Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 13-01-2011) 11-02-2011, n. 5322 Sentenza di non luogo a procedere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Procuratore della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere ha impugnato, nelle forme dell’appello, la sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 c.p.p., pronunciata il 13 novembre 2009 dal G.U.P. del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e nei confronti dei corrispondenti proscioglimenti di: R.D., Assessore all’urbanistica e Responsabile del Servizio, in ordine ai capi G), GG) e JJ), perchè il fatto non sussiste; Z.G., istigatore, in ordine ai capi H), GG) e JJ) perchè il fatto non sussiste; D.B.G., istigatore, in ordine ai capi H), GG) e JJ) perchè il fatto non sussiste; D.S.E., Sindaco del Comune di Pietravairano, in ordine ai capi G), GG), JJ) e KK) perchè Il fatto non sussiste; I.R., ingegnere, in ordine al capo KK) perchè il fatto non sussiste; S.A.F., componente della Giunta Comunale, in ordine ai capi GG), JJ) perchè il fatto non sussiste e II) perchè il fatto non costituisce reato;

L.F., componente della Giunta Comunale in ordine al capo II) perchè il fatto non costituisce reato.

La Corte di appello di Napoli, con provvedimento 17 giugno 2010, rilevato trattarsi di appello avverso sentenza impugnabile mediante il solo ricorso per cassazione, ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello, disponendo la trasmissione degli atti con la corrispondente richiesta di emissione del decreto che dispone il giudizio in relazione ai soli reati dei capi G, GG, II, JJ, KK. 1.2) La ricostruzione dei fatti.

Il procedimento nasce da una complessa attività di indagine, che ha riguardato la gestione degli appalti pubblici nel comune di Pietravairano all’epoca dell’amministrazione guidata dal sindaco R.D..

In tale ambito la Polizia giudiziaria ha compiuto una serie di accertamenti consistiti: nell’acquisizione della documentazione relativa agli appalti; nell’esame di persone che risultavano avere partecipato alle gare, non risultando vincitrici a causa, secondo il P.M., di un preventivo accordo illecito che il sindaco R. D. e l’assessore D.S. avevano stipulato con imprenditori dell’agro aversano ( Z. e D.B.); nell’attivazione di servizi di intercettazione sulle utenze telefoniche di alcuni soggetti coinvolti, al fine di meglio delineare la natura dei rapporti esistenti tra i pubblici amministratori e gli imprenditori partecipanti alle gare d’appalto.

La sentenza, impugnata dal Procuratore della Repubblica, ha esaminato in via incidentale, quei capi di imputazione per i quali si è ritenuto utile un vaglio dibattimentale, e ha dato conto solo di quelle imputazioni, caratterizzate da un compendio probatorio ritenuto ab origine insufficiente e non suscettibile di evoluzioni e/o integrazioni in un eventuale dibattimento, così da imporre la pronunzia di non luogo a procedere ex art. 425 c.p.p..
Motivi della decisione

Con memoria 12 gennaio 2011 il difensore del L. ha rilevato che l’appello convertito del Procuratore della Repubblica non conterrebbe vizi di violazione di legge o di motivazione, idonei a determinare l’annullamento della sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 c.p.p. ed in secondo luogo sarebbe stato proposto da "soggetto carente di legittimazione".

Trattandosi di deduzioni di interesse preliminare alla decisione va subito rilevato che, contrariamente al generico assunto difensivo, l’impugnazione convertita del Procuratore della Repubblica concerne palesemente sia violazioni di legge che vizi di motivazione rilevanti ai fini dell’annullamento e che il P.M. aveva piena legittimazione ad impugnare nei termini e con il tenore dell’atto redatto e depositato.

1.) l’impugnazione del Procuratore della Repubblica e la decisione della Corte per i singoli capi di imputazione.

Preliminarmente, per rispondere al rilievo del difensore di Z., va subito chiarito che il gravame del P.M. non comprende affatto l’imputazione del capo H), sulla quale quindi nessuna valutazione può essere svolta in questa sede.

Per il Procuratore della Repubblica impugnante, l’attività investigativa, supportata da una eterogeneità di fonti di prova (dichiarativa, tecnica e intercettazioni) avrebbe consentito di ricostruire un quadro probatorio saldo che ha superato il vaglio del Tribunale del riesame di Napoli.

