Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 11-01-2011) 11-02-2011, n. 5296

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P. 1. Con sentenza del 9 aprile 2010 la Corte d’appello di Bologna, accertato che U.F. non aveva omesso ma soltanto ritardato di versare l’assegno di mantenimento destinato alle due figlie minorenni, in parziale riforma della sentenza di primo grado, qualificava il fatto come violazione del comma 1, – anzichè comma 2 – dell’art. 570 c.p., e infliggeva la pena di Euro mille di multa.

Contro la decisione ricorre l’imputato il quale denuncia:

1. nullità della sentenza d’appello per violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, perchè la condotta descritta dall’art. 570 c.p., comma 1, sarebbe strutturalmente diversa da quella originariamente contestata;

2. erronea applicazione della norma penale, perchè, posto che l’art. 570 c.p., prevede due ipotesi distinte di reato, la prima relativa alla violazione degli obblighi di assistenza morale e la seconda relativa alla mancata assistenza materiale, il giudice d’appello, accertato che il ritardo nella corresponsione degli assegni relativi ai mesi estivi dell’anno 2003 non aveva determinato la mancata prestazione dei mezzi di sussistenza, avrebbe dovuto pronunciare l’assoluzione per insussistenza del fatto; comunque il ritardo, non avendo cagionato nocumento alle figlie, non poteva integrare neppure la fattispecie dell’art. 570 cit., comma 1;

3. contraddittorietà della motivazione, perchè la sentenza impugnata dapprima afferma che non si è raggiunta la prova che l’imputato avesse fatto mancare i mezzi di sussistenza e poi che lo stesso si è sottratto agli obblighi di assistenza morale omettendo di versare per tre mensilità l’assegno di mantenimento;

4. mancanza di motivazione, perchè la Corte non ha esaminato la richiesta – avanzata nel corso della discussione orale – di riconoscimento delle circostanze attenuanti di cui all’art. 62 c.p., nn. 4, e art. 6 c.p..

2. I primi due motivi di ricorso sono fondati.

La dottrina ha unanimemente criticato fin dal suo esordio la formulazione dell’art. 570 c.p., soprattutto per l’indeterminatezza e genericità che connotano la disposizione del comma 1. Tuttavia è venuta affermandosi nel tempo l’interpretazione – condivisa dalla giurisprudenza dominante – che nel corpo dell’art. 570 c.p., enuclea tre distinte, autonome ipotesi di reato:

1. il fatto di colui che "abbandonando il domicilio domestico o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla patria potestà, alla tutela legale o alla qualità di coniuge";

2. il fatto di colui che "malversa o dilapida i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge";

3. il fatto di chi "fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia separato per sua colpa".

Mentre la prima ipotesi di reato, punendo chi si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla patria potestà, alla tutela legale o alla qualità di coniuge tenendo una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, della quale la legge stessa fornisce l’esempio emblematico dell’abbandono del domicilio domestico, sanziona la violazione di obblighi di natura morale, le altre ipotesi di reato perseguono l’inadempimento di obblighi di natura prettamente economico – patrimoniale.

Ne deriva che, così definite e caratterizzate le tre ipotesi di reato previste dall’art. 570 cit., non è legittimo trasferire la sussunzione di una determinata condotta da una fattispecie all’altra, affermando che in ogni caso si ricadrebbe nella violazione degli obblighi di assistenza familiare.

Invero a diversità di condotte corrisponde diversità di sanzioni, per cui la violazione dell’obbligo di assistenza materiale perpetrata facendo mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore non può essere ricondotta, pena l’inosservanza del principio di correlazione tra accusa e sentenza, nella diversa fattispecie della violazione degli obblighi di assistenza morale prevista dall’art. 570, comma 1.

Pertanto è fondata la doglianza sollevata con il primo motivo di ricorso, che censura l’attribuzione al fatto – descritto come mancata prestazione dei mezzi di sussistenza ai figli minorenni – della nuova qualificazione giuridica di cui all’art. 570 cit., comma 1.

Tuttavia è assorbente il secondo motivo di ricorso, che denuncia insieme violazione della norma penale e manifesta illogicità della motivazione, per avere il giudice a qua dapprima escluso che il tardivo pagamento di tre assegni di mantenimento potesse nel caso specifico concretare la mancata prestazione dei mezzi di sussistenza ai figli minori, e poi contraddittoriamente affermato che quel ritardo costituiva condotta punibile ai sensi dell’art. 570, comma 1.

La censura è fondata, perchè, una volta accertato che il ricorrente non aveva fatto mancare i mezzi di sussistenza, la soluzione obbligata è il proscioglimento per insussistenza del fatto.
P.Q.M.

La Corte di cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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