Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-01-2011) 11-02-2011, n. 5299 Abuso di ufficio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con la sentenza di cui in epigrafe la Corte d’appello di Firenze confermava fra l’altro la penale responsabilità di R. F.F. per il reato di cui agli artt. 56 e 323 c.p., consistito nell’avere, quale ordinario di Pediatria Generale e Specialistica della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Firenze e Dirigente del Reparto di terapia Intensiva Neonatale dell’Azienda Ospedaliera di Careggi, omettendo di astenersi in presenza di un interesse sentimentale ed economico nei confronti della dottoressa B.G., compiuto atti idonei diretti univocamente a procurare alla B. la vittoria del concorso a professore associato di ruolo di seconda fascia per il settore di Med/38 Pediatria Generale e Specialistica della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Firenze indetto con decreto del Rettore n. 167/04, mediante la predisposizione e la procurata approvazione del profilo specialistico secondo requisiti posseduti dalla sola B. e l’assunzione della funzione di membro interno della Commissione Esaminatrice, non riuscendo nell’intento per cause indipendenti dalla sua volontà. 2.- Propone ricorso per cassazione il prevenuto a mezzo del difensore, deducendo, col primo motivo, il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del requisito dell’ingiusto vantaggio patrimoniale, individuato dalla Corte di merito nel fatto di consentire alla B., attraverso la predisposizione del profilo specialistico secondo requisiti solo da lei posseduti, la vittoria del concorso conclusione della corretta concorrenza, posto che:

a.- la predisposizione del detto profilo competeva al Preside di Facoltà; b.- nel profilo "de quo" non è presente il requisito – che è stato ritenuto ritagliato su misura a favore della B. – della necessità di uno studio sul farmaco "Ibuprofene"; e- il profilo stesso avrebbe avuto rilevanza solo al momento della chiamata, successivo a quello della dichiarazione di idoneità, che invece ne prescindeva; d.- manca nella sentenza impugnata, perchè ritenuta inopinatamente inutile, qualsiasi indagine sulla sostanziale meritevolezza della B., chiaramente essenziale per la verifica dell’ingiustizia del risultato perseguito, in sè non desumibile dal mero impiego di modalità illecite.

3.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla ritenuta esclusione della esimente della desistenza volontaria, essendosi l’imputato dimesso da membro interno della Commissione Esaminatrice prima della conoscenza e della stessa oggettiva presentazione dell’esposto anonimo che dette origine all’inchiesta della Procura.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato nei sensi e per i motivi di cui appresso.

Col primo motivo il ricorrente svolge rilievi in ordine al requisito dell’ingiusto vantaggio patrimoniale.

Su tale tematica va ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr., in particolare, Cass., 6^, n. 11415 del 21.2.2003; 6, n. 26324 del 26.4.2007), ai fini dell’integrazione del reato di abuso di ufficio, anche nel caso di violazione dell’obbligo di astensione, è necessario che a tale omissione si aggiunga l’ingiustizia del vantaggio patrimoniale perseguito, con conseguente duplice distinta valutazione da parte del giudice, che non può far discendere l’ingiustizia del vantaggio dalla illegittimità del mezzo utilizzato.

Nella specie la Corte di merito ha ravvisato la sussistenza del requisito in esame nel comportamento dell’imputato diretto a consentire alla B., attraverso la predisposizione del profilo specialistico secondo requisiti solo da lei posseduti, la vittoria del concorso conclusione della corretta concorrenza.

Il ricorrente contesta tale assunto sotto vari profili.

Le doglianze di cui sopra sub 2. a. – b. – d. non sono accoglibili, posto che:

– sul punto sub 2.a., la contestazione è generica e vi è ampia e non illogica motivazione nelle sentenze di merito;

– la deduzione di cui sub 2.b. non può essere introdotta in questa sede, in quanto non formulata in appello;

– quanto alla questione sub 2.d., il punto appare superato dalla circostanza, pacifica e richiamata dalla sentenza impugnata, che la B. – dopo le dimissioni del R. dalla Commissione di esame – non vinse il concorso.

Per quanto concerne invece la deduzione di cui sub 2.c, risulta effettivamente apodittico l’assunto della Corte di merito circa la diretta incidenza del profilo specialistico sullo svolgimento del concorso, e non invece – come sostiene la difesa e come aveva dichiarato la teste M., richiamata sul punto nei motivi di appello -sulla sola fase della "chiamata" da parte della Facoltà, successiva alla conseguita idoneità al concorso.