In buona sostanza per il P.M. si sarebbe accertata l’esistenza di un’associazione per delinquere, operante almeno dal 2003, connotata dall’esistenza di un vero e proprio comitato di affari, costituito in seno all’amministrazione comunale di Pietravairano, dedito da numerosi anni ed in modo sistematico alla mercificazione della cosa pubblica, amministrata e gestita nell’esclusivo interesse economico dei sodali, in totale spregio dei principi costituzionali di imparzialità, trasparenza e di buon amministrazione.

Rileva il Procuratore della Repubblica che un apporto decisivo all’attività di indagine fu offerto dalla collaborazione dell’imprenditore R.V., il quale, oltre a rendere precise e dettagliate dichiarazioni, si era prestato all’installazione sulla sua persona di un microfono durante alcuni importanti incontri con pubblici amministratori. Tale attività intercetti va si era poi estesa anche alle utenze dei principali indagati e all’auto di D.S.E..

R.V., successivamente indagato per corruzione, sentito in Procura con le garanzie di legge, confermava pienamente tutte le dichiarazioni rese in precedenza in qualità di persona offesa, così sanando i profili di inutilizzabilità delle sue dichiarazioni.

Osserva il ricorrente e giustamente:

a) che le stesse dichiarazioni che erano state ribadite dal R. V. in sede di interrogatorio, risultavano giù nel corso delle indagini preliminari pienamente riscontrate ex art. 195 c.p.p. rendendo così incomprensibile la ragione per cui il GUP nella sentenza impugnata (pag 12 rigo 14) ancora si ponga il problema della loro inutilizzabilità patologica;

b) che il quadro probatorio risulta ancora caratterizzato da un accentuato evolversi dell’attività investigativa, che consentiva di individuare, anche grazie all’ausilio determinante del consulente tecnico d’ufficio per un arco temporale molto ampio di circa cinque anni, un ingente numero di gare pubbliche falsate e pilotate, mediante reiterate violazioni della normativa di settore, per importi di milioni di Euro, dagli imputati ( R.D., D.S. E., P., D.D., C.) avente come scopo quello di assicurare l’aggiudicazione della maggior parte dei lavori a Z. e D.B., o a ditte prestanomi, lasciando la rimanente parte a titolari di ditte "disponibili" nei confronti dei pubblici funzionari;

c) che la presenza costante, negli anni, degli stessi arrendevoli" progettisti e direttore dei lavori, legati da vincoli di amicizia e parentela ai pubblici amministratori, aveva come scopo di assicurare e garantire ai predetti imprenditori "paganti" un tranquillo svolgimento dei lavori, senza problemi nè fastidi anche meramente strumentali sino all’emissione dei S.A.L.. d) che a tale emissione corrispondeva generalmente il pagamento da parte dell’imprenditore delle tangente o contributo", celati contabilmente attraverso fatture gonfiate, rilasciate da C. P., presso il quale si dovevano necessariamente acquistare le materie prime;

e) che nella specie era ravvisabile un consolidato modello operativo che si articolava: 1. nella predisposizione ad hoc di un progetto di opera pubblica da appaltare mediante la collaborazione dei medesimi professionisti; 2. nell’indizione di un APPALTO nella forma del pubblico incanto in violazione delle regole di pubblicità previste dalla normativa di settore, in modo da impedire la partecipazione di imprese estranee; 3. negli inviti per le trattative private diretti a ditte non professionalmente idonee, compiacenti o meri prestanomi; 4. nell’aggiudicazione della gara pubblica sempre ai medesimi soggetti economici; 5. nello svolgimento del lavoro pubblico sotto la direzione compiacente dei medesimi professionisti; 6. nell’acquisto dei materiali edili necessariamente dalla ditta di C.; 7. nella liquidazione da parte dei predetti professionisti di SAL (stato avanzamento lavori) gonfiati, riportanti lavori non corrispondenti a quelli effettivamente realizzati; 8. nel pagamento della tangente pari al 10% -15% dell’importo del SAL; 9. nell’emissione delle fatture fittizie al fine di occultare contabilmente il pagamento delle tangenti.

Su tali premesse si articola quindi l’impugnazione del Procuratore della Repubblica.

1.1) il reato di cui al capo sub G).

