Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 20-01-2011) 11-02-2011, n. 5310

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1, N.F. ricorre contro la sentenza 8.4.2010 della Corte d’appello di Lecce che, nel confermare l’affermazione di colpevolezza in ordine al reato previsto dall’art. 385 c.p. – per essersi arbitrariamente allontanato dal luogo in cui, quale persona sottoposta al regime degli arresti domiciliari, era stato autorizzato a prestare attività lavorativa – concedeva le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva contestata, riducendo la pena inflitta a mesi sette di reclusione.

Nei motivi di gravame denuncia:

1. violazione della legge penale, per avere il giudice di merito disconosciuto lo stato di necessità o comunque il difetto di dolo, assumendo che si era recato nel vicino bar per prendere un farmaco gastroprotettore;

2. violazione del divieto di reformatio in peius, perchè la Corte d’appello, pur riducendo la pena a seguito della concessione delle attenuanti generiche, ha calcolato la nuova sanzione partendo da una pena base superiore a quella stabilita dal primo giudice.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato, perchè il giudice di merito ha logicamente escluso la sussistenza della pretesa causa di giustificazione (e, in subordine, dell’asserito difetto di dolo), osservando che l’imputato fu sorpreso seduto ai tavolini di un bar distante un centinaio di metri dal luogo di lavoro, mentre consumava un gelato in compagnia di un pregiudicato e, quindi, in una situazione di assoluto relax che contraddiceva la dedotta esigenza di allontanarsi dal posto di lavoro.

E’ invece fondato il secondo motivo di gravame, perchè, secondo l’insegnamento di questa Corte (v. Sezioni Unite, 27.9.2005 n. 40910, William Morales, rv 232066), il divieto di reformatio in peius della sentenza appellata dal solo imputato non riguarda solo l’entità complessiva della pena, ma tutti gli elementi autonomi che concorrono alla sua determinazione. Pertanto il giudice d’appello, anche quando riconosce una circostanza attenuante e per l’effetto irroga una sanzione inferiore a quella applicata in precedenza, non può fissare la pena base in misura superiore a quella determinata in primo grado.

Nella specie la Corte territoriale, nel ricalcolare la pena a fronte della concessione delle attenuanti generiche ritenute equivalenti alla recidiva contestata, ha fissato la pena base in mesi dieci e giorni quindici di reclusione, e quindi in misura superiore a quella di mesi nove già stabilita dal tribunale.

A riparare l’errore può provvedere direttamente questa Corte a norma dell’art. 620 c.p.p., lett. l), ristabilendo la corretta pena base e apportandovi la diminuzione di un terzo per il rito abbreviato (pena base m. 9 – art. 442 = m. 6).
P.Q.M.

La Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata limitatamente alla pena infitta, che rettifica in mesi sei di reclusione; rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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