Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 27-01-2011) 14-02-2011, n. 5419

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ARTUSCIELLO Vittorio che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo

Il Tribunale di Genova, con sentenza in data 18/6/2010, ex art. 444 c.p.p., applicava nei confronti di B.A., la pena di anni uno, mesi quattro di reclusione ed Euro 344 di multa per il reato di ricettazione di un motociclo di provenienza furtiva e Euro 1000 di ammenda per il reato di cui all’art. 116 C.d.S. per aver circolato a bordo di motociclo senza essere in possesso della prescritta abilitazione alla guida e Euro 660 di ammenda e mesi uno, giorni 10 di arresto per il reato di cui all’art. 187 C.d.S. per aver guidato di motociclo in stato di alterazione psicofisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti, cagionando un sinistro stradale. Proponeva ricorso per cassazione l’imputato deducendo la nullità della sentenza per mancanza di motivazione non essendo stata spiegate le ragioni per cui si è ritenuta corretta la prospettazione delle parti in ordine all’entità della pena inflitta.
Motivi della decisione

L’unico motivo di ricorso relativo alla carenza di motivazione sulla congruità della pena concordata tra le parti – è generico e manifestamente infondato, avendo il Giudice valutato sia gli elementi di cui all’art. 133 c.p., sia l’impossibilità di adottare una decisione liberatoria ai sensi dell’art. 129 c.p.p.. Sul punto questa Suprema Corte ha più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio, che in caso di patteggiamento ai sensi dell’art. 444 c.p.p., l’accordo intervenuto (peraltro con una pena mite considerando la recidiva specifica, reiterata, infraquinquennale) esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto (deducibile dal capo d’imputazione), riconducibile ad una corretta qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all’art. 129 c.p.p., per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost.. (Sez. 4, Sentenza n. 34494 del 13/07/2006 Cc. – dep. 17/10/2006 – Rv. 234824).

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di millecinquecento Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro millecinquecento alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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