Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 11-01-2011) 11-02-2011, n. 5297

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 21 novembre 2008, la Corte di appello di Catania, confermava la sentenza del Tribunale di Ragusa con la quale K. H. era stato dichiarato colpevole del delitto di evasione e condannato alla pena di mesi otto di reclusione.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, chiedendo che la Corte dichiari il reato estinto per intervenuta prescrizione del reato e, in subordine, applichi l’indulto, deducendo altresì la inadeguata motivazione in ordine alla determinazione della pena e alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

Va qualificata come aspecifica la doglianza riguardante la dosimetria della pena, risolvendosi i motivi formulati dal ricorrente nella mera ripetizione di doglianze già esposte coi motivi d’appello e debitamente disattese dalla corte di merito. Il carattere autonomo di ogni impugnazione postula che essa rechi in sè tutti i requisiti voluti dalla legge per provocare e consentire il controllo devoluto al giudice superiore, mentre nel caso in esame i motivi non assolvono la loro funzione tipica di critica, risolvendosi in una mera apparenza (Sez. 6^, n. 20377 del 11/03/2009, dep. 14/05/2009, Arnone, Rv. 243838).

In ogni caso, quanto alla dosimetria della pena e al diniego delle attenuanti generiche, deve rilevarsi che non sono censurabili in sede di legittimità le relative statuizioni, che sono state motivate dal Giudice di merito, nell’esercizio del suo potere discrezionale e nei limiti della ragionevolezza, sulla base di parametri, di natura oggettiva e soggettiva, compresi tra quelli indicati nell’art. 133 c.p., ponendo la valutazione conclusiva un rapporto di adeguatezza tra fatto – reato e trattamento sanzionatorio, così da escludere la necessità o l’opportunità di applicazione del rimedio moderatore previsto dall’art. 62 – bis c.p..

Inammissibile è anche la richiesta di applicazione dell’indulto, proposta per la prima volta in sede di legittimità. E’ invero principio consolidato che il problema dell’applicazione dell’indulto può essere sollevato nel giudizio di legittimità soltanto nel caso in cui il giudice di merito lo abbia preso in esame e lo abbia risolto negativamente, escludendo che l’imputato abbia diritto al beneficio, mentre nel caso in cui abbia omesso di pronunciarsi deve essere adito il giudice dell’esecuzione. Ne consegue che, allorchè non risulta richiesta nelle fasi di merito l’applicazione dell’indulto, la questione non è deducibile con ricorso per cassazione (Sez. U, n. 02333 del 03/02/1995, dep. 07/03/1995, Aversa, Rv. 200262).

L’inammissibilità del ricorso per le ragioni esposte non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare di ufficio l’estinzione del reato per prescrizione, maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso (Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, dep. – 22/06/2005, Bracale, Rv. 217266).

2. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa emergenti dal ricorso – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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