiarazione afferma che l’acquisto finalizzato all’abbattimento di nocivi avviene secondo tali modalità; c) la dichiarazione non vale, comunque, a dimostrare l’utilizzo delle munizioni di grosso calibro sequestrate per il fine indicato; d) difatti, la successiva documentazione prodotta dal ricorrente (dichiarazione del Presidente dell’Associazione nazionale libera caccia del 05.05.2009) dimostra il conferimento al R. dell’incarico di acquistare solo munizioni calibro 12 e 20, mentre il sequestro ha avuto ad oggetto anche munizioni cal. 30/86, cal. 28 e cal. 8, in ordine alle quali il ricorrente non ha offerto alcuna giustificazione sulle ragioni della detenzione;

– che, del resto, ai fini della completa ricostruzione della fattispecie, va considerato che, dalla documentazione prodotta dal ricorrente in data 31.01.2011, emerge che egli è stato condannato con sentenza del Tribunale di Milano depositata in data 30.11.2010 per avere detenuto presso la propria abitazione senza farne denuncia le munizioni oggetto del sequestro, ex art. 697 c.p.,

– che, pertanto, la mancanza di valide e dimostrate ragioni in ordine alla detenzione di un quantitativo di munizioni di grosso calibro integra un elemento in forza del quale è del tutto ragionevole dubitare dell’affidabilità del ricorrente, ai fini del mantenimento della licenza revocata;

– che il provvedimento impugnato, oltre a basarsi su specifiche risultanze istruttorie, esplicita, seppure in modo sintetico, il quadro fattuale e giuridico posto a suo fondamento, sicché sono immediatamente percepibili le ragioni sottese alla determinazione assunta, con conseguente infondatezza della censura di carenza motivazionale, specie considerando che, secondo la costante giurisprudenza, la motivazione dei provvedimenti in materia di armi, attesa l’ampia discrezionalità che li caratterizza, è censurabile solo se del tutto mancante o manifestamente illogica, in quanto spetta all’Amministrazione decidere se il soggetto dia o meno affidamento in ordine al non abuso dell’arma (cfr. C.d.S., sez. IV, 19 dicembre 1997, n. 1440; Tar Veneto, 1 giugno 2001, n. 1383; Tar Piemonte, sez. II, 14 aprile 2004, n. 849);

– che, in definitiva, il ricorso è infondato e deve essere respinto, mentre le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando, respinge il ricorso.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 1.000,00 (mille).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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