D.S.E., R.D. e R.R. sono accusati del reato di cui agli artt. 110, 81 c.p.v., 319 e 319 bis c.p. perchè in concorso tra loro, i primi due in qualità rispettivamente di Sindaco del Comune di Pietravairano e di Assessore all’urbanistica e di Responsabile del Servizio, ricevevano dal R.R., legale rappresentante della ROTONDO & C s.r.l. imprecisate somme di denaro e altre utilità per compiere atti contrari al loro ufficio e segnatamente per pilotare in favore della sua società i seguenti appalti: "Lavori di completamento e sistemazione ed adeguamento della strada rurale (OMISSIS)" indetto nel mese di gennaio 2007 per importo a base di asta di 224.383,28 Euro; "Lavori di realizzazione di aree parcheggio comunali in via (OMISSIS) ecc" indetta nel mese di gennaio 2007 per importo di 210.000 Euro; in (OMISSIS).

Secondo il G.U.P., che ritiene inverosimili le dichiarazioni del R.R. (nei termini fortemente criticati nell’odierno ricorso), per tali accuse restano le sole dichiarazioni del R. V. e l’intercettazione telefonica.

Ciò posto, la gravata sentenza sostiene che, pur recependo la versione resa da costui e superati i profili di inutilizzabilità patologica, l’accordo corruttivo non era stato ancora raggiunto e non era nemmeno stata avanzata la richiesta di tangente.

In buona sostanza, il R.R. aveva avuto assicurazioni di aggiudicarsi due gare (cosa che era poi puntualmente avvenuta), ma ancora non si era seduto a tavolino con gli amministratori comunali per verificare se costoro chiedessero qualcosa in cambio e quale fosse l’importo della tangente.

Il G.U.P., pur ritenendo altamente probabile che la richiesta di tangente sarebbe prima o poi arrivata, ipotizza nella specie da un primo punto di vista un progetto corruttivo oppure, da altro punto di vista, l’aspettativa di una tangente; si verserebbe pertanto in una situazione propedeutica ad una futura corruzione, situazione ancora fluida e magmatica, non connotata dai requisiti di idoneità e di univocità, in funzione dei quali si possa ritenere raggiunta la soglia della punibilità: da ciò il proscioglimento degli imputati perchè il fatto non sussiste.

A fronte di tale conclusione e con l’impugnazione del capo G) il Procuratore della Repubblica:

a) contesta il ragionamento del G.U.P. laddove focalizza l’attenzione solo su tre elementi (dichiarazioni di R.V. – indicate erroneamente come patologicamente inutilizzabili; dichiarazioni di Ci.An. e intercettazione ambientale del 5.04.2007 prog. n. 8 Rit 542) slegandoli dal complessivo contesto probatorio;

b) lamenta che il G.U.P. non abbia fornito adeguata valutazione prognostica negativa (per il futuro dibattimento) sugli altri elementi di prova, la cui rilevanza apparirebbe innegabile e decisiva al fine di dimostrare l’esistenza di un accordo corruttivo tra i pubblici amministratori e il privato imprenditori;

c) precisa in fatto che R.R., sulla scorta delle dichiarazioni rese da R.V. – confermate in sede di interrogatorio e pienamente confermate dalle intercettazioni ambientali e telefoniche, oltre che da verbali di sommarie informazioni, era stato avvicinato nell’estate del 2005 da D.S. E., il quale gli aveva offerto di aggiudicarsi tre appalti, dietro pagamento del 5% dell’importo contrattuale, appalti per i quali non era ancora stato indetto il bando;

d) sottolinea che il D.S. ha ammesso di aver scaricato sul computer di R.V. il progetto degli appalti in contestazione;. e) evidenzia che il R.R. e R.V. (entrambi esasperati dal sistema di corruzione imperante sul Comune di Pietravairano che impediva loro di aggiudicarsi gli appalti se non sottostando alle richieste di denaro a titolo di tangente) si erano recati presso l’ufficio del D.S. ove accettavano la promessa del 5% dell’importo degli appalti su menzionati;

f) segnala in fatto che nel corso di successivi incontri la percentuale originariamente richiesta era aumentata al 10 % e il D. S. richiedeva come ulteriore condizione ai due imprenditori di dividere i tre appalti con le ditte di Z. e D.B., suoi consociati nell’associazione per delinquere ricostruita nei corso delle indagini;

g) rammenta infine che R.V. e R.R. hanno rifiutato tale accordo in quanto restii ad avere rapporti di qualunque genere con i due imprenditori Z. e D.B., accusati di aver monopolizzato la gestione degli appalti sul Comune di Pietravairano.

