T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, Sent., 09-02-2011, n. 774 Legittimità o illegittimità dell’atto Vincoli

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente, che nel febbraio 1995 aveva presentato un’istanza di condono edilizio al Comune di Ischia, ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale la Soprintendenza per i beni architettonici e paesistici di Napoli ha restituito al comune il decreto dirigenziale di autorizzazione paesistica ed i progetti.

La motivazione della restituzione è indicata dalla Soprintendenza nella circostanza che il procedimento, a seguito dell’intervenuta modifica normativa, non poteva essere concluso sulla base della previgente disciplina.

Avverso il provvedimento gravato ha articolato diverse censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

Le amministrazioni intimate, costituite in giudizio, hanno chiesto la reiezione del gravame.

Alla pubblica udienza del 25 gennaio 2011, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va respinto.

Il comune di Ischia, presso il quale era stata depositata, in data 28.02.1995, una istanza di condono edilizio ai sensi della legge 724/94 per interventi abusivi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e ambientale, richiedeva alla Commissione Edilizia Integrata la valutazione di compatibilità paesistica.

In data 28 aprile 2010, acquisito il parere della CEI, il responsabile dell’ufficio condono edilizio del comune di Ischia rilasciava parere favorevole all’intervento.

L’atto veniva dunque inviato alla Soprintendenza che, in data 30.06.2010, restituiva gli atti al comune, ritenendo la pratica non più valutabile per l’intervenuta modifica della procedura.

E’ necessario, in via preliminare, individuare le disposizioni normative applicabili al caso in esame.

L’art. 146, nel testo introdotto dall’articolo 2, comma 1, lettera s) del D.Lgs. 26 marzo 2008, n. 63, prevede che i proprietari di immobili ed aree di interesse paesaggistico debbano ottenere dalle amministrazioni competenti un’autorizzazione in relazione agli interventi sui beni medesimi.

Tale atto, autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanisticoedilizio, è di competenza della Regione, o degli enti delegati, i quali, nel corso del procedimento, devono acquisire il parere vincolante della soprintendenza.

Quanto all’operatività temporale del citato art. 146, l’art. 159 del medesimo d.lgs. 42/2004, che contiene il regime transitorio in materia di autorizzazione paesaggistica, stabilisce che la previgente disciplina, in forza della quale la regione o l’ente delegato emettevano il provvedimento di autorizzazione paesistica rispetto al quale, entro sessanta giorni dalla trasmissione della documentazione la Soprintendenza poteva emettere un provvedimento di annullamento, si applica fino al 31 dicembre 2009.

L’art. 159, inoltre, prevede esplicitamente che siano sottoposti alla nuova disciplina contenuta nel capo IV "i procedimenti di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica che alla data del 31 dicembre 2009" non si siano ancora conclusi con l’emanazione della relativa autorizzazione o approvazione.

Appare evidente come la fattispecie concreta nel cui ambito la Soprintendenza ha disposto la restituzione degli atti al comune, non essendosi conclusa entro il 31 dicembre 2009 con il rilascio dell’autorizzazione paesistica, debba essere assoggetta alla disciplina contenuta nell’art. 146.

A tanto consegue che il parere vincolante della Soprintendenza deve essere acquisito nel corso del procedimento e non, sotto forma di annullamento, al di fuori dello stesso, risultando contraria alla normativa vigente la pretesa ultrattività del regime transitorio propugnata dalla ricorrente.

La ricostruzione per la quale ha optato la Soprintendenza è, inoltre, coerente con la vigenza, nel diritto amministrativo, della regola del tempus regit actum, in forza della quale la legittimità di un provvedimento amministrativo va valutata in relazione alla norme vigenti e allo stato di fatto esistente al tempo in cui lo stesso viene adottato (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, Roma sez. II, 11 agosto 2010, n. 30620, Consiglio di Stato, sez. IV, 28 settembre 2009, n. 5835).

Per contro l’esclusione di una determinata fattispecie dall’applicazione ".. dello jus superveniens al procedimento amministrativo… rinviene la sua ratio nell’intangibilità delle situazioni giuridiche soggettive e, dunque, non ha ragione di trovare applicazione quante volte tali situazioni non possono dirsi acquisite nel patrimonio giuridico del suo titolare" (così, Consiglio di Stato, sez. VI, 23 settembre 2009, n. 5687).

