Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 25-03-2011, n. 7024

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I lavoratori odierni ricorrenti, già dipendenti della s.p.a. ITIN, si rivolgevano al Tribunale di Catania, giudice del lavoro, esponendo che erano stati posti in cassa integrazione guadagni straordinaria dal 1993 e, quindi, dopo varie proroghe, avevano ripreso servizio dopo il superamento della crisi aziendale; erano stati, però, licenziati e posti in mobilità il 9 dicembre 1998, a seguito del fallimento dell’impresa datrice di lavoro, dichiarato in data 11 giugno 1997, per una sopravvenuta e momentanea crisi di liquidità;

l’INPS, nell’erogare l’indennità di mobilità, aveva operato una consistente trattenuta, corrispondente alla deduzione di giornate di mobilità a titolo di compensazione, ai sensi del D.L. n. 478 del 1993, art. 1, comma 3, con il periodo di proroga della cassa integrazione fruita nel 1994; tale trattenuta era illegittima, posto che la originaria collocazione in cassa integrazione guadagni straordinaria era stata determinata da una crisi di commesse, poi ampiamente superata, mentre la successiva procedura di mobilità, conseguente ad una nuova e distinta collocazione in cassa integrazione, si era fondata su ragioni del tutto diverse, riguardanti una crisi di liquidità che aveva comportato il fallimento dell’impresa, sì che non sussistevano i presupposti per la disposta compensazione. Domandavano, perciò, la condanna dell’INPS a corrispondere le somme non erogate, oltre gli accessori.

Il Tribunale respingeva la domanda e tale decisione veniva confermata dalla Corte d’appello di Catania, che, con la sentenza qui impugnata, rigettava il gravame proposto dai lavoratori. In particolare, la Corte di merito, per quanto rileva in questa sede di legittimità, premetteva che ai fini della applicabilità della compensazione occorreva la identità e continuità delle ragioni poste a fondamento della proroga della cassa integrazione e della messa in mobilità dei lavoratori ed osservava che tale condizione ricorreva nella specie, in quanto la iniziale crisi che aveva interessato la ITIN non era stata mai superata e, anzi, si era vieppiù aggravata fino a determinare o stato di insolvenza e il fallimento della società, sì che la compensazione operata dall’INPS si rivelava del tutto legittima.

Di questa decisione i lavoratori indicati in epigrafe domandano la cassazione con ricorso articolato in un unico motivo.

L’Istituto resiste con controricorso.

A.G. ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

1. In via preliminare, va disattesa l’eccezione di parziale inammissibilità del controricorso, sollevata in memoria con riferimento alla asserita notificazione dell’atto ad uno solo dei ricorrenti. Risulta, infatti, dalla relata di notificazione che il controricorso è stato notificato a tutti i ricorrenti, mentre non assume alcun rilievo, ai fini della validità della notificazione, che nel pedissequo modello di consegna dell’atto i ricorrenti siano indicati come " A.G. + altri". 2. In relazione al motivo di ricorso, deve esaminarsi, in limine, la questione relativa alla sua ammissibilità, sollevata dall’Istituto resistente e, peraltro, rilevabile d’ufficio, concernente la ritualità dei quesiti di diritto formulati ai sensi dell’art. 366- bis c.p.c. (applicabile nella specie ratione temporis essendo impugnata una sentenza depositata il 12 febbraio 2008: cfr. D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2; L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5).

2.1. Ritiene il Collegio che la formulazione dei quesiti non corrisponda alle prescrizioni di legge, per diversi profili, relativi alla genericità della enunciazione e alla mescolanza, all’interno di ciascuno dei quesiti, di censure afferenti a vizi motivazionali. In particolare: a) la denuncia di violazione degli artt. 1362 e ss. c.c. è del tutto generica e priva di ogni indicazione della fattispecie, riferendosi all’interpretazione di "una manifestazione negoziale di un organo della procedura fallimentare non presumendo che la stessa sia resa in buona fede"; b) la denuncia di violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è solo apparente e non congruente rispetto al contenuto della deduzione, poichè nel quesito si lamenta, invece, la mancata considerazione di taluni documenti, che attiene, non già ai canoni di valutazione prescritti dalle norme richiamate, bensì alla formazione del cd. giudizio di fatto operato dal giudice di merito;

c) parimenti, la denuncia di violazione della L. n. 56 del 1994, art. 1 e della L. n. 223 del 1991, art. 4 è anch’essa solo apparente, poichè il contenuto dei relativi quesiti presuppone la valutazione di fatto in ordine alla asserita mancanza di un qualunque nesso fra le ragioni giustificative delle proroghe della cassa integrazione e la messa in mobilità dei lavoratori, così risolvendosi i quesiti, ancora una volta, in denunce relative alla motivazione, prive di specifica indicazione delle ragioni per cui l’accertamento del giudice di merito si riveli incoerente o carente; nè, peraltro, tali indicazioni potrebbero essere integrate dalle argomentazioni sviluppate nel motivo, stante la autonomia del quesito di diritto (cfr. Cass., sez. un., n. 2658 del 2008; n. 27347 del 2008).

3. La inadeguatezza dei quesiti, così delineata, comporta la inammissibilità del ricorso.

4. Nulla per le spese del giudizio di cassazione, in applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c. (nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche introdotte dalla L. n. 326 del 2003).
P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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