Per il Procuratore della Repubblica tali circostanze, riferite dal R.V., risultano confermate nel corso dell’intercettazione ambientale del 20 marzo 2009 ore 8.49, allorquando R.V. e D.S.E. nel ripercorrere la vicenda prima dell’estate del 2005, indicavano in L. ( R. R.) la persona cointeressata agli appalti al pari di R. V..

Quali ulteriori sintoniche validazioni degli assunti accusatori sono indicate, nell’impugnazione, tra l’altro e nell’ordine: 1) l’incontro a cena per convincere R.V. a sottostare alle richieste;

2) l’asserzione intercettata del D.S. che se il R. V. avesse accettato quanto propostogli ciò sarebbe stato l’inizio della collaborazione con la giunta comunale e la base per ottenere successivamente condizioni migliori; 3) il raffronto delle dichiarazioni dell’assessore D.S. e dei due imprenditori R. ed altri, e con utilizzazione mirata delle conversazioni ambientali registrate della testimonianza dell’avv. S., delle dichiarazioni di Ci., e dalle dichiarazioni di C.P. cognato e correo di D.S.; 4) la confidenza di R. R. a R.V. che lui si sarebbe aggiudicato entrambi gli incanti; 5) la profonda conoscenza del R. R. delle dinamiche dell’associazione, al punto da rassicurare l’amico V. che si sarebbe informato se la pretesa di corrispettivo si estendesse anche per "lavori di piccola entità"; 6) la precisa informazione da parte del R.R. (pr. 499 del 19 maggio 2007 rit. 602) del ruolo di C.P., quale collettore delle tangenti; 7) il maldestro tentativo di R. R. di contrastare l’evidenza delle risultanze delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, anche per gli episodi accaduti nel 2005, pur ammettendo la necessità di tangenti; 8) la disamina dell’aggiudicazione dei due appalti in questione; 9) le dichiarazioni rese al P.M. dal C.P., cognato e correo di D.S.E., totalmente ignorate dal G.U.P., il quale ebbe ad assistere ad una conversazione tra il cognato e R.R. nel corso della quale il primo rassicurò il secondo sull’attribuzione delle due gare ("non ti preoccupare quelle due gare le fai tu").

Il motivo di impugnazione è fondato.

Invero, una volta ribadito che il giudice dell’udienza preliminare ha il potere di pronunziare la sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 c.p.p. in tutti quei casi nei quali non esista una prevedibile possibilità che il dibattimento possa approdare ad una soluzione conforme alla prospettazione accusatoria, è tuttavia necessario che si precisi:

a) che non rientra nel potere del giudice effettuare un giudizio prognostico in esito al quale si pervenga ad una valutazione di innocenza dell’imputato, in quanto il parametro di riferimento non è "l’innocenza" ma "l’impossibilita di sostenere l’accusa in giudizio";

b) che l’insufficienza e la contraddittorietà degli elementi per sostenere l’accusa in giudizio, devono avere caratteristiche tali di evidenza da non poter essere ragionevolmente considerate superabili nel giudizio stesso (cfr. in termini: Cass. Pen. sez. 4, 26410/2007, Rv. 236800).

In conclusione, a meno che ci si trovi in presenza di elementi palesemente insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio per l’esistenza di prove positive di innocenza o per la manifesta inconsistenza di quelle di colpevolezza, la sentenza di non luogo a procedere non è consentita quando l’insufficienza o contraddittorietà degli elementi acquisiti possano entrambe essere superate in dibattimento.

Orbene, proprio una rigorosa applicazione delle regole ermeneutiche dianzi richiamate consente di concludere per l’accoglimento del ricorso, in adesione alle richieste del Procuratore della Repubblica non avendo fatto il giudice di merito buon governo delle norme che ha inteso applicare.

Invero anche ammessa la contraddittorietà o l’insufficienza degli elementi che confortano l’accusa in punto di sussistenza o meno degli estremi oggettivi e soggettivi degli illeciti contestati, il compendio dei dati descritti dal G.U.P., ed esaminati alla luce delle logiche ed accettabili osservazioni critiche del ricorrente, impedisce, all’evidenza, la conclusione della gravata sentenza che ci si trovi in presenza di elementi palesemente insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio per l’esistenza di prove positive di innocenza o per la manifesta inconsistenza di quelle di colpevolezza.

La giustificazione offerta sul punto dal G.U.P. è stata condotta con una complessiva incompleta considerazione degli elementi di accusa, senza la necessaria valutazione comparativa delle molteplici emergenze processuali, anche oggettive, ed in particolare, tra l’altro, con l’integrale omissione delle suggestive dichiarazioni di C.P., cognato e correo di D.S.E., ed ancora e soprattutto, senza una adeguata e rigorosa indicazione delle ragioni concernenti l’insuperabilità in dibattimento dell’insufficienza o contraddittorietà degli elementi acquisiti.

