Cons. Stato Sez. VI, Sent., 09-02-2011, n. 867 Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. E’ impugnata la sentenza n. 1947 del 2 marzo 2004 con la quale il Tar per il Lazio ha accolto il ricorso n. 5827 del 2000 della signora R.C.D.S.L., dipendente del Ministero per i beni e le attività culturali, ivi transitata per mobilità volontaria dall’ente Ferrovie dello Stato, ai sensi del d.P.C.M. n. 325 del 5 agosto 1988, avverso i decreti dirigenziali dello stesso Ministero del 18 e del 20 agosto 1999, con i quali era stato rideterminato il suo trattamento economico all’atto del suo passaggio nel ruolo ministeriale.

In accoglimento del ricorso di primo grado, il primo giudice ha riconosciuto che, in relazione al cosiddetto "premio di esercizio", già goduto alle dipendenze dell’Ente ferroviario, la ricorrente avesse diritto, in luogo del disposto assegno ad personam, alla inclusione di quella voce retributiva, considerata a tutti gli effetti componente strutturale dello stipendio, nell’ambito della retribuzione individuale di anzianità; inoltre, sempre a giudizio del tribunale di primo grado, sulle somme relative al premio di esercizio andava altresì riconosciuto il diritto alla rivalutazione e agli interessi legali, da calcolarsi dalla data di scadenza di ogni singolo rateo.

2. Il Ministero per i beni culturali e ambientali ha appellato la sentenza del TAR, rilevando la natura accessoria della predetta voce retributiva e la consequenziale remunerabilità della stessa soltanto con assegno ad personam (peraltro da ritenersi assorbito a decorrere dal 1996 per effetto del riconoscimento alla interessata, in virtù del contratto collettivo di categoria, della indennità di amministrazione), concludendo pertanto per il rigetto del ricorso di primo grado, in riforma della impugnata sentenza.

Si è costituita la appellata per resistere al ricorso in appello e per chiederne la reiezione.

All’udienza pubblica del 14 dicembre 2010 il ricorso è stato trattenuto per la sentenza.

3. L’ appello è fondato e merita accoglimento.

3.1. Il Collegio non ignora che sulla questione della natura della voce retributiva denominata "premio di esercizio" in godimento da parte del personale delle Ferrovie dello Stato all’atto del trasferimento nei ruoli ministeriali, nonchè sulle conseguenze della sua qualificazione alla stregua di elemento accessorio ovvero strutturale del trattamento retributivo complessivo del dipendente, alcune decisioni di questo Consiglio di Stato (Cons. Stato, VI, n. 5920 e 5921 del 2 dicembre 2008) hanno riconosciuto la natura stipendiale di tale voce retributiva, in tal modo aggregandola alla retribuzione individuale di anzianità e ritenendola così utile, tra l’altro, ai fini del computo della tredicesima mensilità.

In sintesi, l’assunto posto a base di tale impostazione è che il premio di esercizio previsto per i dipendenti delle Ferrovie dello Stato dall’art. 41 del c.c.n.l. 1990/92 era disciplinato con espressione identica a quella usata per la tredicesima mensilità, con richiamo, per la sua quantificazione, alla retribuzione base di cui all’art. 33, punto 1, del contratto (stipendio con aumenti periodici ed indennità integrativa speciale), anche se in concreto era corrisposto nel mese di luglio (mentre la tredicesima è liquidata in dicembre), divenendo così una sorta di quattordicesima mensilità, come altre amministrazioni pubbliche all’epoca avevano previsto per i propri dipendenti. Inoltre, sempre secondo tale interpretazione giurisprudenziale, lo stesso contratto collettivo di categoria, all’art. 35, comma 1, ricomprendeva il rateo di premio di esercizio nella "retribuzione normale", ovvero quella predeterminata e continuativa di sicuro affidamento per l’impiegato.

Sull base di tale considerazione, il richiamato orientamento ha ricompreso quella voce nella retribuzione individuale di anzianità (con conseguente riconoscimento della differenza tra trattamento iniziale in godimento e trattamento iniziale del nuovo livello), da riconoscere in favore del dipendente trasferito per mobilità volontaria nei ruoli ministeriali; non già quindi nell’ambito dell’assegno ad personam da erogare con finalità perequative ai sensi dell’art. 5 del D.P.C.M. n. 325 del 5 agosto 1988.

3.2. Il Collegio non condivide tale interpretazione e ritiene di condividere l’opposto orientamento della Corte di Cassazione (v. in particolare, Cass. Sez. lavoro n. 10637 del 9 maggio 2006), per il quale del tutto legittimamente l’Amministrazione statale esclude il cosiddetto premio di esercizio dalla retribuzione individuale di anzianità e ricomprenda tale voce retributiva aggiuntiva, goduta dalla dipendente presso l’ente di provenienza, nell’assegno ad personam corrisposto a seguito del trasferimento nei ruoli ministeriali.

E’ da premettere che in base alla L. 29 dicembre 1988, n. 554, articolo 4, comma 1 (recante "Disposizioni in materia di pubblico impiego") il personale dell’ente ferrovie dello Stato risultante in esubero a seguito di ristrutturazione poteva essere inquadrato in altre pubbliche amministrazioni che denunciassero carenze di personale.

L’inquadramento sarebbe avvenuto secondo le modalità dettate dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 agosto 1988, n. 325. L’art. 5 di detto decreto prevedeva testualmente che "il dipendente trasferito è collocato nel ruolo dell’amministrazione ricevente nell’ordine spettante ed in base all’anzianità di qualifica e conserva, ove più favorevole, il trattamento economico in godimento all’atto del trasferimento mediante l’attribuzione ad personam della differenza con il trattamento economico previsto per la qualifica di inquadramento".