Oltre che per la deduzione teste trattata, il ricorso è fondato anche nel suo secondo motivo. Pur essendovi, infatti, nell’impugnata sentenza, dei cenni su quanto avvenne nella concreta gestione dei rapporti fra il R. e la B. a partire dal giugno 2004, in coincidenza con le prime notizie di stampa in merito a una vasta operazione di alcune Procure finalizzata all’arresto di accademici indagati per alterazione di concorsi universitari nel settore medico, non si rinviene in essa una specifica e argomentata confutazione, in fatto e in diritto, della prospettata configurabilità della esimente (in concreto non riconosciuta dal giudice distrettuale) della desistenza volontaria, in riferimento alla circostanza (riportata nella stessa sentenza impugnata) che il prevenuto si dimise dalla Commissione esaminatrice del concorso Med/38 prima della conoscenza e dell’inizio dell’indagine relativa al presente procedimento. Al riguardo dovrà, invero, tenersi presente che:

– la desistenza ha natura di esimente speciale (v. Cass., sez. 1^, 8 aprile 1997 n. 5037, Satinino, rv. 207647; sez. 6^, 10 marzo 1995 n. 7937, Monaco, rv. 202577) e, per assumere giuridico rilievo, presuppone che l’azione sia penalmente rilevante per cui si richiede che la fattispecie sia pervenuta alla fase del tentativo punibile (v.

Cass., sez. 6^, 24 settembre 2008 n. 42688, Caridi, rv. 242417; 21 aprile 2006 n. 24711, Virgili, rv. 234679; sez. 2^, 3 marzo 1998 n. 10795, Bakhshkon, rv. 211656; sez. 1^, 8 aprile 1997 n. 5037, Satinino, citata);

– la "volontarietà" della desistenza non deve essere confusa con la "spontaneità" della medesima, nel senso che la desistenza è volontaria anche quando non è spontanea, perchè indotta da ragioni utilitaristiche o da considerazioni dirette ad evitare un male ipotizzabile o dalla presa di coscienza degli svantaggi che potrebbero derivare dal proseguimento dell’azione criminosa (cfr.

Cass., sez. 5^, 7 dicembre 1999 n. 1955, Maravolo, rv. 216438; sez. 6^, 21 aprile 1989 n. 14024, Gottardo, rv. 182313; 21 marzo 1989 n. 8864, Agostani, rv. 181644);

– la legge non prende in considerazione le intime ragioni che inducono l’agente a desistere dall’azione criminosa ma richiede invece, con la previsione del requisito della volontarietà, che la desistenza non sia rinconducibile a cause esterne che rendano impossibile, o gravemente rischiosa, la prosecuzione dell’azione; la scelta deve quindi essere operata in una situazione di libertà interiore indipendente dalla presenza di fattori esterni idonei a menomare la libera determinazione dell’agente (v. Cass. 5037/1997, Sannino, nonchè, più di recente, sez. 2^, 29 settembre 2009 n. 41484, Aloisio; sez. 1^, 26 febbraio 2009 n. 11865, Fondino, rv.

243923; 4 febbraio 2009 n. 9015, Petralito, rv. 242877; 2 dicembre 2005 n. 46179, Plivia, rv. 233355; sez. 5^, 3 dicembre 2004 n. 17688, Dominaci, rv. 232124);

– l’accertamento se la desistenza, ancorchè non spontanea, sia stata provocata da fattori esterni che rendevano il compimento dell’azione estremamente difficoltoso o rischioso costituisce una valutazione riservata al giudice di merito, che deve dare conto delle circostanze che lo inducono a ritenere (o escludere) che la desistenza sia stata una scelta operata in base ad una libera determinazione esente da ragioni idonee a renderla invece la scelta stessa obbligata, nel senso (non assoluto ma) della ricorrenza di una particolare rischiosità della prosecuzione dell’attività criminosa.

La sentenza impugnata deve essere, pertanto, annullata, con rinvio al giudice di merito, che procederà a nuovo giudizio, rendendo una motivazione immune dai vizi sopra illustrati e, in particolare: – risolvendo in maniera specifica e argomentata la questione relativa alla diretta incidenza del profilo specialistico sullo svolgimento del concorso; – verificando, in caso di risposta negativa al precedente quesito, se possa comunque e sotto quale aspetto ritenersi sussistente nel caso di specie il requisito dell’ingiusto vantaggio patrimoniale; – risolvendo in maniera specifica e argomentata, in caso di ritenuta sussistenza dei presupposti del tentativo punibile, se possa ravvisarsi nella specie l’esimente della desistenza volontaria alla luce dei principi suenunciati.
P.Q.M.

visti gli artt. 615 e 623 c.p.p., annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello dì Firenze.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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