Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 25-03-2011, n. 7007 Assunzione obbligatoria di mutilati ed invalidi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 9 novembre 2001, il Tribunale di Roma rigettava la domanda proposta da L.A. volta ad ottenere, nei confronti della resistente società Baldassini-Tognozzi Costruzioni Generali s.p.a., sentenza costitutiva di rapporto di lavoro a far data dall’avviamento obbligatorio al lavoro disposto dalla Provincia di Roma in ragione della qualità di quest’ultima di invalida civile.

La ricorrente aveva, altresì, domandato la condanna al risarcimento del danno da ritardata assunzione, dall’avviamento all’effettiva assunzione, oltre interessi e danno da svalutazione.

In subordine, la L. aveva chiesto l’accertamento dell’obbligo dell’azienda convenuta ad assumere essa medesima, con condanna al pagamento di una somma pari all’ammontare delle retribuzioni mensili e accessori.

Infine, la ricorrente aveva chiesto l’accertamento del diritto alle retribuzioni maturate dopo la sentenza, con conseguente condanna al relativo pagamento.

2. Avverso la sentenza del Tribunale di Roma la L. proponeva appello.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 550 del 2005, rigettava l’impugnazione.

3. Ricorre per la cassazione della suddetta pronuncia la L., prospettando tre motivi di ricorso.

Resiste con controricorso l’intimata società Baldassini-Tognozzi- Pontello Costruzioni Generali s.p.a (già Baldassini-Tognozzi Costruzioni Generali s.p.a.).
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso è prospettata violazione o falsa applicazione dell’art. 2932 c.c..

Ed infatti, ad avviso della ricorrente, a differenza di quanto dedotto dal Giudice dell’appello, la giurisprudenza ritiene che, in tema di collocamento obbligatorio, il giudice non debba limitarsi alla declaratoria di illegittimità della mancata assunzione, con la conseguente condanna al risarcimento dei danni, ma debba adottare un pronuncia costitutiva del rapporto di lavoro.

Il quesito di diritto ha il seguente tenore: se in materia di assunzioni obbligatorie ex Lege n. 68 del 1999, in caso di illegittimità del rifiuto di assunzione, il giudice possa costituire coattivamente il rapporto di lavoro secondo la procedura prevista dall’art. 2932 c.c., laddove sussistano tutti i requisiti utili per la perfezione dell’assunzione, ovvero se il disabile abbia solo diritto al risarcimento del danno.

2. Con il secondo motivo di ricorso è prospettata violazione e falsa applicazione della L. n. 68 del 1999, art. 9, sotto un duplice profilo. Ad avviso della ricorrente, quanto ritenuto dalla Corte d’Appello in ordine al prospetto informativo sarebbe in contrasto con la disposizione citata che stabilisce che deve essere indicato il numero di posti di lavoro e le mansioni disponibili per i lavorati disabili. In ogni caso, la lettera d’accompagnamento, che ad avviso della Corte avrebbe compiutamente integrato la nota informativa, non indicava le qualifiche che i disabili avrebbero dovuto possedere per essere assunti.

In merito al suddetto motivo venivano articolati i seguenti quesiti di diritto:

se a norma della L. n. 68 del 1999, art. 9, il datore di lavoro che intenda assumere invalidi con qualifiche e/ mansioni specifiche debba farne espressa richiesta nel prospetto informativo da inviare agli organi provinciali competenti, ovvero se sia sufficiente che tale indicazione avvenga in altri documenti, ancorchè allegati al prospetto, quali ad esempio la lettera d accompagnamento;

se a norma della L. n. 68 del 1999, art. 9, il datore di lavoro abbia l’obbligo di indicare espressamente e specificamente le qualifiche richieste per l’avviamento obbligatorio di personale invalido e/o le mansioni che si intendono far svolgere agli invalidi assunti, o se risulta sufficiente una mera indicazione generica, quale ad esempio quella di operai specializzati.

3. Con il terzo motivo di ricorso è prospettato il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

In particolare, deduce la ricorrente che la Corte d’Appello – pur ritenendo il messaggio della lettera di accompagnamento al prospetto informatico coerente, completo e trasparente nel rinvio ai mestieri del CCNL e, quindi, sufficiente ad imporre alla Provincia di Roma l’avviamento di solo personale in possesso di specializzazione – non avrebbe motivato tale decisione, pur in presenza di un elemento controverso e decisivo del giudizio, apparendo generico il mero riferimento a operai in possesso di specializzazioni contenuto nella suddetta lettera.

4. I motivi di impugnazione vanno esaminati congiuntamente in ragione della loro connessione.

5.1 suddetti motivi non sono fondati.

