Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 11-01-2011) 11-02-2011, n. 5319 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P.1. C.G. ricorre contro il decreto della Corte d’appello di Napoli che confermava il provvedimento di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di p.s. con obbligo di soggiorno per la durata di anni due e mesi sei, e denuncia:

1. la nullità del decreto di citazione a giudizio avanti al Tribunale per omesso avviso al difensore di fiducia;

2. carenza di motivazione, per avere la Corte fondato il giudizio di pericolosità sociale sulle risultanze della sentenza di condanna per il delitto previsto dall’art. 416 bis c.p., senza tenere conto delle deduzioni difensive contenute nei motivi d’appello.

P.2. Il ricorso è manifestamente infondato.

In ordine al primo motivo, si osserva che il mancato avviso al difensore fiduciario è dipeso dal fatto che la sua nomina è pervenuta all’ufficio dopo che la cancelleria aveva spedito all’ufficiale giudiziario il decreto di citazione e relativi avvisi per le prescritte notificazioni. Quindi l’avviso fu correttamente notificato al difensore d’ufficio che, in quel momento, risultava essere l’unico ed effettivo titolare del mandato difensivo. Infatti è pacifico che l’avviso dell’udienza fissata per il giudizio è legittimamente dato al difensore che risulti tale al momento della sua spedizione all’ufficiale giudiziario incaricato della notificazione, a nulla rilevando la nomina del difensore di fiducia fatta successivamente, il quale potrà ricevere la notizia dell’udienza fissata dal suo patrocinato (cfr. Sezioni Unite, 6.7.1990 n. 8, Scarpa, rv 185438).

In ordine al secondo motivo di ricorso che prospetta un vizio di motivazione, è opportuno rammentare che, nel procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione, secondo il disposto della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, comma 11, richiamato dalla L. n. 575 del 1965, art. 3 ter, comma 2, è ammesso soltanto per violazione di legge. Ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, sono escluse dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità le ipotesi previste dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), potendosi soltanto denunciare, ai sensi della lett. c) dello stesso articolo, la motivazione inesistente o meramente apparente, integrante la violazione dell’obbligo – imposto dalla L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 10, – di provvedere con decreto motivato.

Nel caso concreto la Corte territoriale ha richiamato la diffusa motivazione stesa dal giudice di primo grado e, in particolare, ha utilizzato come elementi indiziari dell’appartenenza del proposto a un’associazione di tipo mafioso le risultanze della sentenza di condanna per il delitto previsto dall’art. 416 bis c.p. nonchè l’assidua frequentazione, mantenuta fino al momento dell’arresto, con persone affiliate al clan camorristico di riferimento. Pertanto il dovere di motivazione è stato adempiuto.

Il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma ritenuta congrua di Euro mille alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.

La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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