Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 12-01-2011) 11-02-2011, n. 5099

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

tato, avvocato Cicorella Cesare, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con sentenza, deliberata il 13 gennaio 2010 e depositata il 1 aprile 2010, la Corte di appello di Lecce ha confermato la sentenza del Tribunale ordinario di Brindisi, 31 ottobre 2008, di condanna alla pena principale della reclusione in quattordici anni (ritenuti il concorso della recidiva e la continuazione tra tutti i reati) a carico di T.L., imputato del delitto di omicidio tentato commesso in danno di A.C., in (OMISSIS) (capo sub A della rubrica) e dei connessi delitti di detenzione di porto illegali di arma comune da sparo (capo sub B, ibidem).

Sulla base del compendio probatorio, costituito dalla testimonianza della vittima, dalla prova generica – evidenze medico legali, tracce rinvenute sulla scena del crimine, nella abitazione del giudicabile, microparticelle rivelatrici dell’uso dell’arma da fuoco isolate sulla mano destra di T. – e dalle ammissioni dello stesso imputato circa la materialità della condotta, giudici di merito hanno accertato: nelle circostanze di tempo e di luogo indicate, nel centro urbano di (OMISSIS), sulla pubblica via, T. aveva compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte della vicina di casa A.C., esplodendo da tergo un colpo di pistola calibro mm. 7,65 contro la donna, attingendo la vittima alla schiena e provocandole grave ferita, senza che, tuttavia, l’evento mortale si verificasse per cause indipendenti dalla volontà dell’agente.

Con riferimento ai motivi di gravame e in relazione a quanto assume rilievo nel presente scrutinio di legittimità, la Corte territoriale ha motivato nei termini appresso indicati.

1.1 – In rito deve essere disattesa l’eccezione di nullità formulata dall’appellante con i "motivi nuovi" (depositati il 22 dicembre 2009 "nelle more della udienza di discussione dell’appello"), sotto il duplice profilo che per la udienza celebrata nel giudizio di prime cure il 16 settembre 2008 non era stata eseguita (essendo stato revocato il relativo ordine) la traduzione del giudicabile detenuto e che la stessa udienza era stata tenuta soltanto dal presidente del collegio il quale, dato atto dell’impedimento di uno dei giudici, aveva aggiornato il dibattimento al 14 ottobre 2008.

Infatti, a norma dell’art. 33-nonies cod. proc. pen. la inosservanza delle disposizioni sulla composizione del tribunale non determina la invalidità degli atti del procedimento.

Peraltro l’udienza irritualmente tenuta è stata "meramente interlocutoria e di rinvio", in quanto non è stata compiuta alcuna attività, nè è stato adottato verun provvedimento all’infuori dell’aggiornamento del dibattimento.

Ogni invalidità (anche in dipendenza della omessa partecipazione dell’imputato non tradotto) è stata, comunque, sanata dall’intervento del giudicabile e del difensore, alla successiva udienza del 14 ottobre 2008, regolarmente celebrata davanti al collegio ricostituito.

1.2 – Sono infondate le censure circa la perizia balistica formulate dall’appellante il quale ha chiesto la rinnovazione della istruzione dibattimentale per l’esecuzione di nuova indagine peritale.

Il perito, dott. L., non è incorso nella confusione (denunziata dalla difesa) del foro di uscita con quello di entrata del proiettile. In proposito l’appellante argomenta che, laddove, all’esame medicolegale, il tramite intracorporeo dell’ogiva è risultato orientato da sinistra verso destra rispetto all’asse del tronco della vittima, il perito ha, invece, desunto dalla dislocazione delle lacerazioni rilevate sugli indumenti della A. una traiettoria "leggermente" sinistrorsa del proiettile.

Invero è fuori discussione alla stregua della testimonianza della parte offesa che costei fu attinta alle spalle. Il foro riscontrato nella parte posteriore della maglia indossata dalla donna collima con quello rilevato sulla corrispondente parte posteriore del giaccone.

