Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 27-01-2011) 14-02-2011, n. 5390

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Venezia, con sentenza in data 18/2/2010, confermava la sentenza del Tribunale di Venezia in data 22/10/2008, impugnata da B.S.N. e C.D., ritenuti colpevoli di concorso in associazione a delinquere allo scopo di commettere più delitti di ricettazione e frode nell’esercizio del commercio, ricettazione per aver ricevuto enormi quantitativi di vongole veraci provento del delitto di danneggiamento aggravato dei fondali e dell’ecosistema lagunare, con strumenti vietati e frode nell’esercizio del commercio di vongole veraci, avendo consegnando agli acquirenti un prodotto con provenienza diversa da quella dichiarata, trattandosi non di molluschi prodotti nelle zone lagunari in concessione destinata all’allevamento, ovvero in zona di libera raccolta, come indicato nei singoli documenti, bensì raccolti abusivamente in altre zone lagunari in (OMISSIS).

Ritenuta la continuazione, concesse le attenuanti generiche venivano condannati ciascuno alla pena di anni uno, mesi sei di reclusione e Euro 600 di multa, pena sospesa per entrambi.

Proponevano ricorso per Cassazione i difensori di entrambi gli imputati deducendo i seguenti motivi:

a) violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), per erronea applicazione degli artt. 648 e 43 c.p. e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della sentenza, essendo fondata la responsabilità dei prevenuti su un sistema di presunzioni, non essendo emersa nella istruttoria alcuna certezza in ordine al metodo di procacciamento delle vongole, trascurando le prospettazioni alternative alla ricostruzione accusatoria, quali, ad esempio, l’intento di vendere prodotti "in nero", quale ragione dell’utilizzo di DDR altrui, ritenendo la motivazione deficitaria anche sotto il profilo della prova del delitto presupposto e dell’elemento soggettivo del reato;

b) violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), per erronea applicazione degli artt. 648 e 43 c.p. e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della sentenza con riferimento agli elementi oggettivi e soggettivi richiesti ai fini della configurazione del reato di cui all’art. 416 c.p., mancando la prova dell’elemento oggettivo del sodalizio criminoso tra i soci della Katia Pesca, non potendo esaurirsi la prova dell’esistenza dell’associazione criminosa nella prova della partecipazione a uno o più reati fine, occorrendo elementi concreti che facciano ritenere sussistente un organismo associativo autonomo, con distribuzione di ruoli e competenze;

c) violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), per erronea applicazione degli artt. 648 e 43 c.p. e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della sentenza, in quanto la mancanza di DDR o la falsità degli stessi non implica assolutamente la provenienza delle vongole da luoghi diversi rispetto a quelli indicati nei documenti.
Motivi della decisione

1) Il ricorso è infondato.

Nel momento del controllo di legittimità, la Corte di Cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass. Sez. 4^ sent. n. 47891 del 28.09.2004 dep. 10.12.2004 rv 230568; Cass. Sez. 5^ sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez. 2^ sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).

La Corte di Appello di Venezia, invero, con motivazione esaustiva, logica e non contraddittoria, evidenzia, anche sulla base di quanto accertato dal Tribunale, in base agli analitici elementi indicati nel provvedimento (pag.2 e 3) come risulti provato che negli anni 2001- 2004 la Katia Pesca abbia acquistato rilevanti quantitativi di prodotto con documentazione contraffatta ritenendo, in assenza di spiegazioni alternative verosimili, che si trattasse di prodotto proveniente da pesca abusiva mediante attività di saccheggio e danneggiamento dei fondali lagunari.

Non appare credibile, a giudizio di giudice di merito, l’affermazione difensiva che il pescato in eccedenza provenisse da altri allevamenti, in quanto non si comprenderebbe, in tale ipotesi, la ragione della contraffazione dei documenti ritenendo, in base a dati di comune esperienza, che gli ingenti quantitativi di pescato conferiti fossero incompatibili con la raccolta legittima in aria gestita con libera pesca, potendo giustificarsi solo con la pesca abusiva con strumenti illeciti.

