Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 27-01-2011) 14-02-2011, n. 5392

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Alessandria, con sentenza in data 14/7/2009, dichiarava Z.A. responsabile dei reati di rapina aggravata di un portafoglio e di un telefono cellulare all’interno dell’abitazione di R.G., lesioni in danno di quest’ultimo e, con la continuazione, riconosciute le circostanze attenuanti generiche in misura subvalente rispetto alle aggravanti contestate e alla recidiva, applicata la diminuente del rito, lo condannava alla pena di anni sei, mesi otto di reclusione e Euro 1800 di multa.

La Corte di appello di Torino, con sentenza in data 14/5/2010, ritenuta la equivalenza tra le attenuanti generiche e le aggravanti e la recidiva, rideterminata la pena in anni due, mesi sei di reclusione e Euro 500 di multa. Proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato deducendo i seguenti motivi:

a) violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) per erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 628 e 532 c.p. in quanto la Corte di appello, dopo aver disposto perizie al fine di accertare la compatibilità del profilo genetico estratto dal materiale ematico con quello dell’imputato, senza risultati apprezzabili stante l’avvenuto distruzione dei reperti in sequestro (essendosi limitato il perito una rielaborazione dei dati preesistenti), avrebbe dovuto assolvere l’imputato, con formula dubitativa;

b) violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), per erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 628 e 532 c.p. e per carenza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, avendo la Corte affermato la responsabilità del prevenuto nonostante il riconoscimento di altro diverso soggetto effettuato dalla parte offesa in sede di individuazione fotografica.
Motivi della decisione

1) Il ricorso è inammissibile perchè propone censure attinenti al merito della decisione impugnata, congruamente giustificata.

Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass. Sez. 4A sent. n. 47891 del 28.09.2004 dep. 10.12.2004 rv 230568; Cass. Sez. 5A sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez. 2A sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).

La Corte di Appello di Torino, invero, con motivazione esaustiva, logica e non contraddittoria, evidenzia, con riferimento al primo motivo di ricorso, che i risultati dell’indagine tecnica svolta dal Ris di Parma consentivano di riscontrare la piena compatibilità tra il materiale biologico estrapolato dai reperti abbandonati dopo la rapina (torcia, scarpe e giubbotto) con altri reperti relativi ad altro procedimento penale relativo al tentativo di furto nei locali di una ditta e il profilo genotipico dell’imputato riscontrato su residui salivari, utili ai fini dell’estrazione del DNA, escludendo tale compatibilità, invece, nei confronti di M.A.V. che, in precedenza, il R. aveva dichiarato di riconoscere nel rapinatore.

La perizia disposta dalla Corte ha confermato la pressochè assoluta certezza che il DNA, isolato sulla torcia elettrica, sul colletto del giubbotto in tessuto e all’interno dei talloni delle scarpe di pelle di colore nero con lacci, appartenesse all’imputato, anche se la distruzione dei reperti non aveva consentito di effettuare nuove indagini sulle tracce di sangue all’epoca repertate.

Il perito dottor R., all’udienza del 14/5/2010, ha chiarito il concetto di elevata probabilità che l’imputato abbia contribuito con il proprio DNA e profili genetici riscontrati all’interno della scarpa sinistra, specificando che trattavasi di una probabilità pari a 500 miliardi di volte superiore alla probabilità contraria.

Gli elementi probatori preesistenti alla perizia disposta dal Tribunale sono stati, comunque, ritenuti sufficienti dalla Corte di merito, con motivazione coerente e logica, per affermare la responsabilità dell’imputato che ha reso anche versioni contraddittorie, non negando, inizialmente di essere il possessore degli indumenti rinvenuti nel luogo ove era stata perpetrata la rapina, ipotizzando solo, senza alcun riferimento alle ipotetiche modalità e circostanze di luoghi e persone, un utilizzo da parte di altri. Peraltro le impronte lasciate sulla torcia comprovano la presenza del prevenuto all’interno dell’abitazione della parte offesa.

2) Anche il secondo motivo è infondato.

La Corte territoriale ha infatti evidenziato come il riconoscimento effettuato dalla parte offesa in sede di individuazione fotografica di altro soggetto quale autore della rapina non è sufficiente a far nascere seri dubbi sulla responsabilità del prevenuto, essendo verosimile che la parte offesa, avendo visto il suo aggressore per un breve lasso di tempo e, in particolare, nel corso di una violenta colluttazione, non sia stato in grado di memorizzarne con precisione le fattezze e, tra l’altro, esaminando solo una fotografia, abbia errato nel riconoscerlo. Per gli stessi motivi la Corte ritiene spiegabile la circostanza che il R. non abbia notato la cicatrice sul volto del soggetto sorpreso nel laboratorio, non essendo logicamente sostenibile alcuna ipotesi alternativa, in base alle prove acquisite, alla responsabilità dell’imputato. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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