La discrepanza della valutazione peritale circa l’orientamento della traiettoria (questione, peraltro, di scarsa rilevanza nella "economia della decisione") è spiegabile con la circostanza che i sanitari del pronto soccorso tagliarono gli indumenti della A. (successivamente esaminati dal perito) "in modo frettoloso" e che la maglia indossata è tessuto elasticizzato.

1.3 – Nel merito devono essere respinti i motivi di gravame in ordine alla esclusione del dolo omicida e alla qualificazione della condotta ai sensi dell’art. 590 c.p. e, gradatamente, ai sensi dell’art. 582 c.p., sotto il profilo che T. non avrebbe avuto una presa sicura della pistola, che l’ogiva avrebbe subito una "impennata con sbalzo a destra" e verso l’alto per effetto del rinculo, che sarebbe stato esploso soltanto un colpo.

Innanzi tutto la tesi del difensore secondo il quale T. avrebbe sparato verso terra a scopo meramente intimidatorio l’unico colpo, mentre il proiettile avrebbe attinto la vittima alla schiena per cause accidentali, non trova conforto neppure nella versione del giudicabile.

Costui ha sostenuto che, nell’atto di puntare la pistola contro la A. esclusivamente per spaventarla, "gli era partito inavvertitamente il colpo".

Entrambe le tesi sono destituite di fondamento.

Risulta evidente la intenzionalità della condotta. La azione di fuoco fu preceduta dall’arretramento dalla culatta della pistola (con cane esterno "a singola azione") e, inoltre, T. prima di sparare indossò un guanto di lattice che si lacerò mentre lo calzava (la polizia giudiziaria sequestrò l’indumento nella abitazione dell’imputato, dopo aver rivenuto sulla scena del delitto il frammento lacerato, corrispondente al pollice).

Secondo quanto precisato dal perito balistico, il "leggero" rinculo della pistola (di calibro non grosso) non esercita una azione tale da compromettere la impugnatura, così da determinare "uno spostamento significativo del tiro".

Le copiose tracce di affumicatura rilevate sul giaccone della A. (documentate dal corredo fotografico della relazione peritale) dimostrano che il colpo fu esploso da distanza contenutissima, certamente non superiore a cinquanta centimetri.

L’oggettività del dato rende inconfutabile l’accertamento, laddove privo di pregio è il riferimento dell’appellante alle dichiarazioni della A. la quale ha dichiarato che quando si voltò, dopo essere stata proditoriamente colpita, T. si trovava alla distanza di tre o quattro passi. Deve considerarsi che si tratta della evocazione di "percezioni avute in un momento di particolare concitazione". Inoltre, nella immediatezza del ferimento, concomitanti spostamenti – in avanti della vittima e all’indietro dell’aggressore – con conseguente dilatazione della reciproca distanza, consentono di conciliare la prova orale alla generica.

In conclusione è da escludere, tenuto conto della "estrema vicinanza", che T. intendesse sparare vero terra ovvero colpire un diverso distretto corporeo.

La volontà omicida è dimostrata dalla zona anatomica "selezionata come bersaglio", sede di organi vitali. Il perito medico legale ha riferito che l’ogiva, dopo aver sfiorato l’aorta, aveva leso altro vaso arterioso provocando una massiccia emorragia la quale – in difetto dei tempestivi soccorsi e dell’intervento chirurgico praticato di urgenza – avrebbe provocato la morte della vittima.

2. – Ricorre per cassazione l’imputato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Mario Laveneziana, mediante atto del 20 maggio 2010 col quale sviluppa tre motivi, denunziando col primo, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, in relazione agli artt. 178 e 179 cod. proc. pen., e con gli altri due motivi, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.

2.1- Con il primo motivo il difensore ripropone le eccezioni di nullità, qualificata assoluta e insanabile, e in proposito deduce:

non è applicabile la disposizione dell’art. 33-novies cod. proc. pen. che concerne il diverso caso della assegnazione al giudice singolo del processo per il quale è prescritto il rito collegiale o viceversa; mentre nella specie, assegnato il giudizio al tribunale in composizione collegiale, che aveva incoato la celebrazione del dibattimento, alla udienza del 16 settembre 2008 il presidente si è illegittimamente sostituito al collegio, con conseguente nullità ai sensi dell’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. a); siffatta nullità ha travolto il provvedimento presidenziale "di rinvio dell’udienza con relativo avviso alle parti presenti"; concorre l’ulteriore nullità per la mancata partecipazione del giudicabile alla succitata udienza;

