Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 12-01-2011) 11-02-2011, n. 5103 Esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con provvedimento di determinazione di pene concorrenti in data 11 giugno 2009 nei confronti di N.E., la Procura della Repubblica di Avellino, in relazione alle cinque condanne comprese nel suddetto provvedimento di cumulo pene, determinava la pena complessiva in anni 10, mesi 6 di reclusione, mesi 2 di arresto, Euro 15.400,00 di multa ed Euro 3.333,00 di ammenda e chiedeva al Tribunale di Avellino, giudice dell’esecuzione, di applicare il condono di cui alla L. n. 241 del 2006, con riguardo alle pene detentive, nella misura di anni 3 di reclusione, riducendo quello applicato nelle condanne comprese nel cumulo, pari complessivamente ad anni 5, mesi 1, giorni 15 di reclusione e mesi 2 di arresto.

Il Tribunale di Avellino, con provvedimento de plano in data 18 giugno 2009, rideterminava la misura dell’indulto entro il limite massimo di anni tre di reclusione.

Il difensore di N. proponeva in data 17.7.2009 opposizione avverso il predetto provvedimento con il quale era stata rideterminata la misura dell’indulto applicabile alla pena cumulata.

Lo stesso difensore in data 25.6.2009 aveva sollevato incidente di esecuzione davanti al suddetto giudice dell’esecuzione, chiedendo che fosse dichiarata non esecutiva una delle sentenze comprese nel menzionato provvedimento di cumulo, segnatamente la sentenza della Corte d’Appello di Napoli in data 14.11.2007, portante condanna alla pena di anni 2, mesi 4 di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa per ricettazione ed altri delitti commessi nell’anno 1994. Il Tribunale di Avellino, a seguito di udienza camerale, dopo aver riunito i suddetti procedimenti, con provvedimento in data 7.1.2010 rigettava sia l’opposizione al provvedimento del Tribunale di Avellino in data 18.6.2009 sia la richiesta di declaratoria di non esecutività della sentenza della Corte d’Appello di Napoli in data 14.11.2007.

Con riguardo alla esecutività della predetta sentenza della Corte d’Appello di Napoli, il Tribunale osservava che le irregolarità della notifica del decreto di citazione a giudizio davanti alla Corte d’Appello di Napoli non erano deducibili in sede di esecuzione, in quanto coperte dal giudicato.

Secondo il Tribunale, la sentenza era regolarmente passata in giudicando in quanto risultava regolare la notifica dell’estratto contumaciale e dell’avviso deposito della sentenza. N.E., scarcerato in data 3.4.2007, non era stato reperito nel domicilio determinato a norma dell’art. 161 c.p.p., comma 2, e quindi correttamente detti atti erano stati notificati il 7 e l’8 ottobre 2008, ex art. 161 c.p.p., comma 4, ai difensori di fiducia avvocati P.M. e S.A..

Con riguardo al ridimensionamento dell’indulto, il giudice dell’esecuzione osservava che, fermo restando l’indulto nella misura di anni 2, mesi 9 e giorni 16 di reclusione, applicato in sede esecutiva dalla Corte d’Appello di Bari il 24.4.2007 sulla condanna di cui alla sentenza della stessa Corte in data 25.10.2005 (condanna compresa nel provvedimento di cumulo), era comunque legittimo ridimensionare, nel limite massimo di anni tre di reclusione, gli ulteriori indulti concessi in sede di cognizione nelle altre sentenze comprese nel provvedimento di cumulo, in quanto era presumibile che l’applicazione dell’indulto da parte di ciascuno dei giudici di merito fosse derivata dal difetto di conoscenza della rispettiva attività.

Avverso l’ordinanza in data 7.1.2010 ha proposto personalmente ricorso il condannato, eccependo nuovamente la mancata costituzione del rapporto processuale, poichè il decreto di citazione a giudizio davanti alla Corte d’Appello di Napoli era stato notificato in data 13.2.2006, ai sensi dell’art. 164 c.p.p., comma 4, ai difensori dell’imputato, nonostante questi fosse detenuto per altra causa nella Casa Circondariale di Napoli, come peraltro risultava in atti, essendo stato notificato in data 24.5.2004 allo stesso imputato presso il penitenziario suddetto l’appello proposto dalla Procura Generale di Napoli.