5.1. Occorre premettere che l’ordinamento prevede l’assunzione obbligatoria presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private di lavoratori appartenenti ad alcune categorie, espressamente indicate, meno favorite sul mercato del lavoro, o ritenute meritevoli di una particolare tutela, come onere di solidarietà sociale al fine di consentire anche ad essi lo svolgimento di un’attività produttiva, e dare così attuazione nei loro confronti al principio costituzionale del diritto al lavoro (Cass. n. 18203 del 2006).

La materia già disciplinata dalla L. 2 aprile 1968, n. 482 è ora regolata dalla L. 12 marzo 1999, n. 68. 5.2. L’applicabilità dell’art. 2932 c.c. è condizionata dalla presenza delle condizioni per emanare una pronuncia costitutiva del rapporto di lavoro.

Occorre, infatti, che sia determinato l’oggetto del contratto di lavoro.

Così (sentenza n. 15913 del 2004) si è ritenuto che in caso di legittimo avviamento di centralinista privo della vista, la cui assunzione sia indebitamente rifiutata dal destinatario dell’obbligo di assumerlo, il Giudice, se richiestone, deve applicare l’art. 2932 c.c. e rendere tra le parti sentenza che produca in forma specifica gli effetti del contratto non concluso, trattandosi di fattispecie possibile e non esclusa dal titolo, atteso che sono prestabiliti dalla L. n. 113 del 1985, in tema di disciplina del collocamento al lavoro e del rapporto di lavoro dei centralinisti non vedenti, la qualifica, le mansioni e il trattamento economico e normativo del lavoratore avviato, ivi compresa l’indennità legale di mansione, mentre assume carattere residuale il risarcimento economico (artt. 1223 e segg. c.c.) destinato ad assicurare l’integrale soddisfazione del diritto del centralinista, indebitamente pretermesso dalla prestazione lavorativa per l’inadempimento del datore di lavoro.

Ciò osservato, tuttavia, va rilevato che la censura formulata con il primo motivo di ricorso non coglie la ratio decidendi della sentenza della Corte d’Appello di Roma.

5.3. Il thema decidendum della presente controversia richiede, infatti, di considerare la portata da assegnare al termine "qualifica" di cui alla L. n. 68 del 1999, art. 9.

Ed infatti, le specifiche finalità sottese al disposto di quest’ultima norma e la lettera della citata L. n. 68, art. 2 – nella parte in cui fa riferimento a strumenti che permettano di valutare adeguatamente le persone con disabilita "nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto", nonchè ad "analisi di posti di lavoro … e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi di lavoro" – portano ad escludere una opzione ermeneutica volta ad assegnare al termine "qualifica", di cui al summenzionato art. 9, comma 2, una portata astratta ed indefinita, rendendo di contro doverosa una interpretazione che – in conformità delle linee guida della vigente normativa sul lavoro dei disabili – assegni al suddetto termine un significato più concreto, da intendersi cioè come specificazione delle capacità tecnico/professionali, di cui deve essere provvisto l’assumendo, che siano richieste per la sua collocazione lavorativa. Soluzione che, come questa Corte ha già affermato con le sentenze n. 15058 del 2010, n. 6017 del 2009, pronunciate in analoghe controversie, oltre ad accreditarsi sulla base della considerazione che la domanda di avviamento non possa, in ragione delle esigenze da soddisfare, che risultare attualizzata dalla effettiva e specifica situazione aziendale nell’ambito della quale deve collocarsi la posizione lavorativa del disabile, trova sul piano normativo un pieno riscontro anche nell’art. 10 della legge in esame.

Tale norma, infatti – nel regolare, come detta la sua rubrica, il "rapporto di lavoro dei disabili obbligatoriamente assunti", e nello statuire, al comma 1, che ai lavoratori assunti a norma della presente legge si applica "il trattamento economico e normativo previsto dalle leggi e dai contratti collettivi", e nel rimarcare ancora, al comma 2, che "il datore di lavoro non può chiedere al disabile una prestazione non compatibile con le sue minorazioni" – conforta l’assunto secondo cui in un sistema di cd. avviamento mirato, che sia funzionalizzato a trovare un giusto equilibrio tra gli interessi del lavoratore disabile e del datore di lavoro, deve assegnarsi il dovuto rilievo alle specifiche, variegate e speculari caratteristiche dell’area produttiva in cui si opera, ed in relazione alle quali va parametrato il trattamento, oltre che economico, anche normativo, del lavoratore disabile.