le nullità eccepite operano "indipendentemente da qualsivoglia tipo di attività svolta e da qualsivoglia tipo di provvedimento adottato". 2.2 – Con il secondo motivo il difensore censura il diniego dalla rinnovazione della istruzione dibattimentale e, deducendo la violazione dell’art. 603 cod. proc. pen., rinnova le critiche all’elaborato peritale, opponendo: 1) in ordine alla distanza di sparo desunta della tracce di affumicatura, la Corte territoriale ha trascurato di considerare che il giaccone di similpelle comportava la evidenza di tracce o tatuaggi "ben più marcati" rispetto a quelli che un altro tipo di tessuto avrebbe potuto presentare; il perito si è limitato alla osservazione degli indumenti, senza procedere a ulteriori accertamenti; 2) la determinazione peritale della distanza di sparo contrasta colla prova orale; la A. ha riferito che T. era alcuni passi dietro di lei e, su domanda del difensore, ha precisato (alla udienza del 5 aprile 2008) che si girò immediatamente subito dopo lo sparo, così smentendo la ipotesi della Corte territoriale circa l’allontanamento (tra l’imputato e la vittima) intervenuto medio tempore; 3) il responso peritale del dott. L. in ordine alla direzione (sinistrorsa) della traiettoria contrasta con quello del medico legale, dott. V. circa il tramite intracorporeo destrorso del proiettile; la perizia balistica non è attendibile; le "scusanti" della Corte territoriale sono illogiche e contraddittorie; era necessaria una nuova perizia.

2.3 – Con il terzo motivo il difensore deduce: le censure sviluppate in ordine alla perizia balistica (col precedente mezzo di impugnazione) valgono a confutare l’accertamento dei giudici di merito del dolo omicida e la reiezione della richiesta difensiva di riqualificazione della condotta "nel delitto di lesioni volontarie aggravate", tenuto conto, ancora, del comportamento motorio rallentato dell’imputato e della "presa incerta" dell’arma;

dell’impennamento del proiettile; della intenzione del ricorrente di attingere "una zona più bassa e più spostata a sinistra"; della natura del distretto anatomico selezionato per il bersaglio "che non è qualificabile, seppur apparentemente, come regione vitale"; della valutazione da parte del giudicabile della zona colpita come "non vitale"; della omessa direzione della azione offensiva verso il torace o la testa; della mancata reiterazione dello sparo, pur dopo il riconoscimento da parte della vittima.

3. – Il ricorso è infondato.

3.1 – In rito la questione della nullità agiata dal ricorrente, in relazione alla udienza del 16 settembre 2008, è priva di rilevanza.

Superfluo è ogni approfondimento sul punto.

La supposta invalidità, infatti, non si propaga agli atti successivi, compiuti nella udienza – immediatamente seguente – del 14 ottobre 2008 e nel prosieguo del giudizio.

La successione meramente cronologica della sequela degli atti del processo non comporta veruna dipendenza, giuridicamente rilevante ai sensi dell’art. 185 c.p.p., comma 1.

Il difensore eccepisce la nullità del provvedimento presidenziale "di rinvio dell’udienza" adottato il 16 settembre 2008.

Ma la avvenuta partecipazione alla successiva udienza (davanti al ricostituito collegio) dell’imputato e del difensore rende affatto irrilevante ogni questione circa la validità del pregresso provvedimento di aggiornamento del dibattimento.

3.2 – Per il resto non ricorre – alla evidenza – il vizio della violazione di legge:

– nè sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);

– nè sotto il profilo della erronea applicazione, avendo la Corte territoriale esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte, nè, oltretutto, opponendo il ricorrente alcuna alternativa interpretazione a quella correttamente seguita nel provvedimento impugnato.

3.3 – Neppure palesemente ricorre vizio alcuno della motivazione.

Il giudice a quo ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass., Sez. 1^, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4^, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione di vitia della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili à termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3. 3.4 – Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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