Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 12-01-2011) 11-02-2011, n. 5119 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

t. Riello Luigi, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 2.82.010 il Tribunale di L’Aquila , investito ex art. 310 c.p.p., rigettava l’appello interposto dal Pm avverso l’ordinanza del gip presso il Tribunale di Teramo, con cui era stata dichiarata l’inefficacia delle misure di custodia cautelare emesse nei confronti di L.D. e U.E., per il reato di omicidio ai danni di F.E., a seguito di una violenta discussione occorsa davanti al locale (OMISSIS) di (OMISSIS) discussione degenerata in atti di violenza che erano stati fatali al F.. Il gip a cui era stato chiesto di revocare la misura in atto, aveva ritenuto che il fatto dovesse essere inquadrato nell’ipotesi dell’omicidio preterintenzionale, piuttosto che come omicidio volontario ed essendo decorso il termine semestrale di durata della custodia cautelare in relazione a questa alternativa ipotesi di reato, aveva dichiarato l’inefficacia della misura, ordinando la liberazione dei due indagati. Secondo il tribunale, doveva essere rigettato il ricorso del Pm poichè compete al gip di riqualificare il fatto materiale indicato dal pm; nel caso di specie era da condividere la diversa qualificazione, avendosi avuto riguardo ad una lite degenerata, ad un fatto del tutto imprevedibile ed estemporaneo, concretizzatosi in un unico pugno che causò la morte del giovane, morte non voluta e che andava esattamente inquadrata nell’alveo dell’art. 584 c.p.. Di qui la correttezza anche della dichiarazione di inefficacia della misura in atto.

2. Avverso detto provvedimento, ha interposto ricorso per Cassazione il Pm presso il Tribunale di Teramo, per dedurre, in primis violazione art. 303 c.p.p.: la qualificazione del fatto in termini di omicidio volontario era stata conclamata dal tribunale del riesame, con il che si era formato il giudicato cautelare; il gip non avrebbe potuto dare una diversa qualificazione in sede cautelare e fare discendere da questa nuova impostazioni la dichiarazione di inefficacia della misura ; il riferimento giurisprudenziale (sez. unite 16/1996) fatta dal Tribunale è inconferente, perchè attiene al momento dell’adozione della misura cautelare, sede in cui il giudice può qualificare diversamente il fatto.

Viene in secondo luogo dedotto il difetto di motivazione, sul punto della ritenuta insussistenza di gravi indizi in ordine al reato di omicidio volontario per fatti sopravvenuti. Non è stato valutato a dovere il contesto in cui l’azione era maturata, non sarebbe stata considerata l’oggettività di quel pugno capace di determinare paralisi dei centri vasomotori e respiratori, sarebbe stato esasperato il dubbio che le condizioni della vittima ubriaco abbiano inciso sulle conseguenze del trauma; sarebbero stati sottovalutate se non addirittura trascurate emergenze nuove, quali la perizia.

Ancora il pm ricorrente deduce manifesta ed illogicità della motivazione, non avendo recepito il tribunale la realtà fattuale emergente dagli atti, avendo il testimone G.G., che accompagnava la vittima, rappresentato di aver consigliato il F. di allontanarsi, stanco delle insistenti richieste di cocaina da parte degli zingari, ma mentre stavano per raggiungere l’auto, il F. e l’amico furono accerchiati da questi ultimi, in tre, che avevano parcheggiato l’auto nell’opposta direzione di marcia; il F. venne picchiato, così come il G., per vendetta per l’onta subita con il reiterato rifiuto di cessione di una dose di cocaina; entrambi caddero a terra, la volontà degli aggressori si manifestò inequivocabilmente, perchè picchiarono sulla testa. Il F. fu poi anche colpito con un calcio, nella sede frontale, mentre era già a terra, il che dimostra la reiterazione di colpi ampiamente significativa di un animus necandi.

Viene quindi chiesto l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale ed il conseguente ripristino della custodia cautelare.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e merita quindi accoglimento.

Risulta dal ricorso del Procuratore della Repubblica di Teramo che fin dal 10.12.2009 il Tribunale del riesame aveva confermato le misure cautelari emesse al gip nei confronti dei due indagati per il reato di omicidio volontario aggravato, con ciò venendosi a formare il giudicato cautelare, in costanza del quale solo la sopravvenienza di fatti nuovi avrebbe potuto giustificare la rivalutazione di quelli già apprezzati e reso possibile la revoca o la modifica delle misure cautelari applicate (cfr. Cass. 1, sez. 1, 5.4.2010, n. 19521).

L’effetto preclusivo di un precedente giudicato per condivisibile orientamento di questa Corte viene meno solo in presenza di un successivo, apprezzabile mutamento del fatto, con il che in difetto di nuove acquisizioni probatorie che implichino un mutamento della situazione di fatto su cui la decisione era fondata, vanno ritenute precluse le questioni dedotte a sostegno di richiesta di revoca della misura, tanto che neppure le consulenze tecniche di parte o le perizie sono state reputate tali da determinare un apprezzabile mutamento del fatto idoneo a superare il giudicato (cfr. Cass. Sez. 5, 9.1.2009, n. 17986). E’ quindi ampiamente giustificata la doglianza espressa dal Pm ricorrente sull’illegittimità dell’intervenuto "ripensamento" operato dal gip ed avallato dal tribunale del riesame, in assenza di un quadro di riferimento mutato in senso sostanziale.

Al gip era quindi inibita dal giudicato cautelare una diversa qualificazione del fatto in assenza di emergenze nuove ed a fortiori era precluso fare discendere dalla nuova qualificazione del fatto la dichiarazione di decorrenza del termine di fase, rapportato alla nuova qualificazione, con la conseguente scarcerazione dei due indagati.

Sul punto è bene ancora ricordare che è principio altrettanto pacifico che ai fini del computo del termine di fase delle indagini preliminari, si deve avere riguardo al reato contestato nel provvedimento restrittivo, costituito dalla reciproca integrazione dell’ordinanza cautelare emessa dal gip e di quella pronunciata ex art. 309 c.p.p. dal tribunale del riesame, in quanto il delitto per cui si procede è quello enunciato nell’imputazione del provvedimento restrittivo, anche se l’azione penale sia poi stata esercitata successivamente per un delitto diverso (cfr. cass. Sez. 6, 21.1.2009, n. 7470). Dunque, ed a maggior ragione, al gip era precluso di operare la scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare dei due indagati per un delitto diverso da quello per cui si procedeva. Il motivo di diritto ha carattere assorbente rispetto alle altre censure prospettate in ricorso.

Ne consegue l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, nonchè dell’ordinanza del gip tribunale di Teramo in data 9.7.2010, dichiarativa della inefficacia della misura della custodia cautelare in carcere applicata a L.D. ed a L.E., con ordinanza 16.11.2009, che ripristina. Gli atti vanno trasmessi alla Procura di Teramo per quanto di competenza.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio dell’ordinanza impugnata, nonchè l’ordinanza del gip Tribunale di Teramo in data 9.7.2010, dichiarativa della inefficacia della misura della custodia cautelare in carcere applicata a L.D. ed a L.E., con ordinanza 16.11.2009, che ripristina. Gli atti vanno trasmessi alla Procura di Teramo per quanto di competenza.

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