Cons. Stato Sez. VI, Sent., 09-02-2011, n. 894 Comune Pubblicità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza gravata, il TAR per la Lombardia ha respinto il ricorso n. 559 del 2010 proposto dalla società odierna appellante avverso gli atti del procedimento conclusosi con la reiezione dell’istanza di autorizzazione all’esposizione di mezzi pubblicitari, oltre che con l’ordine di rimuovere quanto già installato.

Secondo la ricostruzione fornita in primo grado dalla società ricorrente, la stessa avrebbe richiesto l’autorizzazione, poi respinta, in epoca in cui la zona non era sottoposta a vincolo; dopo aver adeguato il progetto dell’insegna pubblicitaria alle indicazione dei tecnici comunali e ottenuto il parere favorevole della Sopraintendenza, essa avrebbe ottenuto un provvedimento favorevole del Comune, così procedendo all’installazione dell’insegna.

Successivamente, essendo stata la zona ove ricade l’immobile sottoposta a vincolo paesaggistico, l’Ufficio Tutela Beni Ambientali del Comune di Milano l’ha invitata a presentare una istanza di sanatoria paesaggistica ex art. 167, D.lgs. 42\2004: l’istanza è stata poi respinta sulla base di due pareri contrari della Sopraintendenza.

Propone gravame la società ricorrente, ritenendo l’erroneità della sentenza impugnata di cui chiede l’annullamento, con conseguente accoglimento del ricorso di primo grado.

All’udienza del 14 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. L’appello va respinto.

Va in primo luogo disatteso l’assunto di fondo sostenuto dalla società ricorrente, secondo cui in data 11 febbraio 2008 sarebbe stato rilasciato dal Comune di Milano il provvedimento di autorizzazione all’esposizione di mezzi pubblicitari, sicché l’Amministrazione, sopravvenuto il vincolo, avrebbe al più potuto agire in autotutela, non già respingere l’istanza di autorizzazione già positivamente definita.

Osserva al riguardo la Sezione che, con l’atto dell’11 febbraio 2008, l’Amministrazione comunale, nel comunicare l’esito favorevole della valutazione svolta sull’istanza di autorizzazione presentata dalla società ricorrente, ha proceduto a liquidare l’imposta dovuta, espressamente disponendo che, solo dopo il pagamento dell’imposta così quantificata, ci sarebbe stato il rilascio del formale provvedimento, legittimante l’installazione del mezzo pubblicitario.

Pertanto, nel momento in cui è stato emesso (nel maggio del 2008) il decreto di apposizione del vincolo, il procedimento avviato con l’istanza di autorizzazione non fosse concluso, sicché, come ha correttamente rilevato il TAR, l’Amministrazione ha arrestato il procedimento autorizzatorio iniziandone un altro volto a verificare se sussistessero i presupposti per una sanatoria ambientale.

La tesi dell’appellante non risulta fondata neppure ove si tenga in considerazione la "bozza" di autorizzazione prodotta dalla società ricorrente.

Si tratta, invero, di un atto non protocollato, in relazione al quale manca l’attestazione di intervenuta trasmissione o comunque di effettuato rilascio: l’atto, quindi, ha avuto un rilievo interno, non idoneo a provare se e quando il procedimento si sia concluso.

Le espresse considerazioni non consentono di condividere quanto sostenuto dalla società ricorrente allorché deduce la violazione dell’art. 21nonies, l. n. 241 del 1990, non essendo qualificabile come di autotutela decisoria l’atto comunale impugnato in primo grado.

2. Ciò posto, va anche disatteso il motivo di ricorso con cui si deduce l’omessa comunicazione di avvio del procedimento conclusosi con l’apposizione del vincolo sull’edificio da parte della Soprintendenza.

Ai sensi dell’art. 139, co. 3, d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, la comunicazione dell’avvio del procedimento di dichiarazione al proprietario, possessore o detentore del bene, è imposta solo allorché si tratti degli immobili indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 136, non anche quando, come nel caso in esame, vengano in considerazione le ipotesi contemplate dalle lett. c) e d) dello stesso art. 136.

Va parimenti disatteso il motivo di ricorso con cui si deduce l’illegittimità del parere negativo espresso dalla Soprintendenza.

Invero, in disparte la natura abusiva del manufatto pubblicitario -contestata dalla società ricorrente ma correttamente rimarcata dalla Sovrintendenza in quanto realizzata senza che potesse considerarsi perfezionato il procedimento attivato con l’istanza di autorizzazione- pare al Collegio senz’altro irragionevole l’apprezzamento espresso in merito alla incompatibilità del mezzo pubblicitario in questione con le ragioni sottese all’apposizione del vincolo.

E’ quanto desumibile dai riferimenti, contenuto nel parere negativo espresso dalla Soprintendenza, alle "grandi dimensioni" del manufatto cartellone pubblicitario, oltre che alla sua "estrema visibilità", oggettivamente sussistente, come risulta anche dalla depositata documentazione fotografica:tali riferimenti inducono anche a disattendere quanto dalla società ricorrente dedotto con riguardo ad un assunto difetto motivazionale del provvedimento comunale, vincolato a fronte del parere negativo della Soprintendenza.

3. Va, infine, respinto l’ultimo motivo di gravame con cui si ripropone la censura relativa alla asserita illegittimità dell’art. 8 del Regolamento comunale per l’applicazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e il diritto alle pubbliche affissioni, il diniego potendo essere opposto solo richiamando il citato art. 153 T.U. n. 42 del 2004.

Invero, alla stregua di un indirizzo interpretativo già espresso dal Consiglio di Stato e al quale il Collegio ritiene di aderire, ai sensi dell’art. 3, commi 2 e 3, del d.lgs. 15 novembre 1993 n. 507, ogni Comune è tenuto ad adottare un regolamento per l’applicazione dell’imposta, che disciplini le modalità di effettuazione della pubblicità, con la possibilità di stabilire limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie in relazione ad esigenze di pubblico interesse, e in ogni caso determini la tipologia e la quantità degli impianti pubblicitari, le modalità per ottenere il provvedimento per l’installazione e i criteri per la realizzazione del piano generale degli impianti.

Pertanto, l’installazione di impianti pubblicitari è un’attività economica contingentata, stante la limitatezza degli spazi a ciò destinati, senza che in ciò possa ravvisarsi compromissione della tutela costituzionale della libera iniziativa privata, giacché lo stesso art. 41 cost. ammette la possibilità di limitare tale libertà onde contemperarla con l’utilità sociale (Cons. Stato, sez. V, 29 aprile 2009, n. 2723).

4. Alla stregua delle esposte ragioni va dunque respinto il gravame, con reiezione della proposta domanda risarcitoria, infondata attesa la legittimità delle contestate determinazioni amministrative.

Consegue la condanna della società appellante al pagamento delle spese processuali del secondo grado del giudizio, liquidate in 2000 euro in favore del Comune di Milano e 2000 euro in favore del Ministero per i beni e le attività culturali..
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 7152 del 2010, lo respinge.

Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali del secondo grado, liquidate in 2000 (duemila) euro in favore del Comune di Milano e di euro 2.000 in favore del Ministero per i beni e le attività culturali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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