Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 30-11-2010) 11-02-2011, n. 5136 Provvedimenti del giudice

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la sentenza in epigrafe, il Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Mondovì ha applicato a V.V., a norma degli artt. 444 e 448 c.p.p., la pena concordata con il Pubblico Ministero in ordine all’ipotizzato suo concorso, quale extraneus, in una serie di reati fallimentari (bancarotta impropria per reati societari ai capi B, F, J, P; bancarotta impropria patrimoniale ai capi C, D, E, G, H, I, K, L, M, N, O, Q, R, S, Z; bancarotta fraudolenta impropria per aver determinato il fallimento con gli atti dolosi di cui ai capi A, C, D, E, G, H, I, K, L, M, N, O, R, S, T, U, W, X, Z1, al capo AA; bancarotta fraudolenta impropria documentale al capo BB) tutti relativi al fallimento della "Impresa Costruzioni Nuova Bessone e Dho S.r.l.", dichiarato il 13 settembre 1996.

Propone ricorso per cassazione l’imputato sulla base di quattro motivi.

Con il primo motivo deduce violazione di legge per aver il giudice ritenuta configurabile l’ipotesi di bancarotta impropria per falso in bilancio, contestata secondo le previgenti disposizioni di legge, mentre al momento della decisione già era entrata in vigore la modifica alla normativa in materia, che avrebbe comportato l’insussistenza come reato del fatto contestato, per carenza di alcuni dei presupposti richiesti dalla legge.

Con il secondo motivo lamenta che il giudice l’avrebbe dovuto assolvere dai reati distrattivi emergendo dalla perizia la sua estraneità e sulla considerazione che con altra sentenza gli originari coimputati erano stati assolti in procedimento separato che li riguardava. Con il terzo ed il quarto motivo lamenta mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., con riguardo, rispettivamente, ai delitti sub AA) e BB), posto che il venir meno degli addebiti che rappresentavano le operazioni strumentali alla verificazione del fallimento, avrebbe determinato la necessità per il giudice di riscontrare l’insussistenza dei sopra citati addebiti.

Il Procuratore generale presso questa Corte chiede l’annullamento della sentenza senza rinvio con riferimento ai capi B, F, J, P, perchè i fatti contestati non sono più previsti dalla legge come reato; l’annullamento con rinvio con riferimento ai capi AA) e BB), ed il rigetto nel resto. Il ricorrente ha depositato memoria con cui ribadisce le argomentazioni sviluppate nel ricorso e rileva l’intervenuta prescrizione del reato in considerazione della non configurabilità dell’aggravante di cui alla L. Fall., art. 219, per le ipotesi prevista dall’art. 223, secondo una giurisprudenza di questa sezione. Osserva il Collegio che è fondato il primo motivo di ricorso.

La L. Fall., art. 223 cpv., n. 1), nel testo modificato con il D.Lgs. n. 61 del 2002, prevede che agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite si applica la pena prevista dall’art. 216, comma 1, se hanno cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti dagli artt. 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 c.c..

Il testo del medesimo articolo vigente all’epoca di consumazione dei reati per cui si procede prevedeva il ricorrere dell’ipotesi di bancarotta impropria per la sola commissione di alcuno dei fatti previsti dagli artt. 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 c.c., non richiedendosi quindi la connessione causale fra falsi in comunicazioni sociali e dissesto, previsto dalla novella legislativa.

Ed in tal senso era stata formulata l’imputazione a carico fra gli altri del V. ai capi B, F, J, P della rubrica.

Nessuna contestazione appare esser stata mossa, secondo l’imputazione, in relazione all’esistenza di un nesso causale fra le ipotizzate falsità nei bilanci della società fallita ed il dissesto della società medesima, nè risulta che il ricorrere o meno di un tale nesso di causalità abbia formato oggetto di accertamento da parte del giudice di merito. Di conseguenza, secondo l’accertamento giudiziale, nei capi di imputazione di cui sopra erano ascritti agli imputati fatti che rientravano nell’ambito della parziale abolitio criminis determinatasi con l’approvazione della modifica e la riduzione dell’area penalmente rilevante, a titolo di bancarotta impropria, delle falsificazioni nelle comunicazioni sociali.

Consegue che la sentenza impugnata, che ha erroneamente ritenuto la correttezza delle contestazioni di cui ai capi citati, nel valutare complessivamente la legittimità ed adeguatezza dell’accordo intervenuto fra le parti, dovrà sul punto essere annullata, senza rinvio in quanto le parti del processo potranno o meno rinegoziare l’accordo su altre basi e nel caso contrario il procedimento dovrà proseguire con il rito ordinario (cfr. Sez. 1^, sent. n. 16766 del 7/4/2010, Rv. 246930, rie: P.G. in proc. Ndiaye; conf.: Sez. 1^, sent. n. 16785 del 7 aprile 2010, ric: Pierantoni). Assorbiti i restanti motivi.
P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Mondovì per nuovo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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