Va quindi per tale capo disposto annullamento con rinvio per nuovo esame sul punto.

1.2) il reato di cui ai capo GG):

D.S.E., R.D., Z.G., D.B. G., S.A., sono accusati del reato di cui agli artt. 110 e 323 c.p. perchè in concorso tra loro il primo di Responsabile del Servizio il secondo di Sindaco il terzo e quarto di istigatori, gli altri In qualità di componenti della Giunta Comunale, adottavano e approvavano in violazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 132, comma 1 con Delib. Giunta 13 febbraio 2008, n. 8 una variante al progetto di Pubblica Illuminazione L.R. n. 3 del 1996 per un importo contrattuale di 87.257,15 (pari a circa il 18% in aumento rispetto all’importo contrattuale) in assenza di istruttoria e motivato esame dei fatti come richiesto dalla legge – trattandosi di meri lavori di completamento e miglioria-, al sol fine di procurare un ingiusto profitto economico a D.B.G. e Z.G.. In (OMISSIS).

1.3) il reato di cui al capo sub JJ):

D.S.E., R.D., Z.G., D.B. G., S.A. sono accusati del reato di cui agli artt. 110 e 323 c.p. perchè in concorso tra loro il primo di Responsabile del Servizio tecnico il secondo di Sindaco e di istigatore il terzo e quarto di istigatori, il quinto di responsabile del servizio ai lavori pubblici ed esecutore materiale, adottavano una variante in corso d’opera in palese violazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 132 e segnatamente il S. con nota del 1.07.2008 indirizzata ai direttori dei lavori – D.D., I. e A. – promuoveva in violazione del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 134, comma 3 la redazione di una ulteriore variante avendo l’esigenza, tra l’altro di realizzare un bagno per disabili e l’impianto di condizionamento nella biblioteca comunale – lavori completamente estranei al progetto e alle lavorazioni relative – e su perizia di variante dei direttori dei lavori, trasmessa il 15.06.2008 – e unitamente a D.S.E. approvava con determina n. 92 del 28.07.2008 – una variante in palese violazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 132 al progetto di Pavimentazione stradale e impianto di smaltimento acque reflue e meteoriche L.R. n. 3 del 1996 per un maggiore importo contrattuale di 27.094,00 (pari a circa il 6,24% in aumento rispetto all’importo contrattuale) al sol fine di procurare un ingiusto profitto economico a D.B.G. e Z.G.. In (OMISSIS).

Il Procuratore della Repubblica, quanto ai delitti sub GG) e sub JJ), (pag. 44) rileva che il ragionamento utilizzato dal G.U.P. sarebbe fondato su una erronea interpretazione della normativa di settore, oltre che su di un postulato di partenza non corrispondente al vero.

La doglianza dell’impugnazione è fondata.

In fatto, il Procuratore della Repubblica osserva come il G.U.P. abbia erroneamente affermato che sia il consulente tecnico d’ufficio, che il PM nell’intervento in Udienza Preliminare, avrebbero sostenuto l’ipotesi secondo cui la P.A. potrebbe disporre una sola perizia di variante per ciascuna gara di appalto, circostanza questa priva di fondamento in fatto, pacifica essendo l’ipotesi contraria.

Precisa ancora l’impugnazione che l’ipotesi accusatoria parte dal dettato normativo che regolamenta i casi in cui la stazione appaltante può adottare una "perizia di variante" indicando un limite insuperabile riferito esclusivamente quale percentuale dell’importo del contratto originario.

Sul punto il gravame ha chiarito che tutte le varianti contestate riferiscono la loro giustificazione giuridica al disposto dell’art. 132, comma 3 secondo periodo del nuovo codice dei contratti, e ciò per espressa ammissione degli stessi progettisti e direttori dei lavori, come può desumersi dagli allegati tecnici acquisiti in corso d’indagine e richiamati nelle consulenze.

Il tema delle varianti in corso d’opera, perizie modificative e suppletive è regolato dalla L. n. 109 del 1994, art. 25, e la relativa disciplina è finalizzata ad arginare il fenomeno delle perizie suppletive, ponendo uno sbarramento a prassi e abitudini che sono degenerate col tempo.