La disposizione appena riportata garantiva quindi la conservazione del trattamento economico in godimento alla condizione che questo fosse più favorevole e disponeva anche circa lo strumento per tale conservazione, costituito dall’attribuzione della differenza fra i due trattamenti con assegno ad personam. Non par dubbio pertanto che il dipendente trasferito debba conservare, ove più favorevole, l’insieme del trattamento economico in godimento al momento del trasferimento (in esse ricomprese le voci tipicamente contrattuali), in virtù di una disposizione (art. 5, secondo comma, del D.P.C.M. n. 325 del 5 agosto 1988) che costituisce attuazione del tradizionale principio del cd divieto di reformatio in peius vigente nel pubblico impiego.

Cionondimeno è da escludere che tale principio possa comportare la diuturna stabilizzazione di voci retributive (come appunto è il caso del premio di esercizio per i ferrovieri) che si giustificano soltanto nell’ambito di un determinato contesto aziendale e che sarebbe pertanto iniquo far confluire nella retribuzione individuale di anzianità, anche avuto riguardo alle posizioni degli altri lavoratori aventi medesima qualifica e anzianità ed appartenenti al medesimo ruolo di destinazione del dipendente in mobilità.

Per le stesse ragioni non ha pregio, una volta che il dipendente ha abbandonato il suo precedente ente datoriale per passare volontariamente ad altro ruolo, l’argomento interpretativo fondato sulla lettera di altra disposizione di confronto del contratto collettivo dei ferrovieri (art. 35 CCNL) posto che, quale che sia la portata della citata disposizione contrattuale, essa si riferisce esclusivamente al personale appartenente alla categoria cui il contratto trova applicazione e non anche al personale che già vi faceva parte (e che poi è transitato in altro ruolo).

Per quanto detto, il premio di esercizio, non può che essere attribuito, così come in concreto è avvenuto, ed in conformità a quanto previsto dall’art. 5 del D.P.C.M. n. 325 del 5 agosto 1988, a titolo di assegno ad personam, da corrispondere per dodici mensilità e da assoggettare alla sola ritenuta pensionistica.

Non appare da ultimo inutile notare, ai fini della coerenza della interpretazione qui fatta propria, che l’art. 14 della legge n. 829 del 1973 esclude il premio di esercizio dalla base di calcolo della indennità di buonuscita dovuta ai dirigenti delle Ferrovie dello Stato; pertanto, l’accoglimento della tesi della conservazione del premio di servizio per i ferrovieri transitati in altro ruolo comporterebbe la irrazionale conseguenza che la relativa voce retributiva avrebbe assunto una valenza superiore (anche ai fini de trattamento di fine rapporto) rispetto a quella prevista dalla legge per gli stessi dipendenti delle Ferrovie.

Sotto altro complementare profilo, corretta appare la determinazione, anch’essa oggetto di impugnativa e ritenuta assorbita in primo grado, di ritenere non più dovuto l’assegno ad personam in godimento alla appellata a seguito della erogazione in suo favore della indennità di amministrazione prevista dal CCNL in vigore dal 1 gennaio 1996 per i dipendenti del Ministero dei beni e le attività culturali. Infatti, ai sensi dell’art. 3, comma 58, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, l’assegno personale perequativo dovuto nei casi di passaggio di carriera non è cumulabile con indennità fisse e continuative, anche se non pensionabili, spettanti nella nuova posizione, salvo che per la parte eventualmente eccedente.

Risulta dunque legittima la determinazione della Amministrazione appellante, una volta introdotta – con carattere fisso e continuativo – l’indennità di amministrazione per il personale dipendente, di ritenere non più dovuto, a decorrere dal 1 gennaio 1996, l’assegno ad personam già in godimento dalla odierna parte appellata, salvo che per l’eventuale parte eccedentaria.

Nè si pone, come pretenderebbe la difesa della odierna appellata, un problema di inammissibile applicazione retroattiva delle disposizione appena richiamata, entrata in vigore il primo gennaio 1994 (sull’assunto che il momento della cristallizzazione temporale è quello del passaggio nei ruoli ministeriali, e cioè il 1991), atteso che al contrario il momento scriminante da considerare è piuttosto quello in cui si fa luogo al riassorbimento dell’assegno, essendosi verificate a quella data le condizioni previste dalla legge (che trova, a quel punto, applicazione non retroattiva).

Da ultimo non ha pregio la questione della pretesa inapplicabilità alla fattispecie della citata disposizione di cui all’art. 3, comma 58, della legge n. 537 del 24 dicembre 1993 (che si riferirebbe, secondo l’assunto difensivo dell’appellata, soltanto ai passaggi di carriera di cui all’art. 202 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3), atteso l’espresso riferimento contenuto nel comma 57 della stessa disposizione (richiamato dal successivo comma 58) non soltanto a tali casi di passaggio di carriera, ma anche a quelli previsti da altre analoghe disposizioni (in tali ultimi passaggi dunque rientrando anche quello effettuato, ai sensi della legge 29 dicembre 1988, n. 554, dalla originaria ricorrente).

4. In definitiva, l’appello va accolto e, in riforma della impugnata sentenza, deve essere integralmente rigettato il ricorso di primo grado n. 5827 del 2000.

Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate tra le parti, avuto riguardo alla non univoca soluzione giurisprudenziale della questione trattata
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 2132 del 2005, come in epigrafe proposto, accoglie l "appello e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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