Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 27-01-2011) 14-02-2011, n. 5391

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Reggio Calabria, con sentenza in data 20 aprile 2010, confermava la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria, in data 16/3/2007, appellata da F.F., dichiarato colpevole del reato di ricettazione di un assegno bancario oggetto di furto e condannato alla pena di anni due di reclusione e Euro 600 di multa.

Proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato eccependo i seguenti motivi:

a) violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento all’elemento soggettivo del reato, avendo l’imputato specificato di aver ricevuto l’assegno da tale F.F. e per aver la Corte erroneamente valutato le dichiarazioni di quest’ultimo, risultato estraneo alla vicenda, che aveva dichiarato, contrariamente a quanto emerso dalla motivazione, che vi erano altri omonimi nella zona di (OMISSIS), senza che fossero state effettuate le opportune ricerche;

b) violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile perchè propone censure attinenti al merito della decisione impugnata, congruamente giustificata.

Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di Cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass. Sez. 4A sent. n. 47891 del 28.09.2004 dep. 10.12.2004 rv 230568; Cass. Sez. 5A sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez. 2A sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).

La Corte di Appello di Reggio Calabria, invero, con motivazione esaustiva, logica e non contraddittoria, evidenzia come il F., che ha consegnato personalmente l’assegno al L., non ha saputo fornire una plausibile spiegazione del possesso del titolo, fornendo una versione inattendibile, avendo dichiarato di averlo ricevuto da tale Fa.Fr. in pagamento di lavori edili eseguiti nell’abitazione dello stesso, senza, tuttavia, essere stato in grado di indicare l’abitazione presso la quale, a suo dire, avrebbe effettuato dei lavori di intonacatura che non saranno stati di breve durata, in considerazione della loro entità, avendo ricevuto, asseritamente, in pagamento l’assegno per l’importo di Euro 2000.

A tal proposito questa Suprema Corte ha più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio, che ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell’omessa – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (si vedano: Sez. 2, Sentenza n. 2436 del 27/02/1997 Ud. -dep. 13/03/1997 – Rv. 207313; Sez. 2, Sentenza n. 16949 del 27/02/2003 Ud. – dep. 10/04/2003 – Rv. 224634).

Gli argomenti proposti dal ricorrente costituiscono, in realtà, solo un diverso modo di valutazione dei fatti, ma il controllo demandato alla Corte di Cassazione, è solo di legittimità e non può certo estendersi ad una valutazione di merito.

Le doglianze relative al diniego di concessione di attenuanti generiche sono manifestamente infondate in quanto il giudizio sulle circostanze e sulla quantificazione della sanzione deve ritenersi esaurientemente compiuto con il porre in risalto anche una sola delle circostanze suscettibili di valutazione. Nel caso specifico la motivazione ha fatto riferimento ai precedenti specifici, non essendo il giudice comunque tenuto a considerare in maniera analitica i singoli elementi di cui all’art. 133 c.p. esponendo per ciascuno di questi le rispettive ragioni che lo hanno indotto a formulare il proprio conclusivo giudizio (Cass. 2, 2.9.00 n. 9387, ud. 15.6.00, rv. 216924).

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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