L’art. 132, comma 3 del nuovo Codice dei contratti stabilisce infatti in modo specifico che "sono inoltre ammesse, nell’esclusivo interesse dell’amministrazione, le varianti, in aumento o in diminuzione, finalizzate al miglioramento dell’opera e alla sua funzionalità, semprechè non comportino modifiche sostanziali e siano motivate da obiettive esigenze derivanti da circostanze sopravvenute e imprevedibili al momento della stipula del contratto.

L’importo in aumento relativo a tali varianti non può superare il 5 per cento dell’importo originario del contratto e deve trovare copertura nella somma stanziata per l’esecuzione dell’opera".

Ne consegue -come esattamente sostenuto nell’impugnazione- che dalla lettura del testo normativo appare con evidenza che l’aggettivo "originario", relativo al contratto, sta a significare che la parola "contratto" si riferisce al contratto di appalto conseguente all’aggiudicazione, con il corollario che il limite del 5% va riferito all’importo di detta pattuizione e, nei casi in cui i lavori necessitino di più varianti, ricollegabili al D.Lgs. n. 163 del 2008, art. 132, comma 3, secondo periodo, li limite predetto va valutato rispetto alla sommatoria dei maggiori importi delle varianti.

In conclusione: le varianti non devono comportare un aumento di spesa superiore al 5% dell’importo contrattuale originario e tale limite percentuale si applica alla somma di tutte le varianti, qualora esse siano più di una.

Infine va ribadito che, in ipotesi di pluralità di varianti, l’importo su cui calcolare il limite percentuale rimane sempre quello del contratto originario, a prescindere dal suo incremento mediante successivi atti di sottomissione per perizie suppletive.

In relazione a quanto argomentato, ed in accoglimento del gravame, va quindi censurata, per la sua erroneità in punto di diritto l’affermazione del G.U.P. (pag. 17 sentenza), secondo la quale "se si possono cumulare le perizie di variante, si possono deliberare tanti aumenti del prezzo a base d’asta per quante sono le varianti, fermo restando che ciascuno di essi non debba superare il limite del 5%", con conseguente annullamento con rinvio di tutte le statuizioni di proscioglimento che trovano giustificazione in tale non corretta lettura del dato normativo.

1.4) il reato di cui al capo sub II):

D.S.E., R.D., Z.G., D.B. G., S.A., L.F. sono accusati del reato di cui agli artt. 110 e 323 c.p. perchè in concorso tra loro il primo di Responsabile del Servizio il secondo di Sindaco il terzo e quarto di istigatori, gli altri in qualità di componenti della Giunta Comunale, adottavano e approvavano in violazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 132, comma 3 secondo periodo con Delib. Giunta 21 maggio 2008, n. 29 una variante al progetto di Pavimentazione stradale e impianto di smaltimento acque reflue e meteoriche L.R. n. 3 del 1996 per un maggiore importo contrattuale di 32.437,29 (pari a circa il 7% in aumento rispetto all’importo contrattuale) in assenza di istruttoria e motivato esame dei fatti come richiesto dalla legge – trattandosi di meri lavori di miglioria finzionale, finalizzati al miglioramento generale dell’opera e alla sua funzionalità e non già rientranti nei casi previsti dal D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 132, comma 1, lett. b) e c), per quale sarebbe stata comunque necessaria la relazione del RUP D.P.R. n. 554 del 1999, ex art. 134, commi 7 e 8 – al sol fine di procurare un ingiusto profitto economico a D.B. G. e Z.G.. In (OMISSIS).

Il gravame del Procuratore della Repubblica, con riferimento al capo sub II) per il quale il G.U.P. ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere solo per gli imputati S. assessore ai lavori pubblici e L., motivando nel senso dell’assenza dell’elemento psicologico del dolo intenzionale richiesto dall’art. 323 c.p., evidenzia come il giudice sarebbe partito da un postulato di diritto e di fatto errato e comunque in presenza di una violazione di legge macroscopica. La variante veniva infatti ad incidere sull’importo originario del contratto determinandone un aumento superiore al 5% (7%) in palese violazione della norma di legge.

La censura, come già argomentato per gli altri capi sulla variante, è fondata.

Quanto alle altre doglianze dell’impugnazione che fanno riferimento alla sussistenza che si ritiene pacifica dell’elemento soggettivo del contestato delitto, con la prospettazione di una serie di elementi non soppesati dal giudice del proscioglimento, esse vanno accolte per una ragione diversa da quella che è stata sviluppata nel gravame.