Il ricorrente, nonostante non fosse più detenuto all’atto della notifica dell’estratto contumaciale e dell’avviso deposito della sentenza, aveva ignorato la condanna inflittagli dalla Corte d’Appello di Napoli in data 14.11.2007, poichè detti atti erano stati notificati il 7 e l’8 ottobre 2008, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, ai suoi difensori di fiducia, senza che egli ne fosse potuto venire a conoscenza per caso fortuito.

N.E., con un secondo motivo di ricorso, ha sostenuto che illegittimamente gli era stato revocato, con il provvedimento del giudice dell’esecuzione in data 18.6.2009, l’indulto concesso dalla Corte d’Appello di Bari nella misura di anni 2, mesi 9 e giorni sedici di reclusione, sul falso presupposto che i reati condonati fossero ostativi all’applicazione dell’indulto, mentre, in realtà, tutti i delitti per i quali il predetto N. era stato condannato dalla Corte d’Appello di Bari erano condonabili, ad eccezione del solo delitto di cui al capo H ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 e comma 6, e art. 80, comma 2).

Per i suddetti motivi il ricorrente ha chiesto a questa Corte l’annullamento dell’ordinanza del Giudice dell’Esecuzione del Tribunale di Avellino in data 7.1.2010.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Non può essere fatto valere in sede di incidente di esecuzione il difetto di notifica del decreto di citazione davanti alla Corte d’Appello di Napoli, in quanto nella suddetta sede si può discutere solo la regolarità della formazione del titolo esecutivo, e quindi – nella specie – la regolarità della notifica dell’estratto contumaciale e del contestuale avviso di deposito della sentenza. Nei motivi di ricorso non si contestano i dati esposti nel provvedimento impugnato, dai quali risulta che l’estratto contumaciale è stato regolarmente notificato il 7 e l’8 ottobre 2008, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, ai difensori di fiducia del ricorrente.

Si sostiene, però, che il ricorrente non avrebbe avuto effettiva conoscenza dei predetti atti, in quanto i difensori non avrebbero provveduto, per caso fortuito, a comunicarglieli. Non risulta che davanti al giudice dell’esecuzione siano state rappresentate le ragioni per le quali i difensori di N.E. non avrebbero potuto comunicare allo stesso l’avvenuta notifica dell’estratto contumaciale della sentenza e dell’avviso di deposito della stessa;

mancando quindi una qualsiasi specificazione del caso fortuito che avrebbe impedito tale comunicazione, correttamente il giudice dell’esecuzione ha ritenuto che la notificazione presso il difensore di fiducia sia equiparabile, ai fini della conoscenza effettiva dell’atto, alla notifica fatta all’imputato personalmente (oltre alle sentenze di questa Corte di Cassazione richiamate nell’ordinanza impugnata, si veda Cass. Sez. 1^ sent. N. 2432 del 12.12.2007 Rv.

239207).

Le doglianze riguardanti la riduzione del condono si riferiscono al provvedimento del giudice dell’esecuzione in data 18.6.2009 e non all’ordinanza impugnata.

Del tutto legittimamente, peraltro, il condono ex L. n. 241 del 2006 – concesso nella misura esorbitante di anni 5, mesi 1, giorni 15 di reclusione e mesi due di arresto – è stato rideterminato, dopo il provvedimento di cumulo pene, entro il limite massimo di tre anni, vertendosi in ipotesi di plurime applicazioni del medesimo indulto, in relazione a diverse condanne, conseguenti a un difetto di conoscenza da parte di ciascuno dei giudici della rispettiva attività.

D’altra parte, il giudice dell’esecuzione ha il dovere di ridurre entro i limiti di legge l’indulto applicato, con più sentenze di condanna, in misura eccedente quella fissata dal provvedimento di clemenza, perchè il giudicato si forma solo sul diritto al beneficio e non sulla sua misura, nè questa operazione comporta la revoca dei condoni eventualmente applicati in eccesso, in quanto l’art. 174 c.p., comma 2 stabilisce che l’indulto si applica una sola volta in sede di cumulo pene (cfr. Cass. Sez. 1^ sent. N. 31697 del 15.4.2010 Rv. 248024).

Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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