Nè di certo può essere trascurato il rilievo che un ancoraggio della richiesta e dell’avviamento del disabile alle concrete mansioni che egli andrà a svolgere nell’azienda sulla base della sua capacità tecnico/professionale finisce per accrescere i margini di garanzia per la sua integrità psico/fisica, agevolando l’applicazione dell’articolato apparato normativo – incentrato in primo luogo sui D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, e D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242, attuativi della direttiva della Comunità Europea 12 giugno 1989 n. 391 e di altre direttive ad essa collegate volto alla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Motivo questo che non è certo estraneo alla disposizione della L. n. 68 del 1999, art. 9, comma 2, nella parte in cui condiziona l’obbligo del datore di lavoro di assumere il lavoratore, che sia in possesso di una qualifica "simile" a quella di cui alla richiesta, a condizione che sia rispettato l’ordine di graduatoria e sia operato il necessario "addestramento o tirocinio da svolgere anche attraverso le modalità previste dall’art. 12". 5.4. Discende, da ciò, che l’obbligo dell’impresa di procedere all’assunzione viene meno allorchè l’avviamento sia avvenuto per una qualifica diversa, se pure simile, a quella specificata nella sua richiesta, non potendosi addossare all’impresa richiedente la responsabilità di sopperire a tale formale difformità mediante indagini di fatto sulle pregresse esperienze del lavoratore e su quanto da lui riferito in sede di colloquio "preassuntivo".

Deve quindi riaffermarsi il principio di diritto (Cass. n. 15058 del 2010) secondo cui: la ratio della L. 2 marzo 1999, n. 68, art. 9 che attribuisce al datore di lavoro la facoltà di indicare nella richiesta di avviamento la qualifica del lavoratore disabile da assumere a copertura dei posti riservati in un sistema di cd. avviamento mirato – va ravvisata nel consentire, mediante il riferimento ad una specifica qualifica, la indicazione delle prestazioni richieste dal datore di lavoro sotto il profilo qualitativo delle capacità tecnico/professionali di cui il lavoratore avviato deve essere provvisto, secondo la formale indicazione dell’atto di avviamento, al fine di una sua collocazione nell’organizzazione aziendale, che sia utile all’impresa e che nello stesso tempo, per consentire l’espletamento delle mansioni per le quali il lavoratore è stato assunto, non si traduca in una lesione della sua professionalità e dignità.

Ne consegue che il datore di lavoro può legittimamente rifiutare l’assunzione non soltanto di un lavoratore con qualifica che risulti, in base all’atto di avviamento, diversa, ma anche di un lavoratore con qualifica "simile" a quella richiesta, in mancanza di un suo previo addestramento o tirocinio da svolgere secondo le modalità previste dalla stessa L. n. 68 del 1999, art. 12. 5.5. La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di tale principio, avendo ritenuto che, come si evinceva dal prospetto informativo in uno alla relativa lettera di accompagnamento, era richiesto l’avviamento al lavoro di coloro che potessero svolgere i lavori operai indicati dal CCNL per gli specializzati.

Con motivazione coerente, infatti, la Corte d’Appello ha ritenuto che la circostanza che il contenuto della richiesta di avviamento al lavoro fosse precisato nella lettera di accompagnamento non dava luogo a violazione della L. n. 68 del 1999, art. 9, comma 6.

Afferma la Corte d’Appello che proprio la lettera di accompagnamento precisava la pericolosità del lavoro nel cantiere edile e richiedeva, per l’avviamento, invalidi che non siano esposti alla durezza della manovalanza ma che possano almeno svolgere i lavori operai indicati dal CCNL per gli specializzati.

In ragione della coerenza e completezza del contenuto della lettera di accompagnamento, la Corte d’Appello, con motivazione adeguata, riteneva che, il fatto che lo stesso non fosse stato inserito in apposito spazio del prestampato informativo, poteva aver generato difficoltà di rapida lettura nell’ente destinatario ma non incompletezza della comunicazione.

D’altro canto, va osservato che la L. n. 68 del 1999, art. 6, comma 9, stabilisce che dal prospetto informativo devono risultare il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, il numero e i nominativi dei lavoratori computabili nella quota di riserva di cui all’art. 3, nonchè i posti di lavoro e le mansioni disponibili per i lavoratori di cui all’articolo 1, ragione per la quale la mancata indicazione delle mansioni, non potrebbe consentire, in virtù della ratio della disciplina sopra richiamata, in modo generico, l’avviamento al lavoro di un soggetto che non abbia le necessarie capacità tecnico/professionali.

6. Il ricorso deve essere rigettato.

7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la resistente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 20,00 per esborsi, in Euro 2000,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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