Come già detto, la sentenza di non luogo a procedere esprime una valutazione prognostica negativa circa l’eventuale condanna in giudizio e non un convincimento intorno ad un accertamento svolto ai fini di una possibile condanna (Cass. pen. sez. 2, 28743/2010 Rv.

247860).

Nella specie, l’esame delle argomentazioni del G.U.P. evidenzia che il parametro di riferimento che ha orientato e condizionato la deliberazione è stato "l’innocenza" dei due accusati, sotto il profilo di un’assente idoneo profilo psicologico del loro agire, correlato ad una incerta situazione di fatto, elemento valutativo questo che (laddove non palesemente evidente) è peraltro subvalente rispetto a quello – essenziale e funzionale per la fase processuale in questione – della "l’impossibilità di sostenere l’accusa in giudizio", non versandosi nella specie in presenza di elementi palesemente insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio per l’esistenza di prove positive di innocenza o per la manifesta inconsistenza di quelle di colpevolezza.

La gravata sentenza va quindi annullata con rinvio al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per nuovo esame che tenga conto, in assoluta autonomia di giudizio, degli anzidetti principi di diritto e delle rilevate carenze argomentative.

1.5) il reato di cui al capo sub KK):

D.S.E., P.G. e I.R. sono accusati del reato di cui agli artt. 110 e 323 c.p. perchè in concorso tra loro il D.S.E. in qualità di responsabile del Servizio con determina n. 37 del 16.03.2009 conferiva a P. G. e I.R., incarico tecnico per la redazione del progetto inerente lavori di miglioramento e potenziamento delle infrastrutture a servizio delle unità agricole e forestali sul territorio comunale: piano sviluppo rurale annualità 2007/2013 di importo inferiore a 100.000 Euro in palese violazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 91, comma 2 e dell’art. 57 del Codice degli appalti ciò al sol fine di procurare un ingiusto profitto ai predetti ingegneri. In (OMISSIS).

La contestazione in esame, avanzata, per quanto attiene ai pubblici amministratori, nei confronti del solo D.S. – si fonda sulla asserita violazione di legge che avrebbe connotato l’affidamento di incarichi tecnici agli ingegneri "amici" (collusi secondo l’accusa) P. e I..

Per la gravata sentenza anche in questa vicenda si tratterebbe di una situazione meramente prodromica ad un futuro accordo. Inoltre, non sarebbe ipotizzabile la violazione di legge, posto che non viene determinato l’importo del contratto e non vi è, dunque, prova del superamento di quella soglia di Euro 40.000, che avrebbe imposto la valutazione comparativa.

Il G.U.P., richiamato il principio del favor rei, ipotizza che le condizioni contrattuali non imponessero l’adozione della procedura di cui all’art. 57, comma 6 e, d’altro canto, sul piano strettamente prognostico, ha ritenuto verosimile che il compenso per la presentazione del progetto non avrebbe, in ogni caso. superato la soglia limite di Euro 40.000, senza peraltro esplicitare compiutamente le ragioni di tale sua conclusione.

Il gravame del Procuratore della Repubblica, quanto al capo di imputazione sub KK) ritiene che il G.U.P. sia incorso in una erronea interpretazione della normativa di settore.

Invero l’art. 125 del Codice dei Contratti citato dal GUP. come applicabile nel caso di specie, in alternativa a quello indicato da questo P.M. e dal consulente tecnico d’ufficio si riferisce all’esecuzione di lavori, servizi e forniture in economia e non già ai servizi di ingegneria ed architettura cui il legislatore riserva autonoma disciplina.

Infatti, tali ultimi servizi, nel caso di importo inferiore a 100 mila Euro, sono disciplinati dal l’art. 92, comma 2 del Codice, come modificato dal D.Lgs. n. 113 del 2007 e con richiamo all’art. 57, comma 6 dello stesso Codice dei Contratti – Lavori, servizi e forniture in economia.

Il motivo è fondato e va accolto.

Invero, opportunamente il Procuratore della Repubblica richiama, in proposito e a sostegno del suo assunto, la circolare 2473 del 16 novembre 2007 del Ministero delle infrastrutture, la quale ha fornito indicazioni puntuali e precise sulle procedure di aggiudicazione di appalti dei servizi di ingegneria e architettura e che si è resa necessaria per fornire chiarimenti interpretativi sull’affidamento di incarichi di progettazione, nonchè di direzione lavori e di coordinamento della sicurezza.

