Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 03-12-2010) 11-02-2011, n. 5285

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la decisione in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di condanna del g.u.p. del locale tribunale, ha ridotto la pena inflitta a F. F., per di associazione di tipo mafioso ed estorsione, aggravati dalla L. n. 203 del 1991, art. 7, determinandola in due anni e quattro mesi di reclusione.

2. Contro la sentenza ricorre l’imputato, tramite il suo difensore, che deduce nullità della sentenza, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), per essere stata ritenuta la compatibilità della circostanza aggravante di cui all’art. 629 c.p., comma 2, con l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7, nonchè per vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena.

3. In accoglimento della richiesta del Procuratore generale, va adottata declaratoria d’inammissibilità del ricorso.

3.1. Il motivo relativo all’inosservanza di legge è manifestamente infondato alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la circostanza aggravante di cui al D.L. 13 maggio 1991, n. 152, art. 7, convertito nella L. 12 luglio 1991, n. 203, (impiego del metodo mafioso nella commissione dei singoli reati o finalità di agevolare, con il delitto posto in essere, l’attività dell’associazione per delinquere di stampo mafioso) può concorrere con quella di cui all’art. 628 c.p., comma 3, n. 3 e art. 629 c.p., comma 2, (Cass. Sez. U, n. 10/2001, Cinalli).

Del tutto generica è la censura sul vizio di motivazione, non emergendo dal ricorso quale sarebbe l’illogicità manifesta o la contraddittorietà della motivazione addotta dei giudici di merito.

3.2. Parimenti inammissibile è la doglianza sulla determinazione della pena, ridotta dal giudice d’appello con motivazione congrua e con calcolo corretto, partendo dalla pena base di anni 6, determinata in considerazione della gravità del fatto commesso.

4. All’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria, che si ritiene adeguato determinare nella somma di 1.000 Euro, in relazione alla natura delle questioni dedotte.
P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di 1.000 (mille) Euro in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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