Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 12-01-2011) 11-02-2011, n. 5120 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza, deliberata il 21 aprile 2010 e depositata in pari data, il Tribunale ordinario di Prato, in funzione di giudice del riesame dei provvedimenti di applicazione delle misure cautelari reali, ha confermato il sequestro di vari documenti, operato dai Carabinieri di Firenze il 31 marzo 2010, in esecuzione del decreto di sequestro del Pubblico Ministero presso il medesimo tribunale 30 marzo 2010, a carico di S.C. e di Q.L.C.L., indagati per il concorso (con D.M., amministratore unico, in carica, della Powerli Group s.r.l., e col precedente amministratore, G.F., nel delitto di commercio di sostanze alimentari nocive, e nella contravvenzione prevista e punita dal D.Lgs. 24 aprile 2006, n. 219, art. 147, reati perpetrati con condotte protratte alla attualità, in relazione alla commercializzazione dell’integratore alimentare denominato Jugran 400, contenente sildenafil, tadalafil e sibutramina, e la sola C. anche per il delitto di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico, in Prato il 21 gennaio 2005, in relazione alla presentazione al Ministero della salute della documentazione attestante la "naturalità del prodotto" ai fini della autorizzazione alla libera vendita.

Il Collegio ha motivato che, pur nel concorso di evidenze favorevoli agli indagati, i documenti sequestrati, in seguito a perquisizione (relazione tecnica del dott. P., testi relativi a prodotti e a principi attivi e a medicinali), meritino "ampio e approfondito esame" sicchè il sequestro deve essere mantenuto per lo sviluppo delle indagini.

2. – Ricorrono per Cassazione gli indagati, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Luca Brachi, mediante atto del 30 aprile 2010, col quale sviluppano tre motivi.

2.1 – Con il primo motivo il difensore denunzia, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 444 c.p., deducendo: non è configurabile il delitto;

in nessuna delle compresse del prodotto è stata isolata la sibutramina; mentre gli altri principi attivi non possono considerarsi sostanze nocive, trattandosi dei principi attivi di farmaci in commercio; nessuno degli assuntori del prodotto ha lamentato disfunzioni; deve verificarsi se le sostanze sospette siano "naturalmente presenti nel gheriglio di noce", utilizzato per la preparazione dell’integratore.

2.2 – Con il secondo motivo il difensore denunzia, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), mancanza della motivazione, in relazione alla attribuzione della condotte alla C., e deduce:

l’indagata ha amministrato la società distributrice dell’integratore fino a novembre 2006, mentre le sostanze sospette sono state isolate alla fine del 2009; in precedenza la ricorrente aveva fatto regolarmente eseguire le analisi prescritte; aveva ritirato la merce quando era insorto "qualche dubbio sulla contaminazione del lotto" della materia prima acquistata; i prodotti che hanno dato luogo alle indagini sono stati commercializzati dopo la cessazione della indagata dalla carica di amministratore della società; tutte le analisi e le certificazioni presentate sono genuine e veridiche.

2.3 – Con il terzo motivo il difensore denunzia, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), mancanza e contraddittorietà della motivazione, in ordine al concorso dell’indagato Q.L., censurando l’omessa indicazione della condotta di compartecipazione, e deducendo: l’interessamento dimostrato dal ricorrente, persona estranea al settore farmacologico e della distribuzione dei medicinali, in ordine alla commercializzazione del prodotto, non comporta la assunzione del ruolo di amministratore di fatto della società, nè di committente della produzione, e trova piuttosto spiegazione nel rapporto di coniugio con l’indagata.

3. – Il ricorso inammissibile.

Il sindacato del giudice di legittimità in ordine ai provvedimenti del giudice del riesame in materia di sequestro probatorio – peraltro circoscritto alla violazione di legge – concerne esclusivamente la verifica della astratta configurabilità della ipotesi di reato per la quale il Pubblico Ministero indaga, e della pertinenza degli oggetti sequestrati rispetto all’illecito penale e alle relative indagini.

Le censure sviluppate dai ricorrenti, col pretesto della contestazione del fumus delicti, concernono piuttosto il merito della fondatezza degli addebiti ipotizzati dal Pubblico Ministero a carico degli indagati e, pertanto, consistono in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per Cassazione, ai sensi dell’art. 625 c.p.p., in relazione agli artt. 257 e 324 c.p.p..

Sicchè ricorre la sanzione della inammissibilità contemplata dall’art. 606 c.p.p., comma 3.

Conseguono la relativa declaratoria e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè di ciascuno dei medesimi – valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della impugnazione – al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, al versamento della somma di Euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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