Da essa risulta confermata l’attuale validità delle disposizioni contenute nel Titolo 4 del D.P.R. n. 554 del 1999, secondo quanto disposto dall’art. 253, comma 3 del Codice.

La circolare ha chiarito che il richiamo alla materia dei "lavori pubblici", contenuto nell’art. 253 del Codice, deve intendersi riferito all’insieme delle norme che disciplinano la realizzazione di lavori pubblici, che vanno dalla fase di programmazione alla progettazione, dall’affidamento all’esecuzione dei contratti, fino al collaudo dei lavori.

Ma sono state inoltre date ulteriori delucidazioni in merito al rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza, nonchè sui protocolli per la valutazione delle offerte economiche nelle procedure di affidamento dei servizi di ingegneria ed architettura, nella vicenda non rispettate.

Infatti, per gli incarichi fino a 100.000 Euro, la scelta del professionista: – non può avvenire in un ambito territoriale specifico;- deve essere effettuata mediante una scelta basata su requisiti proporzionali all’incarico oggetto dell’affidamento: deve avvenire fra almeno cinque soggetti (se sussistano in tale numero aspiranti idonei), nel caso in cui l’ente appaltante esegua una "Procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara".

Inoltre e tra l’altro per l’affidamento del servizio specifico, la selezione dall’elenco degli operatori economici o tramite l’indagine di mercato, può essere effettuata attraverso modalità di scelta, quale ad esempio il sorteggio.

In ogni caso, nella scelta degli offerenti occorre assicurare il rispetto dei principio della rotazione, in rapporto all’entità dell’importo da affidare.

Per quanto riguarda, inoltre, le modalità di definizione dell’importo Stimato dell’appalto, a seguito dell’abolizione dei minimi tariffari. le stazioni appaltanti possono utilizzare come riferimento le tariffe di cui al D.M. 4 aprile 2001, ove ritenute adeguate.

Per la circolare infine il "criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa" è proposto come il più idoneo a garantire una corretta valutazione della qualità delle prestazioni, rispetto al "criterio del prezzo più basso" considerato non funzionale alla valutazione dei profili tecnici e professionali, tipici delle attività di ingegneria e architettura.

Il motivo del gravame in punto di violazione di legge risulta quindi fondato.

Il Procuratore della Repubblica contesta infine l’asserzione del G.U.P. circa la mancata consumazione del reato di abuso, considerato che il contratto con i progettisti non venne concluso, solo ed esclusivamente per cause indipendenti dalla loro volontà e segnatamente grazie all’intervento delle misure cautelari custodiali nei confronti del D.S. e di P..

A rigore, sostiene il ricorrente, il G.U.P. avrebbe dovuto invitare il P.M. a modificare l’imputazione in termini di tentato abuso d’ufficio o in alternativa pronunciare il decreto che dispone il giudizio per quel reato come contestato ovvero restituire gli atti per la diversa qualificazione.

La doglianza merita accoglimento nei termini che si indicheranno.

Ritiene la Corte, ferma la fondatezza del rilievo del Procuratore della Repubblica che l’art. 125 del Codice dei Contratti, citato dal GUP. come applicabile nel caso di specie, in alternativa a quello indicato da questo P.M. e dal consulente tecnico d’ufficio, si riferisce all’esecuzione di lavori, servizi e forniture in economia e non già ai servizi di ingegneria ed architettura cui il legislatore riserva autonoma disciplina, non va dimenticato che la regola di diritto che presiede alla deliberazione della sentenza di non luogo a procedere, esclude che possa rientrare nel potere del giudice effettuare un giudizio prognostico in esito al quale si pervenga ad una valutazione di innocenza dell’imputato, in quanto il parametro di riferimento non è "l’innocenza" ma "l’impossibilità di sostenere l’accusa in giudizio", e su questa ultima decisiva variabile manca nella gravata sentenza l’adeguata e necessaria motivazione.

Da ciò annullamento per il capo KK e con indicazione per il giudice del rinvio di verificare nella specie la correttezza o meno dell’imputazione (delitto consumato o rimasto allo stato di tentativo) e la sua esatta qualificazione giuridica.

In conclusione, la gravata sentenza va quindi annullata – per tutti i capi oggetto di impugnazione- con rinvio al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per nuovo esame che tenga conto, in assoluta autonomia di giudizio, degli anzidetti principi di diritto e ponga rimedio ai rilevati vizi di motivazione.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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