2) Con riferimento all’elemento soggettivo del reato i giudici di merito ritenevano che gli operatori della predetta società fossero consapevoli delle origini del pescato, trattandosi di acquisti effettuati in maniera sistematica e da plurimi fornitori, come evidenziato dei vari testi escussi, ritenendo sussistente anche il reato di cui all’art. 515 c.p. avendo posto in vendita i prevenuti prodotti ittici con documentazione sanitaria attestante una falsa origine, consegnando un prodotto per qualità diversa da quelle dichiarata.

Il falso, evidenza logicamente la Corte, non è mai fine a se stesso, essendo collegato alla dissimulazione di una situazione illecita sottostante. Inoltre, utilizzando un dato di esperienza e le dichiarazioni testimoniali, la Corte ha ritenuto che gli ingenti quantitativi di pescato conferiti erano incompatibili con la legittima raccolta in area gestita per la pesca e si giustificavano solo con la pesca abusiva con strumenti illeciti Risulta, infatti, accertato che i DDR avevano i timbri contraffatti, indicavano falsamente sia le zone di provenienza, sia la zona di raccolta, sia i pescatori che avevano conferito il prodotto (cfr dichiarazioni Livignali) Il reato di ricettazione è stato, correttamente, ritenuto configurabile in quanto la pesca con il turbo soffiante va qualificata quale condotta di danneggiamelo aggravato, comportando il danneggiamelo dei fondali e la compromissione dell’ecosistema lagunare.

Sempre con riferimento all’elemento soggettivo viene anche evidenziato dai giudici di merito come il B. abbia avuto il ruolo di rappresentante legale della società e come alcune specifiche contestazioni siano avvenute proprio durante il periodo in cui rivestiva tale carica, risultando, peraltro, sempre presente in azienda ed essendo stato indicato, dai testi, come uno dei responsabili che prendeva in carico il prodotto. (pag 14 sentenza).

Relativamente al C., addetto alla commercializzazione del prodotto, poichè predisponeva anche gli ordinativi per il fabbisogno giornaliero in funzione della successiva vendita, il Tribunale ritiene, coerentemente, che non poteva ignorare che la società disponesse di enormi quantitativi di prodotto acquistato a prezzo notevolmente inferiore a quello di mercato, costando il prodotto acquistato senza DDR circa un terzo meno di un prodotto regolare.

3) Il vincolo associativo è stato ritenuto sussistente in forza del rapporto permanente tra i vari soggetti che, nell’ambito di una struttura imprenditoriale, stabilmente utilizzata per scopi illeciti, hanno fornito un contributo causale allo svolgimento di attività criminose destinate a proseguire per un tempo indeterminato, secondo modalità sperimentate.

La Katia Pesca ha, infatti, sistematicamente acquistato e posto in vendita prodotto ittico accompagnato da falsa documentazione sanitaria, evidenziando la Corte di merito come tali reati potevano essere realizzati, in tali dimensioni e con tale sequenzialità, proprio in virtù della predisposizione di un apparato stabile di mezzi e di persone destinato all’acquisto e alla successiva commercializzazione di prodotto non regolare con documentazione falsa. L’accordo criminoso, in forza della logica ricostruzione della Corte territoriale, non si esauriva nella commissione occasionale di singoli reati ma costituiva il frutto di una linea imprenditoriale che intendeva limitare al massimo il costo degli approvvigionamenti, con la predisposizione di un apparato stabile di mezzi e persone destinati al soddisfacimento degli scopi illeciti ai quali il B. contribuiva con l’acquisto e gestione del prodotto di illecita provenienza e la C. con la successiva commercializzazione, dichiarando un’origine non corrispondente al vero.

Gli argomenti proposti dai ricorrenti costituiscono, in realtà, solo un diverso modo di valutazione dei fatti, ma il controllo demandato alla Corte di Cassazione, è solo di legittimità e non può certo estendersi ad una valutazione di merito.

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, le parti private che lo hanno proposto devono essere condannate al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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