Né il procedimento di condono qui in esame può in qualche modo assimilarsi ad una procedura concorsuale o comparativa, nel cui specifico ambito si è rilevato come il quadro di riferimento dell’attività di valutazione posta in essere dall’amministrazione deve essere cristallizzato alle prescrizioni contenute nel bando e allo stato della normativa a tale data vigente (cfr. per un approfondimento delle ragioni della diversa disciplina Consiglio di Stato, sez. VI, 21 luglio 2010, n. 4791).

A diversa conclusione non può giungersi neppure seguendo la ricostruzione propugnata in ricorso, secondo la quale l’art. 32 della legge 47/85 disciplinerebbe, con tratti di specialità, il procedimento di acquisizione dell’autorizzazione paesistica nel corso del procedimento di condono edilizio.

La norma in questione, al primo comma, dispone che "… fatte salve le fattispecie previste dall’articolo 33, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso", prevedendo, altresì, al comma 4, che "… ai fini dell’acquisizione del parere di cui al comma 1 si applica quanto previsto dall’articolo 20, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.380".

L’articolo, come è evidente, quanto alla valutazione della compatibilità paesaggistica, si limita ad un rinvio alle disposizioni generali in materia di acquisizione di autorizzazione paesistica.

Né il preteso criterio di specialità può rinvenirsi nell’art. 12, del d.l. n. 2/88, a norma del quale "… per le aree soggette a vincolo paesistico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, e successive modificazioni, e del decretolegge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, il parere prescritto dall’art. 32, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, è reso ai sensi del nono comma dell’art. 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, come modificato dall’art. 1 del citato decretolegge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431".

Il citato articolo 82, comma nono del d.P.R. 616/77 è stato, infatti, abrogato ad opera dell’art. 166, del d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 (d.lgs. a sua volta abrogato dall’art 184 del d.lgs. n. 42/2004), impedendo l’operatività di un meccanismo di rinvio che, in considerazione del fatto che era seccamente riferito ad una disposizione e non alla sua ratio e stante la valenza procedimentale della disposizione richiamata, nonché l’assenza di argomenti logici desumibili aliunde, deve necessariamente essere considerato una ipotesi di rinvio mobile.

Da ultimo, deve, comunque, considerarsi che l’attuale formulazione dell’art. 32 della legge 47/85 – che nello stabilire che "qualora si tratti di opere pubbliche incidenti su beni culturali, si applica l’articolo 25 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490" contiene un inequivocabile rinvio alla disciplina generale in materia di beni culturali – è stata introdotta dall’art. 32 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, successivamente al decreto legge n.2/88 e conseguentemente è innovativa rispetto allo stesso, atteso che interviene nella medesima materia e senza che all’effetto abrogante possa ostare alcun aspetto di specialità.

Alla luce di tali argomentazioni va, dunque, respinto il secondo motivo di doglianza, con il quale la ricorrente ha lamentato violazione dell’art. 32 della legge 47/85, per ritenuta specialità della disciplina di settore.

Il motivo è infondato anche quanto alla censura di eccesso di potere per violazione del protocollo di’intesta stipulato tra la Soprintendenza e la Regione Campania nel 2001, attesa l’inidoneità di quest’ultimo a invertire gli ordinari criteri di successione di leggi nel tempo.

Il chiaro riferimento alla modificazione della previgente disciplina, inoltre, integra motivazione sufficiente a rendere ragione dell’iter argomentativo del provvedimento adottato, con conseguente reiezione della censura di difetto di motivazione articolata con il primo motivo di doglianza.

Neppure può essere condivisa la censura articolata con il terzo motivo di doglianza, con il quale la ricorrente ha sostenuto che il provvedimento gravato sia stato emesso in violazione del principio di nominatività e tipicità degli atti amministrativi.

La adottata decisione di restituire gli atti perché il procedimento tardivamente completato dal comune non era più perfezionabile ai sensi della normativa ormai non più vigente, appare, infatti, del tutto conforme ai principi generali in materia di procedimento amministrativo e non necessitava di alcuna autonoma ed esplicita previsione normativa.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, in ragione dei numerosi autonomi e analoghi ricorsi pendenti su identiche fattispecie.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 500,00 (cinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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